00 06/09/2009 11:43

Lo prova l’uso costante di adelphos nei Vangeli, applicato ad altre persone col significato di vero fratello carnale” (cfr. Gilles, i fratelli e sorelle di Gesù, ed. Claudiana).

Le analisi del Gilles, ad un primo esame sembrano sempre ben impostate, profonde, logiche, e quindi esatte. In questo brano appena citato, che si trova nelle pagg. 90 e 91 del suo libro, ci fa notare il dissenso dei “fratelli” di Gesù e quindi la motivazione dell’affidamento di Maria a Giovanni.

Abbiamo visto, ma ripetiamo come sia strano notare che in Atti 1,14 ritroviamo Maria assieme ai fratelli di Gesù. Questi “fratelli” che tagliarono i ponti con Gesù, sul finire della sua vita terrena, pur avendo avuto 3 anni di tempo per ascoltare i suoi insegnamenti, (ammesso che negli altri 30 siano stati tenuti all’oscuro sulla persona di Gesù) in meno di due mesi si convertono, e li ritroviamo addirittura assidui nella preghiera, assieme agli apostoli e a Maria.

 

At 1,14-15 “C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.  In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo a loro - il numero delle persone riunite era di circa centoventi”.

 

Tutto è possibile a Dio, bastava anche un sol giorno, o un solo minuto, per la conversione  dei “fratelli” di Gesù ma questo ovviamente non sarebbe sfuggito a Cristo morente sulla croce, che con la sua onniscienza, prevedeva benissimo cosa avrebbero fatto i suoi “fratelli” dopo la sua morte e resurrezione. Perché dunque affidare Maria a Giovanni, ben sapendo che i suoi “fratelli” dopo qualche giorno si sarebbero convertiti?

Non sappiamo se la conversione dei “fratelli” di Gesù avvenne prima o dopo la sua morte, può darsi che sia avvenuta dopo le sue apparizioni ai discepoli, in ogni caso, lo ripetiamo, non ci sarebbe stato alcun bisogno di affidare Maria all’apostolo, se questi “fratelli” erano realmente carnali, considerata la preveggenza di Gesù.

Di tutte le donne presenti solo Maria viene indicata per nome.  Nel testo citato di Atti, l'autore ispirato si attiene a questa norma biblica. Delle donne è nominata solo “Maria, la madre di Gesù” (Atti 1,14). Solo Lei è degna di essere segnalata per nome appunto perché il suo posto nella congregazione primitiva era un posto speciale, proprio l'opposto di ciò che dicono i protestanti.

 

Inoltre perché viene sempre detto Maria e i fratelli di Lui?

Qui, più che in ogni altro versetto, sarebbe stato logico usare la frase “insieme con alcune donne e con Maria la madre di Gesù, e gli altri figli di lei”;  oppure “ Maria madre di Gesù, e gli altri suoi figli” si capiva lo stesso che i figli erano di Maria.

“Attenti bene, l’abbiamo detto e lo ripetiamo: soltanto Gesù viene chiamato "figlio di Maria", i suoi fratelli no. E anche Maria è sempre chiamata la "Madre di Gesù", e mai viene detta madre dei suoi fratelli. Invece viene sempre specificato “i fratelli di Lui”.

Non è un particolare di poco conto. Se stiamo attenti al modo con il quale san Luca racconta, negli Atti degli Apostoli, il brano che abbiamo letto prima, possiamo fare una osservazione interessante. San Luca scrive: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui" (1,14).

Naturalmente, questo è solo un primo indizio, un particolare certamente interessante, che non deve sfuggire a chi sa leggere bene la Bibbia; si tratta di un indizio che ci introduce ad una riflessione più profonda. Proseguiamo.

Come abbiamo visto e già analizzato, i Vangeli ci hanno conservato i nomi dei fratelli di Gesù: Giacomo, Giuseppe (Joses), Giuda (non il traditore) e Simone.

Non solo: i Vangeli sono così ricchi di informazioni che ci dicono anche chi era la loro madre e ci fanno sapere che la madre dei "fratelli" di Gesù si chiamava anch'essa Maria, ma non era la Madonna. Era un'altra Maria. Ascoltiamo con attenzione il Vangelo di san Matteo nel capitolo che racconta i fatti del Venerdì santo. Siamo sul monte Calvario, subito dopo la morte di Gesù in Croce. Scrive san Matteo:

 

"C'erano là molte donne che osservavano da lontano: quelle stesse che dalla Galilea avevano seguito Gesù per servirlo. Tra esse, c'era Maria di Mandala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo" (27, 55-56).

 

Attenti bene: ripetiamo che per san Matteo, in quel tragico Venerdì santo, c'era sul Calvario una donna di nome Maria che era madre di Giacomo e Giuseppe, cioè era la madre di due dei "fratelli" di Gesù. Abbiamo visto che questa Maria non era la Madonna? (cfr. fra Tommaso Maria di Gesù).

Solo qualche versetto più avanti, proprio per distinguerla dalla Madonna, san Matteo la chiama per ben due volte "l'altra Maria". E ci dice che questa "altra Maria", insieme a Maria di Magdala, assistette alla sepoltura di Gesù (27,61) e poi, il giorno dopo il sabato, sempre insieme a Maria di Magdala, andò al sepolcro (28,1) e ascoltò quelle famose parole dall'angelo: "So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui, È risorto".

 

Mt 27,61 “Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria.”

 

Mt 28,1 “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro.”

 

Come vedete, la verità cattolica rivela il suo fondamento biblico e, parallelamente, le contestazioni, che ci sembravano a prima vista così sicure, cominciano a scricchiolare.

Siamo proprio sicuri che "l'altra Maria", di cui parla san Matteo, non sia la Madonna ma proprio la madre di Giacomo e Giuseppe, cioè di due "fratelli" di Gesù?

Sì, siamo sicuri perchè lo afferma esplicitamente San Marco nel suo Vangelo. San Marco prima conferma quello che ha detto san Matteo: "C'erano là anche alcune donne che osservavano da lontano, tra le altre: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salome, le quali lo seguivano e lo servivano" (15, 40-41). Oltre dunque a Giacomo il minore e Giuseppe, viene menzionata pure una sorella Salome.

Poi, e la cosa ci interessa particolarmente, san Marco ci spiega che "l'altra Maria" che andò al sepolcro non era la Madonna, ma era la madre dei "fratelli" di Gesù.

Sentiamolo: "Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù"; quindi conferma l'episodio dell'incontro con l'angelo al sepolcro. Dunque san Marco ci dice chiaramente che quella donna che andò al sepolcro con la Maddalena e, che Matteo chiama "l' altra Maria" era proprio Maria madre di Giacomo, di uno dei fratelli di Gesù.

Abbiamo pure visto, leggendo bene i Vangeli, che si arricchiscono e ci dicono che almeno due dei "fratelli" di Gesù, Giacomo e Giuseppe, non hanno la stessa Madre di Gesù. Il Vangelo li chiama "fratelli" di Gesù ma non hanno la stessa Madre. Possiamo lecitamente pensare la stessa cosa anche per gli altri due, e per Salome. Proseguiamo e ripassiamo. San Giovanni ci offre qualche altro particolare interessante per identificare bene quella donna che Matteo chiama "l' altra Maria".

Scrive:

 

"Presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa e Maria di Magdala” (19,25).

 

Per san Giovanni, ai piedi della croce di Gesù stavano, insieme ad altre persone, almeno tre donne che portavano lo stesso nome Maria: una era la Madonna, un'altra era Maria di Cleofa e poi c'era la Maddalena. San Giovanni ci fa sapere che quella donna che san Matteo chiama "l' altra Maria", e che san Marco dice essere la madre di Giacomo, era Maria di Cleofa.

San Matteo e san Marco ci dicono che quest'altra Maria, Maria di Cleofa, era la madre di Giacomo e Giuseppe. Attenti bene, perché abbiamo un'altra informazione da aggiungere a quelle che sono già in nostro possesso. Questo Giacomo, nell'elenco degli Apostoli, è sempre chiamato figlio di Alfeo, “I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.” (Mt 10,2-4)

Sommando tutte queste informazioni, ci risulta, da una attenta lettura del Vangelo, che almeno due dei "fratelli" del Signore, Giacomo e Giuseppe, avevano per madre una donna di nome Maria, che non era la Madonna, e per padre un uomo di nome Alfeo. Avevano dunque genitori diversi da quelli di Gesù; eppure sono chiamato "fratelli" di Gesù. A questo punto, sembra essere giunto il momento di domandarci: perché sono chiamati "fratelli" di Gesù?  La risposta è piuttosto semplice e l’abbiamo data all’inizio di questo studio. La parola "fratello" nella Bibbia non indica sempre e soltanto "fratello di sangue", ma anche cugino, parente prossimo. Le prove di quello che stiamo dicendo le abbiamo fornite alcune pagine addietro.

Dunque, visto che i Vangeli ci parlano dei "fratelli" di Gesù, considerato che ci danno i nomi di questi fratelli, osservato che ci dicono anche il nome della loro madre, che non era la Madonna, e perfino del loro padre, che non era Giuseppe, possiamo concludere che le contestazioni al dogma della perpetua verginità di Maria, basate sulla parola "fratello", non hanno fondamento biblico.” (cfr. frà Tommaso Maria di Gesù, dei frati minori rinnovati di Palermo).

 

IL FINCHE’ CHE SI FERMA

 

Sempre a proposito della perpetua verginità di Maria non capisco perché si deve strumentalizzare il versetto: “Giuseppe non si unì a Maria finché ella non ebbe partorito” (Mt 1,25), questo versetto non prova affatto che dopo lo fece, si ferma, non specifica e non chiarisce il seguito.

Anche il  “finché” era un termine usato nel linguaggio di quei tempi, che non prova assolutamente che dopo, Giuseppe, si unì a Maria, quanti sono i matrimoni uguali a quello di Giuseppe e Maria?

Neppure uno, il loro matrimonio viene sconvolto in senso positivo da Dio, solo nel loro matrimonio si verifica un evento di tale portata, solo Maria restò incinta per opera dello Spirito Santo.

Perché Giuseppe sposò Maria?

Il matrimonio tra Giuseppe e Maria fu necessario perché altrimenti la Madonna sarebbe stata lapidata come adultera se trovata incinta senza essere sposata. In questo modo Giuseppe poté custodire la madre e il Figlio. Poi Giuseppe era certamente discendente della stirpe davidica e solo lui, come uomo, poteva legalmente assicurare la discendenza a Gesù secondo la carne. Il segreto poté rimanere nascosto finché Dio non volle farlo conoscere bene attraverso lo stesso Verbo incarnato. I nostri fratelli protestanti dimenticano che il nome Jahwè per gli antichi ebrei era talmente sacro che non lo pronunciavano mai, figuriamoci Giuseppe, cosciente che sua moglie aveva partorito il Figlio di Dio incarnato, se si sarebbe mai permesso di toccare carnalmente ciò che Dio aveva toccato. Non dimentichiamo la scena avvenuta sul monte Oreb, Dio stesso dice a Mosè di togliersi i sandali perché quel terreno era stato reso sacro, e di non avvicinarsi troppo altrimenti sarebbe morto. Anche dopo che cessò l’apparizione quel luogo restò terra santa, nessuno osava profanarlo. Per Giuseppe l’utero di Maria era sacro, da custodire come uno scrigno, nel quale un tempo abitò il Re dei Re. Era inconcepibile per un ebreo profanare l’arca di Dio, il tabernacolo dove Dio Figlio prese la carne è divenne uomo.

Nel caso di Maria  i fratelli separati non si attengono scrupolosamente alle nude lettere, così come giacciono, ma vanno ben oltre usando la logica umana moderna, facendo dire a quel “finché” ciò che non dice. A volte usano troppo la logica, trascurando la fede, si dovrebbero però chiedere se secondo la logica umana, Maria poteva restare incinta senza conoscere uomo.

Non è difficile capire quindi che la logica umana mal si concilia con questo evento; il matrimonio di Maria non è paragonabile con nessun altro matrimonio, Dio ha legato a se Maria, generando in lei suo figlio, il Suo unico figlio. Maria ha accettato la volontà del Signore, il Verbo si fece carne dentro di lei. Ella si trova a dover mettere al mondo il Figlio di Dio, e il suo corpo non doveva essere inquinato da contatti con nessun altro uomo, anche se quest’altro uomo era suo marito. Giuseppe accetta il ruolo che Dio gli riserva, in effetti era un grande privilegio prendersi cura del Figlio di Dio. Del resto nell’ottica cristiana anche morire per Cristo è un grande privilegio, e i protestanti lo sanno benissimo, anche loro morirebbero per Cristo, ben consci che rinunciare alla propria vita testimoniando la fede il Lui è un grande onore che sarà grandemente ricompensato nel Regno dei Cieli. Quindi morire sì, rinunciare ai rapporti carnali con colei che ospitò nel suo seno il Verbo di Dio non è concepibile! Più grandi sono le rinunce maggiore sarà la ricompensa, e credo che la vita abbia un valore maggiore del sesso. Voler quindi usare la logica umana moderna per giustificare eventuali rapporti carnali tra Giuseppe e Maria appare fuori luogo.

Come nel sepolcro nuovo di Gesù non fu posto più nessuno, cosi nel seno vergine di Maria non vi fu posto nessun altro uomo, all’infuori di Gesù.

Ho accennato che il termine “fino a che” veniva usato abitualmente dagli ebrei, questo termine non lascia intendere che dopo lo stato dei fatti sia cambiato, come quando Giuseppe non si accostò a Maria “fino a che” ella non ebbe partorito; come anche nel Salmo 110,1

 

Di Davide. Salmo.

      Oracolo del Signore al mio Signore:

      «Siedi alla mia destra,

      finché io ponga i tuoi nemici

      a sgabello dei tuoi piedi».

 

Anche qui vediamo usato il termine “finché”, se dovremmo ragionare secondo la logica protestante allora dovremmo pensare: dopo che il Padre ha posto i nemici di Gesù come sgabello dei suoi piedi, Gesù cesserà di sedere alla Sua destra. Ecco perché si devono conoscere il linguaggio e i modi di espressione degli ebrei di quei tempi, altrimenti si fa dire alla Bibbia ciò che non dice, il “finché non prova ciò che succede dopo, ma si ferma, non va oltre.

 

 

 

Es 15,14-16

“4Hanno udito i popoli e tremano; dolore incolse gli abitanti della Filistea. Già si spaventano i capi di Edom, i potenti di Moab li prende il timore; tremano tutti gli abitanti di Canaan. 6Piombano sopra di loro la paura e il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato.”

 

Dopo che sia passato il popolo di Dio i capi di Edom e di Moab non tremeranno più davanti alla  potenza di Dio?

 

Il termine “finché” nella Bibbia viene usato in diverse circostanze, ma quando c’è un seguito  questo viene indicato, o in ogni caso risulta chiaro è lampante il suo significato.

 

Es 33,21 “Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere”.

 

Qui il Signore precisa cosa accade dopo il “finché” infatti dice che dopo toglierà la sua mano e Mosè potrà vedere le sue spalle.

Basterebbe analizzare la Bibbia parola per parola, senza correre sui versetti, meditandola, soffermandosi a riflettere, mettendo da parte i pregiudizi e ragionando con obiettività.

Ad esempio, quando Mosè passava per il villaggio diretto verso la tenda i suoi compatrioti stavano ognuno affacciati davanti all’ingresso della propria tenda, ma quando Mosè entrava essi continuavano a stare affacciati, altrimenti non si spiegherebbe come vedessero “la colonna di nube” che stava all’ingresso della tenda sacra, dato che essa scendeva dopo che Mosè entrava nella tenda. Eppure anche in questo episodio viene usato il termine “finché”, poi dai versetti seguenti si capisce che in effetti restavano affacciati ognuno davanti l’ingresso della propria tenda e si prostravano in adorazione dello Spirito di Dio, ma sono i versetti seguenti a chiarirlo e non il termine finché!

 

 Es 33,8  Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: guardavano passare Mosè, finché fosse entrato nella tenda. 9Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda. Allora il Signore parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda.”

 

Se dovessimo usare il termine finché secondo la logica protestante, dovremmo dedurre che il popolo restava all’ingresso della propria tenda, guardando passare Mosè, finché fosse entrato nella Tenda sacra. Poi ognuno rientrava nella propria tenda ritornando a occuparsi delle

faccende personali. Ma così non accadeva, perché tutto il popolo vedeva la colonna di nube, e si prostravano all’ingresso della propria tenda.

 

Anche in Lv 8,33 si capisce chiaramente cosa accade dopo il “finché” infatti è chiaro e lampante che l’investitura durava sette giorni, passati i quali potevano uscire:

 

Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda del convegno, finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura, perché la vostra investitura durerà sette giorni.”

 

In questi casi quello che accade dopo il finché viene spiegato, oppure si capisce chiaramente.

Il “finché”  usato da Matteo al capitolo 1,25 vuole soltanto dimostrare che la nascita di Gesù fu un evento soprannaturale, e a scanso di equivoci Matteo sottolinea che s. Giuseppe non si accostò a Maria finché ella non ebbe partorito. Qui Matteo sta puntualizzando che Giuseppe non ebbe concorso alla nascita di Gesù, perché egli non si accostò mai a Maria durante la sua gravidanza, ma non prova affatto che dopo lo fece. Come il tempo che indica il finché è infinito nel Salmo 110,1 “Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Così è pure nel versetto di Matteo 1,25. Gesù infatti siede alla destra del Padre in eterno, quindi quel finché indica un tempo infinito, la stessa cosa accade nel Vangelo secondo Matteo.

 

Altri esempi che fanno capire l’uso che gli ebrei facevano del termine finché non delimitando il suo effetto in un arco di tempo, ma usandolo all’infinito. (Matteo era un ebreo che scrisse per gli ebrei):

 

Dt 4,10 “Ricordati del giorno in cui sei comparso davanti al Signore tuo Dio sull’Oreb, quando il Signore mi disse: Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole, perché imparino a temermi finché vivranno sulla terra, e le insegnino ai loro figli”

 

Dopo che non vivranno sulla terra forse non temeranno più il Signore?

 

Dt 31,12-13 “Radunerai il popolo, uomini, donne, bambini e il forestiero che sarà nelle tue città, perché ascoltino, imparino a temere il Signore vostro Dio e si preoccupino di mettere in pratica tutte le parole di questa legge. I loro figli, che ancora non la conoscono, la udranno e impareranno a temere il Signore vostro Dio, finché vivrete nel paese di cui voi andate a prendere possesso passando il Giordano»”.

 

Appena non vivranno più nel paese oltre il Giordano oppure se perderanno possesso di quelle terre cesseranno forse di temere il Signore?