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CAPITOLO NONO

GESÙ CRISTO NELLA SANTA MESSA RINNOVA LA SUA MORTE


Nel XV capitolo di san Giovanni si leggono queste pa­role: "Nessuno è animato da amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici. Poiché nessuno ha niente di più prezio­so della vita o che ami tanto, un tal dono è certo il colmo della generosità. L'amore di Gesù Cristo per gli uomini ha superato questa misura, poiché Egli, non contento di dare la vita per i suoi amici, l'ha anche data per i suoi peggiori nemici. E quale vita è la sua! La più nobile, la più santa che sia mai esistita. Ma notiamo la singolare espressione della quale si serve. Egli non dice: "Io darò, Io ho dato", ma dice: "Io do la mia vita per le mie pecore", come se continuasse incessantemente a sacrificar­la. Espressione significativa e commovente, perché con la santa Messa, la sua immolazione è sempre attuale.

Come realmente Gesù rinnova la sua morte nella S. Messa

Spieghiamo questo mistero. In certi paesi si conserva l'uso di rappresentare la Passione come un dramma: legano un giovane ad una croce e lo lasciano sospeso fino a che sembra moribondo e senza movimenti, come un giustiziato che si spe­gne per l'eccesso delle torture, mentre coloro che assistono a questo spettacolo sono commossi fino alle lacrime. Nella santa Messa non è lo stesso perché nessuno rappresenta la Passione di Gesù Cristo morente, ma è lo stesso Salvatore che muore. Gesù non ha voluto che un Angelo o un santo si sacrificassero al suo posto, perché sapeva che nessuno era in grado di failo e perché voleva rimettere di continuo sotto gli occhi dell'eterno Padre, tutto l'orrore della sua morte, la quale, perciò si rinnova ad ogni Messa tal quale avvenne sul Calvario. Proverò questo, prima con un esempio, quindi con l'insegnamento dei teologi. Cesario di Heisterbach scrive: 'Avevamo nel nostro convento un eccle­siastico chiamato Godschalk di Volmentein. Nella notte di Na­tale di sei anni fa, mentre diceva la Messa ad un altare laterale, pregava con grande pietà spargendo molte lacrime. Nel momento della Consacrazione, invece delle specie sacramentali vide fra le sue mani un bambino così bello, che gli angeli stessi non si stan­cavano di contemplare. Lo prese, lo abbracciò e ne provò una gioia indicibile. E quando, passato un certo tempo, il bambino scomparve, quel sacerdote terminò la Messa con un fervore spe­ciale. Ma, subito dopo questo fatto, si ammalò gravemente e in punto di morte confidò la visione che aveva avuto al suo supe­riore che la raccontò al curato d. Adolfo di Deifern, il quale esclamò sospirando: "Perché Dio manifesta tali cose ai santi che sono già confermati nella fede? Dovrebbe riservare questa spe­cie di grazie ai peccatori come me che hanno spesso dei dubbi sulla presenza reale". qualche tempo dopo, questo sacerdote, uomo assai leggero, diceva la Messa. Arrivato all'Agnus Dei, quando stava per rompere l'Ostia vide in essa un bambino di una bellezza straordinaria che gli sorrideva affettuosamente. Si spaventò molto, ma poi si rincuorò e contemplò il bambino con gioia. Volle poi vedere che cosa ci fosse dall'altra parte dell'Ostia e, voltandola, vide Gesù Cristo in Croce, con la testa inclinata, quasi sul punto di spirare. Adolfo di Deifern ne fu talmente com­mosso che stava per cadere e versò lacrime di compassione. Aven­do davanti a sé lo spettacolo del Salvatore morente, non riusciva a decidere se dovesse interrompere o continuare la Messa, men­tre il popolo lo guardava con sorpresa, vivamente impressionato dal suo stato, stupito di una così lunga attesa, non comprenden­do nulla di quello che stava succedendo. Finalmente la figura di Gesù agonizzante scomparve, l'Ostia riprese il suo aspetto ordi­nario e il curato terminò il santo Sacrificio. Allora i fedeli domandarono spiegazioni per questo strano fatto e Adolfo salì sul pulpito per raccontare le apparizioni avute. Ma il suo cuore era così intenerito e dalla sua bocca uscivano tanti sospiri, che nes­sun suono comprensibile fu sentito dall'uditorio, per cui, sin­ghiozzando, si ritirò.In seguito, confidò le sue visioni a molte pie persone e non smise più di meditare la Passione di Gesù Cristo. Il ricordo di questa grazia restò fortemente impressa nel suo cuore per tutta la sua vita ed egli riformò i costumi, espiò le sue colpe, con grande edificazione dei suoi parrocchiani". questo raccon­to ci mostra vivamente in quale maniera Gesù, nella Messa, mette sotto gli occhi del Padre suo, dello Spirito Santo e di tutta la corte celeste, non per rattristarli, la sua morte crudele, cosa che sarebbe impossibile, ma per dimostrare ad essi il grande amore che l'ha spinto a soffrire per la salute del mondo. Oh! Se noi ricevessimo lo stesso favore come Adolfo di Deifern! Se ci fosse dato di contemplare, come lui, nella santa Ostia, nostro Signore agonizzante, con quale premura assisteremmo alla Messa. Ma se non lo vediamo con gli occhi del corpo, lo contemplano, e non con minore certezza, quelli della nostra anima, illuminati in modo soprannaturale! In questo modo rendiamo a Dio un omaggio più grande ed esercitando la virtù della fede, meritia­mo una maggiore ricompensa. Gesù Cristo stesso, nella manie­ra con la quale ha istituito l'Eucaristia, ci ha lasciato testimo­nianze certe che là vi è rinnovata la sua morte.

Quando, nell'ultima Cena, Egli istitui questo Sacra­mento, non volle farlo né in una sola volta, né sotto una sola specie, ma in due volte e sotto due specie. Nel consacrare il pane, avrebbe potuto dire: "questo è il mio Corpo ed il mio Sangue", e il pane sarebbe veramente diventato il suo Corpo e il suo San­gue. Ma la consacrazione sotto una sola specie non sarebbe sta­ta una rappresentazione abbastanza fedele della sua morte, così Egli volle consacrare separatamente prima il pane, cambiandolo nel suo Corpo, poi il vino, cambiandolo nel suo Sangue, per fornire ai suoi discepoli un'immagine più viva del suo Sacrificio. D'altra parte, Egli ha rivelato alla Chiesa che nella Messa deve essere tale il rito della Consacrazione, poiché la separazione del sangue dalla carne dà un'idea più esatta della morte.

Testimonianze dei teologi, dei padri e dei dottori

Il Lancizio, a questo proposito, si esprime così: "Poiché nostro Signore voleva compiere il sanguinoso Sacrificio e mori­re, d'una morte naturale, sulla Croce, nel santo Sacrificio la sua morte è rappresentata dalla separazione del sangue dal corpo; perché solo il corpo è presente, in virtù delle parole sacramenta­li, sotto le specie del pane e solo il sangue è presente sotto le specie del vino. Come non riconoscervi il carattere di una vera immolazione?"

Gervasio dichiara che nella santa Messa Gesù Cristo è la materia del Sacrificio e questo non sotto la forma che ha in cielo, ma sotto le specie del pane e del vino, dove resta come morto, essendo in uno stato che non gli permette di muovere ne i piedi, né le mani e che rende impossibile ogni azione delle membra, pur continuando ad esercitare le potenze della sua anima: l'intelligenza e la volontà. Tutti i Dottori espongono nel­la stessa maniera questi grandi misteri, ma per le persone poco istruite aggiungerò un'altra spiegazione. quando il sacerdote consacra, divenendo Gesù Cristo realmente presente, riceve una nuova vita. questa vita di Gesù nell'Ostia è sorgente di gioia ineffabile per la corte celeste e di grandi consolazioni per le ani­me del Purgatorio e utilissima a noi. Sotto questi veli misteriosi, il Salvatore prega per noi e disarma la collera del Padre suo, e per questo nostro Signore aspira a conservare questa vita. Ma, d'altra parte, egli è spinto a dimostrarci il suo amore con la sua morte e, dopo aver vissuto per noi, per noi ancora muore da­vanti agli uomini e davanti a Dio. Che cos'è infatti la Comunio­ne del sacerdote se non la distruzione della vita che la santa vittima aveva ricevuto nella Consacrazione? E perciò il sacerdo­te è obbligato non solamente a consacrare, ma anche a comuni­carsi.

Nessuna lingua umana saprebbe esprimere quanto questa morte di Cristo intenerisce l'Onnipotente, tuttavia qual­che cosa se ne può comprendere e dire. quando nel santo Sa­crificio Gesù muore sotto gli occhi del Padre suo, gli obbedisce come gli obbedì sul Calvario. Senza dubbio in ogni cosa gli fu perfettamente sottomesso, ma in nessuna si mostrò tanto obbe­diente quanto nel lasciare la sua nobile vita, nonostante la natu­rale ripugnanza nel sopportare una morte così spaventosa. Ascol­tiamo san Paolo: "Cristo si umiliò, fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce". E affinché comprendessimo quan­to fu gradita a Dio quest'obbedienza e quale ricompensa meritò Gesù, l'apostolo aggiunge: 'A causa di questo, Dio l'ha innalza­to e gli ha dato un nome al di sopra di ogni nome". Ora, già l'ho detto, l'obbedienza del Salvatore morente sull'altare è la stessa che lo spinse a morire sulla Croce. Egli l'offre al Padre suo con le eroiche virtù che praticò durante il suo supplizio, soprattutto la perfetta innocenza, la pazienza incrollabile, l'amore ardente che ha portato a Dio e agli uomini, anche ai suoi nemici, anche a quelli che lo crocifissero e ai più ingrati peccatori.

Gesù così ripresenta all'eterno suo Padre gli amari do­lori in mezzo ai quali spirò, la sua spaventosa agonia, le angosce che lo straziarono, lo scuotimento delle ossa, il colpo di lancia che trapassò il suo Sacro Cuore. Egli mostra tutte le sue soffe­renze in modo efficacissimo, risvegliando nel Cuore di Dio la commozione infinita che provò venti secoli or sono nel vedere il suo diletto Figlio immolarsi per amor suo e per la sua maggior gloria. Lo stesso Gesù che seppe allora disarmare la collera del­l'Altissimo, attirare la sua misericordia sui peccatori e riconcilia­re la terra col Cielo, ogni giorno, nella Messa, riprende questo affettuoso ineffabile ministero, per continuare l'opera della no­stra salute.

Eccomi ora ai Padri e ai Dottori: "quale pegno di mi­sericordia! - esclama san Gregorio Magno. - La vittima che èofferta in questo Sacrificio è il glorioso Risorto, che vincitore in eterno della morte, soffre nuovamente per noi. Ogni volta che celebriamo la Messa, rinnoviamo la sua Passione, sorgente ine­sauribile di perdono".

Assicurazione molto consolante per tutti quelli che, avendo coscienza dei propri peccati, temono l'inferno. San Gregorio insegna chiaramente che l'immolazione del Salvatore, riprodotta sull'altare, ha la virtù di preservare le anime dalla dannazione eterna. Volete dunque evitare questa suprema di­sgrazia? Ascoltate assiduamente la Messa, onorate la morte di Gesù e offritela a Dio Padre.

"Il Figlio di Dio - dice il sapiente p. Mansi - si è offerto sull'altare della Croce come vittima cruenta. Nella santa Messa si offre nuovamente e perciò la celebrazione di una Messa non ha meno valore della morte del nostro Salvatore"

Il cardinale Osio aveva detto prima di lui: "Benché nella Messa Gesù Cristo non si immoli una seconda volta fisicamen­te, i meriti della sua morte ci vengono applicati nello stesso modo, come se essa fosse avvenuta in quel momento e questa morte, per quanto mistica, produce gli stessi effetti della morte cruenta"6.

Dopo queste belle parole, il cardinale insiste ancora in questi termini: "Sì, la morte di Cristo e i frutti ditale morte ci sono applicati come se Gesù morisse realmente".

L'abate Ruperto da parte sua dice: "Come è vero che sulla Croce Cristo ci ottenne il perdono dei nostri peccati, così è vero che, sotto le specie sacramentali, ci procura la stessa grazia.

Nel quindicesimo capitolo spiegheremo in quale ma­niera la santa Messa opera il perdono dei peccati. Ma già dalle parole di Ruperto abbiamo la consolazione di sapere che assi-stendo al santo Sacrificio possiamo espiare le nostre colpe e scon­tare le pene che abbiamo meritato commettendole.

La S. Messa, sacrificio di espiazione e di amore, spar­ge su noi i tesori della passione

Il padre Segneri aggiunge: "Il Sacrificio della Croce fu causa universale per dar morte al peccato, e il Sacrificio dell'al­tare è una causa particolare, la quale applica nuovamente, a questo e a quello, l'efficacia del sangue sparso da Gesù Cristo: la Passione accumulò il tesoro, la Messa lo elargisce quale migliore invito si potrebbe rivolgere a quelli che sono poveri di meriti?

Ammirate - continua il p. Segneri - che cosa sia cele­brare e ascoltare la santa Messa! È come se quel Signore il quale è morto per tutti gli uomini, ora torni a morire per me e per voi in particolare, applicandoci i meriti della sua morte, come se ora, veramente, ritornasse a morire soltanto per noi".

La santa Vergine, un giorno, disse ad un gran servo di Dio: "Il mio divin Figlio ama talmente quelli che assistono al santo Sacrificio che, se bisognasse, morirebbe per loro altrettan­te volte quanti sono i presenti: ma i meriti del Calvario suppli­scono a tutto".

Queste parole sono tanto consolanti ed esprimono l'amore infinito del Salvatore, amore che lo spinge giornalmen­te non una volta, ma migliaia di volte a sacrificarsi per i poveri peccatori. Andate, dunque, ogni mattina alla Messa e abbiate gli stessi sentimenti che provereste accompagnando Gesù sul monte Calvario, per essere testimoni della sua Passione e della sua Morte. "quando celebrate il divin Sacrificio o vi assistete - dice il pio autore dell'Imitazione - deve sembrarvi così grande, così nuovo, così degno di amore, come se in quel giorno stesso il Salvatore discendesse dal Cielo per farsi uomo nel seno della santa Vergine, o come se, sospeso sulla Croce, soffrisse e morisse per la salute del mondo". O Dio! quale favore e quale amore! Gesù Cristo muore in una maniera incruenta per quelli che ascol­tano la Messa, come mori in una maniera cruenta per tutto il mondo! quale sorgente di grazie! quale mezzo di salute! Se voi aveste offerto a Dio, sul Calvario, la morte crudele del Figlio suo, dubitereste che vi avesse perdonato tutti i vostri peccati? Ah! Il Padre di misericordia, in considerazione del vostro penti­mento e soprattutto in virtù del Sacrificio di Cristo, vi avrebbe certamente accordato la remissione completa delle vostre colpe. Ebbene, accade lo stesso nella Messa, dove Gesù Cristo presen­te corporalmente, muore per noi in una maniera mistica.

CAPITOLO DECIMO

NELLA SANTA MESSA GESÙ CRISTO RINNOVA LO SPARGIMENTO DEL SUO SANGUE


A proposito dell'uso in vigore, sotto l'antica legge, di aspergere il popolo con il sangue degli animali sacrificati, san Paolo dice: "Dopo aver letto davanti a tutto il popolo gli ordini della legge, Mosè prese del sangue di vitelli e di montoni e con acqua, lana scailatta e issopo, asperse il libro stesso e tutto il popolo dicendo: "questo è il sangue dell'alleanza che Dio ha fatto con noi". Col sangue asperse anche il tabernacolo e tutti i vasi che servivano al culto. Secondo la legge, con lo spargimen­to del sangue è quasi tutto purificato e senza spargimento di sangue non vi è remissione". questo spargimento e questa aspersione del sangue delle vittime erano altrettante immagini profetiche del sangue del Salvatore che doveva cancellare com­pletamente i nostri peccati. "Se il sangue dei montoni e dei tori, sparso su quelli che sono immondi, li santifica e procura la purificazione della loro carne, quanto più il Sangue di Gesù purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire Dio".

Qualcuno potrebbe obiettare che Gesù Cristo ha sparso il suo sangue nella Passione e ne ha asperso i fedeli viventi di allo­ra, ma noi, che non eravamo presenti, siamo stati privati di questa grazia. Consolatevi, cristiani, perché il prezioso Sangue del Sal­vatore fu sparso per voi, come per i giusti di quel tempo e Gesù Cristo ha trovato un altro mezzo per spargeilo tutti i giorni e per aspergere le vostre anime:la santa Messa. Ve lo dimostro.

Il sangue preziosissimo di Gesù lavacro di purificazione

Anzitutto ecco la testimonianza di sant'Agostino: "Nella Messa - dice il vescovo di Ippona - il sangue di Gesù Cristo èversato per i peccatori". queste parole sono così precise che non hanno bisogno di commenti, così chiare che nessuno sa­prebbe contestarne il senso. San Giovanni Crisostomo afferma le stesse cose con non minore efficacia: "L'Agnello di Dio si im­mola per noi e il suo sangue, attinto dal suo costato squarciato, si sparge in modo mistico sull'altare e si riversa nel calice per purificarci". Sembra che il padre Kesseli abbia voluto spiegare questo passo del santo Dottore affermando: "Gesù Cristo ha versato il suo sangue in una maniera visibile e dolorosa una vol­ta sola. Nella santa Messa, invece, questo spargimento si rinno­va ogni giorno in una maniera invisibile, come in una maniera invisibile sono forate le mani e i piedi del Salvatore ed è trapas­sato il suo cuore. Indubbiamente possiamo applicarci i suoi me­riti infiniti con i nostri ardenti desideri, con il pentimento, con la penitenza, con la santa Comunione, ma mai più efficacemente che per mezzo della santa Messa". Il sapiente religioso aggiun­ge: "Con le parole della Consacrazione il sacerdote attinge dal costato di Gesù il sangue divino onde versarlo per il perdono dei vostri peccati e per la vostra purificazione e salute".

Potrei citare altri testi, ma mi contenterò di un'ultima testimonianza, quella di Pietro Noel: "Il sangue che è sgorgato dal costato del Salvatore - dice - è nel calice e c'è per essere offerto un'altra volta per la remissione dei nostri peccati, come risulta dalle parole stesse della Consacrazione

Le parole alle quali si riferisce Pietro Noel sono le se­guenti: "questo è il Calice del mio Sangue che sarà sparso per voi e per molti per la remissione dei peccati". Il sacerdote le ripete, per ordine di Cristo, non come se volesse soltanto rac­contare ciò che Gesù ha detto sul calice, perché se fosse così, non avverrebbe la consacrazione, ma per produrre e conferma­re questo fatto per cui il vino diventa veramente il prezioso san­gue versato per la Redenzione degli uomini.

Il sacerdote non si limita a dire: "questo è il calice del mio sangue", ma aggiunge: "... che sarà sparso per voi e per molti per la remissione dei peccati". Ora, siccome le prime pa­role sono state compiute letteralmente, altrettanto deve avveni­re per le ultime. "Per voi e per molti", cioè per voi che assistete alla santa Messa e per gli assenti che la fanno dire, per tutti quelli che se potessero l'ascolterebbero volentieri, ma che sono trat­tenuti dalle malattie o da altri affari importanti. Così, per espressa volontà del Salvatore, i meriti del prezioso Sangue saranno ap­plicati anche agli assenti, purché dalla loro dimora si uniscano al Sacrificio o almeno si facciano raccomandare. Che mistero incomparabile! quale inesprimibile amore per i peccatori! Gesù che ha sparso il suo Sangue fino all'ultima goccia, vuole versarlo nuovamente, con la stessa intenzione, ogni giorno ed ogni ora! quanti torrenti di grazie scaturiscono dalla santa Messa su co­loro che l'ascoltano devotamente, "perché - dice sant'Ambrogio

- per gli uomini e per la remissione dei loro peccati il Salvatore sparge il suo Sangue". Per confermare una dottrina già così evi­dentemente dimostrata dalla Sacra Scrittura e dai santi Padri, riferirò qualche fatto miracoloso.

Prodigi operati da nostro Signore per confermare le anime nella fede

Cesario di Haiserbach racconta che verso l'anno 1420, nella diocesi di Colonia, c'era una donna che per vivere solita­ria, senza mai uscire di casa, se n'era fatta fabbricare una presso la chiesa. A quell'epoca non erano rare le persone che vivevano così.

Questa donna si esercitava in atti eroici di penitenza ed aveva una devozione speciale alla santa Messa, che ascoltava dalla finestra della sua cella. Il nemico delle anime, non poten­do vincerla con nessun'altra tentazione, le insinuò nell'anima il dubbio che, dopo la consacrazione, nel calice non c'era il pre­zioso Sangue. questo dubbio fu così forte che la vergine non gli resistette e non contenta di questo, spandeva questo veleno nelle anime di coloro che andavano a visitarla. Ma Dio ebbe pietà della sua serva e la strappò alla rabbia del demonio con un lu­minoso miracolo.

Un giorno, il parroco di quella chiesa, mentre celebra­va la santa Messa, urtò per disattenzione, o piuttosto per divina volontà, il calice consacrato. Spaventato per ciò che era succes­so, sentì aumentare il suo timore, allorché vide il liquido versato prendere il colore e l'apparenza del sangue. Le anime pie im­magineranno facilmente l'angoscia con la quale il povero sacer­dote continuò la Messa. quando l'ebbe terminata, lavò segreta­mente e a più riprese il corporale con del vino caldo, ma non riuscì a levare la macchia di sangue. I giorni seguenti, ripeté invano i suoi sforzi, impaurito, non tanto dalle pene ecclesiasti­che in cui credeva essere incorso, quanto dal castigo che si aspet­tava da Dio.

Durante la settimana si adoperò con ogni mezzo per far sparire la macchia, pianse amaramente la sua colpa, suppli­cò nostro Signore di concedergli che il sangue sparisse, ma inu­tilmente. Arrivò la domenica, salì sul pulpito col corporale in mano e dopo aver raccontato la disgrazia, presentò al popolo, piangendo, il lino insanguinato. A quello spettacolo tutti rima­sero stupiti. Il sacerdote scongiurò i fedeli di unire le loro pre­ghiere alle sue, per ottenere da Dio la sparizione di quella mac­chia. Tutti pregarono e il parroco lavò, davanti a loro, il corpo­rale, ma fu tutta fatica inutile! Non riuscendo a comprendere il significato di quel fatto soprannaturale, andò a Colonia a con­sultare un teologo famoso, il dottor Rodolfo, al quale mostrò il corporale, raccontò che aveva urtato il calice e descrisse le prove infruttuose fatte per purificarlo. Alla vista del prezioso Sangue, il teologo si inginocchiò umilmente, baciò con devozione quel lino e restò qualche momento interdetto. Infine espose il suo parere: "Dio vuole certamente fortificare i deboli nella fede del SS. Sacramento. Nella vostra parrocchia, non c'è nessuno che rifiuti di credere a questo adorabile mistero?". Il parroco rispo­se: "C'è una solitaria che dubita della presenza reale del prezio­so Sangue e che insinua negli altri questo dubbio". "Non cer­chiamo altre spiegazioni, - rispose Rodolfo - Gesù ha reso visibile nel corporale le tracce del suo Sangue per illuminare questa donna. Andate dunque da lei, mostratele il corporale, racconta-tele quello che è successo, affinché non dubiti più". Il curato, lieto di questo consiglio, interrogò la donna circa la sua fede a proposito della presenza reale. Ella gli rispose francamente:

"Credo che il Corpo del Salvatore è presente nella santa Ostia, ma non posso ammettere che il suo Sangue sia nel calice, non avendo Gesù il sangue fuori del corpo". Il curato le spiegò che il Sangue di nostro Signore è nel calice in virtù delle parole della Consacrazione, ma che questo Sangue, non potendo essere vivo, separato dal Corpo, è unito al Corpo.

Sforzi inutili, perché l'infelice si ostinava nel suo erro­re. Allora il sacerdote si decise a mostrarie il corporale insangui­nato e le raccontò il miracolo. A quella vista, la donna si spaven­tò talmente che cadde a terra piangendo lacrime amarissime per la sua testardaggine e, domandato perdono a tutti i presenti, esclamò: "Credo fermamente che nel calice c'è il Sangue natu­rale e vero che il Salvatore ha versato per noi sulla Croce ed in questa fede voglio vivere e morire". Il sacerdote lavò subito il corporale e il sangue scomparve completamente.

Il padre Pietro di Lavagnelas, dell'ordine di san Girolamo, fu lungamente e vivamente tormentato da un dub­bio. Si domandava se il sangue era anche nella santa Ostia. Un giorno, mentre celebrava la santa Messa, giunto alle parole che seguono la Consacrazione, "Supplices te rogamus... Vi suppli­chiamo umilmente Dio onnipotente, di far deporre questi doni, dalle mani del vostro santo Angelo, sul vostro sublime altare, in presenza della vostra divina maestà...", momento in cui, secon­do la rubrica del messale, il sacerdote si inchina profondamente, gli sembrò che una fitta nube circondasse l'altare e gli nascon­desse il calice e l'Ostia, per cui ne fu spaventatissimo, non com­prendendo né quello che significava, né come ciò sarebbe anda­to a finire. Dopo qualche momento la nube si dissipò, ma l'Ostia e il calice erano spariti. Il suo turbamento aumentò al pensiero che forse Dio non lo giudicava degno di dire la Messa e sentì nell'animo un sincero pentimento per i suoi peccati. Allora pre­gò con grande fervore nostro Signore perché lo soccorresse in quell'estremo bisogno. Dopo molte lacrime e sospiri fu esaudito e vide ritornare il calice contenente il prezioso Sangue. Ma, cir­costanza meravigliosa! L'Ostia rimase librata in alto. Allora la­crime di gioia inondarono i suoi occhi e, mentre considerava piamente la santa Eucaristia che si sosteneva da sé nello spazio, notò che ne stillavano tante gocce di sangue, quante di vino ne erano nel calice. Illuminato da questo miracolo, respinse i suoi dubbi e credette fermamente e per sempre alla presenza del pre­zioso Sangue sotto le specie del pane.

questi due fatti ci provano che l'umanità del Salvato­re è contenuta tutta intera e nello stesso tempo sotto ciascuna specie, benché in virtù delle parole della Consacrazione, il Cor­po sia solo direttamente nell'Ostia e il Sangue sia solo diretta­mente nel calice.

Il sangue di Gesù é sparso sull'altare a vantaggio delle nostre anime

Riflettiamo sulla grandezza della grazia che ci è stata fatta, quando abbiamo davanti a noi, sull'altare, il Sangue di Gesù. Niente si può paragonare a questo sangue prezioso del quale una sola gocciolina, unita alla divinità, sorpassa in valore tutti i tesori della terra e del cielo. Si può dire di più. Il sangue di Gesu Cristo non è solamente presente, esso è nostra proprietà e ci appartiene come un dono appartiene a chi l'ha ricevuto. Ri­mane da spiegare in che cosa consiste questo spargimento di sangue.

Se è certo che il sangue di Gesù Cristo è versato nel santo Sacrificio, è certo che è sparso, in maniera spirituale, so­pra tutti i presenti e sulle anime del purgatorio durante la cele­brazione della Messa. Nell'Antico Testamento abbiamo una bella immagine di questo mistero che san Paolo, nell'Epistola agli ebrei, esprime così: Mosè prese il sangue dei vitelli e dei montoni e ne asperse tutto il popolo dicendo: "questo è il sangue dell'allean­za che Dio ha fatto con noi""

Nell'ultima Cena, nostro Signore pronunciò parole quasi identiche: "questo è il mio sangue, il sangue della nuova Alleanza". "Bisognava - aggiunge san Paolo - che quello che era figura delle cose celesti fosse purificato col sangue degli ani­mali e le stesse cose celesti fossero purificate con vittime più ec­cellenti delle prime". Il che vuol dire: la Sinagoga, che era un'im­magine della Chiesa, poteva essere purificata dal sangue dei montoni e dei tori, ma la Chiesa deve essere purificata dal san­gue dell'Agnello di Dio immacolato. Ora, niente può essere pu­rificato col sangue o con l'acqua senza che ne sia stato asperso. E poiché le nostre anime sono purificate nella santa Messa col sangue del Salvatore, ciò significa che questo sangue divino èsparso sopra di esse.

Ascoltiamo san Giovanni Crisostomo: "Nel vedere il Signore immolato e giacente sull'altare, il sacerdote orante, chi­no sulla vittima e tutti i presenti coperti dal preziosissimo San­gue, potete credere di essere ancora quaggiù fra gli uomini?".

Notate l'espressione del santo Dottore: il popolo è coperto dal Sangue di Gesù e per conseguenza questo sangue che sgorga dalle ferite è sparso sopra di noi. Marchant conferma questa verità: "Il Sangue prezioso è sparso nella Messa ed i fedeli ne sono aspersi in una maniera spirituale". San Giovanni si espri­me ancora più chiaramente: "Il Salvatore ci ha amato e ci ha lavato, con il suo sangue, dai nostri peccati". questa è anche la dottrina di san Paolo: "Vi siete avvicinati a Gesù, mediatore della nuova Alleanza e all'aspersione del suo sangue, più eloquente dello spargimento del sangue di Abele". Se vi domandassi:

quando andiamo da Gesù mediatore? Voi rispondereste: nella santa Comunione. Certamente allora ci avviciniamo molto a lui, o meglio ancora, lo riceviamo nel nostro cuore. Ma nella Comunione più che una mediazione cerchiamo un nutrimento necessario alle nostre anime. Nella Messa, invece, ricorriamo proprio al mediatore, perché in essa Gesù compie il ministero del Sacerdote e con questo titolo prega ufficialmente per il po­polo. Per lo stesso fatto, accostandoci al mediatore, ci avvicinia­mo al Sangue prezioso che si sparge sull'altare spiritualmente e dall'altare sulle nostre anime. Anche nella Passione Gesù versò il suo divin sangue, ma allora quel sangue non cadde sui carne­fici, sulla roccia e sulla terra, mentre nella santa Messa è lo stes­so sangue che si sparge sulle anime dei presenti. E come il sacer­dote asperge il popolo cristiano con l'acqua benedetta, allo stes­so modo Mosè aspergeva i giudei col sangue delle vittime e il Salvatore asperge le anime col suo prezioso Sangue e questa mistica aspersione vale più dell'aspersione materiale. I soldati e i giudei che circondavano Gesù, ricevendo gli spruzzi del suo sangue sulle mani e sul viso, invece di esserne purificati e con­vertiti, ne furono più induriti nel male, ma se Gesù avesse asperso le loro anime, esse sarebbero state mutate e salvate. Avviene lo stesso nella santa Messa: se il nostro corpo fosse materialmente asperso col sangue di Gesù, ne trarremmo meno profitto dell'aspersione di questo stesso sangue ricevuto dalle nostre ani­me, perché quest'ultima aspersione le purifica, le abbellisce in una maniera incomparabile. Ascoltate che cosa dice a questo proposito santa Maria Maddalena de' Pazzi: "L?anima che rice­ve il sangue di Gesù Cristo diventa così risplendente come se fosse coperta di un abito prezioso, e tale è il suo splendore che se vi fosse dato vederla, la prendereste per lo stesso Dio, del quale èl'immagine"

Beata la creatura che è circondata da tanta magnifi­cenza! Beato l'occhio degno di contemplarla! Andate dunque alla Messa, caro lettore, acquisterete anche voi, sotto la pioggia del sangue prezioso, una bellezza che vi renderà degno di com­parire davanti agli angeli e ai santi, per godere un'eternità di gloria.

Altro strepitoso prodigio

Nella storia del Papa Urbano IV si legge che nel 1263 a Bolsena, diocesi di Orvieto, c'era un sacerdote che, dopo aver pronunciato sul pane le parole della Consacrazione, fu spinto dal demonio a dubitare della transustanziazione. quel disgraziato pensava fra sé: "Non vedo niente, non sento niente, non avverto il minimo indizio di cambiamento. Non è dun­que vero che Gesù Cristo sia sotto queste apparenze, questo non è che un alimento ordinario". Non contento di nutrire tale dubbio, giunse perfino a negare assolutamente la pre­senza reale di Gesù Cristo, cadendo così in una vera eresia, eppure continuò a dire la Messa e a consacrare. Un giorno, mentre alzava l'Ostia, dopo la Consacrazione, il sangue co­minciò a gocciolare come una pioggia che cade dalle nuvole.

A questo spettacolo, fu tale lo spavento che egli non sapeva più quello che doveva fare. Restò molto tempo senza muo­versi, tutto commosso, ma finalmente si accorse che quella pioggia misteriosa cadeva dall'Ostia. Il popolo gridava, inte­nerito, ad alta voce: "O Sangue prezioso! Che cosa significa questo miracolo? O Sangue divino! qual è la causa di questa effusione?". Altri gridavano: "Pioggia sacra, scendi sulle no­stre anime e purificaci dai nostri peccati! O Sangue prezioso, manda sopra di noi la misericordia divina!". Alcuni si batte­vano il petto, altri versavano cocenti lacrime. In mezzo ai clamori del popolo, il sacerdote ritornò in sé, abbassò la san­ta Ostia e la pose sul corporale, ma questo era talmente ba­gnato di sangue che, a stento, trovò un posto asciutto per posarvela. Davanti a una tale manifestazione ogni benda gli cadde dagli occhi dell'anima, riconobbe la sua colpa, si pentì amaramente della sua incredulità e continuò la celebrazione dei divini misteri con una tale copia di lacrime che più volte fu costretto ad interrompere l'azione. Dopo la Comunione piegò il corporale meglio che poté per tenere celato il prodi­gio, ma, finita la Messa, i fedeli si avvicinarono per assicurar­si che quanto avevano visto non era stato un gioco della loro fantasia. Allora il sacerdote mostrò il lino e a una tal vista i presenti si gettarono in ginocchio e si batterono il petto im­plorando la divina misericordia. questo straordinario avve­nimento attirò a Bolsena una moltitudine di fedeli.

Lo stesso papa Urbano II che si trovava allora ad Orvieto, convocò il celebrante con l'ordine di portare anche il corporale. L'infelice ecclesiastico, in preda all'angoscia, si pro­strò davanti al papa domandando grazia. Il Sommo Pontefice, stupito, non sapendo cosa avesse commesso, lo interrogò ed egli raccontò allora i suoi dubbi e l'effusione del sangue prezioso e come prova ne mostrò le tracce sul corporale. Il papa cadde in ginocchio e pieno di commozione e di timore, baciò il sacro lino.

Fece poi costruire una chiesa e ordinò che vi si conser­vasse quella miracolosa reliquia e che ogni anno, nel giorno an­niversario del prodigio, una processione percorresse le vie della città. questa fu una delle ragioni dell'istituzione della festa del SS. Sacramento. quello che successe a Bolsena qualche secolo fa, si rinnova ogni giorno in tutte le chiese dove si celebrano i divini misteri, quando il sacerdote alza l'Ostia e il calice. Il pre­zioso Sangue allora scorre, come la pioggia che cade dalle nuvo­le e sebbene non si spanda né sulla terra, né sulla testa degli uomini, scende sulle anime, sugli spiriti e sui cuori. Adorna e purifica i fedeli, li fa partecipi di tutti i suoi meriti, li solleva dalle loro debolezze, placa la violenza delle loro tentazioni e opera effetti proporzionati alle disposizioni di ciascuno, sforzandosi di rendere buoni i cattivi, di commuovere gli indifferenti, di con­vertire gli ostinati e offrendo a tutti i nemici del Salvatore la grazia e l'amicizia divina. Se il peccatore è talmente indurito da persistere nel suo smarrimento, quel Sangue grida per lui verso il Cielo e ne sospende il giusto sdegno.

Dunque, riconoscete ancora una volta quanto è utile per tutti, senza eccezione, l'andare alla Messa. qui Gesù prepa­ra la giustificazione degli empi, trionfando poco a poco delle loro insistenze e qui riveste le anime devote di una bellezza indi­cibile. Ah! Se foste stati sul Calvario, nel momento della crocifis­sione, se aveste ricevuto il sangue abbondante che usciva dalle piaghe di Gesù, non riterreste ciò come uno speciale favore? Ebbene, non vi è dubbio che alla santa Messa, benché in un modo spirituale, siete veramente ai piedi della Croce, irrorati dallo stesso sangue. Eccitate dunque in voi i sentimenti che avreste avuto su quel santo monte e questa nuova aspersione non vi sarà meno salutare della prima. Fra le molte grazie che ricevia­mo nella Messa una delle principali è l'insistente intercessione del Sangue di Gesù Cristo che dal calice si eleva a Dio Padre in favore dei presenti. Se voi, peccatori, poteste comprendere quan­to è utile questa intercessione e quanto potentemente evita la celeste vendetta!

Gesù intercessore e mediatore nostro nella Santa Messa

Tutte le nostre quotidiane iniquità attirano sulle nostre anime la collera di Dio, come si rileva dalla Sacra Scrittura: "Il grido di Sodoma e di Gomorra aumenta ogni giorno di più e il peccato è giunto fino al colmo; per questo scenderò e vedrò se le opere degli uomini corrispondono a questo grido"'.

Così il peccato grida verso Dio e provoca la sua ven­detta. "Il salario, del quale private gli operai che hanno mietuto i vostri campi, grida contro di voi - dice l'apostolo san Giacomo - e questo grido giunge fino all'orecchio del Dio degli eserci­ti"13. Dio, per bocca di Isaia chiama il peccato un grido: "Come una vigna piantata ho posto il mio popolo sopra una collina... ed ho aspettato che esercitasse la giustizia, ma ecco spargimento di sangue e grida di oppressi".

Chi disarmerà la collera dell'Altissimo? Chi scongiure­rà la sua spaventosa vendetta? Nessuna potenza del Cielo, né sulla terra, all'infuori del Sangue prezioso. Per quanto il grido di tante prevaricazioni possa salire liberamente in alto fino alla volta del Cielo, molto più forte è il grido del Sangue di Gesù che non riempie soltanto l'aria, ma penetra i Cieli e giunge fino alle orec­chie del Padre. Sì, il clamore di tante ingiustizie può ben provo­care lo sdegno del Signore, ma la preghiera del Sangue prezioso è così commovente che scaccia dal suo cuore l'avversione e il disgusto e l'addolcisce tanto quanto la voce del peccato l'aveva inasprito.

Ma, voi domanderete: come può il prezioso Sangue gridare verso il Cielo quando, invece, sulla terra tutto è silenzio? La risposta è in un passo della Genesi: "Dio disse a Caino: Il sangue di tuo fratello grida, dalla terra, verso di me. Il sangue di Abele, che pure era morto, gridava verso il cielo. questo grido non era materiale, ma spirituale, eppure aveva una voce così potente che la sua invocazione di vendetta contro il fratricida, saliva fino al Cielo. Anche la voce del Sangue prezioso, dunque, è tutta spirituale, eppure ha tanta forza da trionfare sulla collera di Dio costringendolo alla misericordia, come ci assicura san Paolo: "Vi siete avvicinati a Gesù Cristo mediatore e all'aspersione del suo Sangue, più eloquente di quello diAbele"'. Nella Messa andiamo a Gesù, come nostro mediatore, per esse­re aspersi dal suo Sangue e perciò quando riceviamo questa aspersione il suo Sangue grida verso Dio. Notate l'espressione di san Paolo. Il grande apostolo non dice che il sangue grida, ma paila dell'aspersione del Sangue di Gesù che non si fece sentire quando scorreva nelle sue membra, ma che nel tempo della sua dolorosa Passione invocò con voce onnipotente la divina miseri­cordia sui peccatori.

E così, durante la santa Messa grida con una forza al­trettanto irresistibile: "Mio Dio, vedi con quanta prodigalità, con quanto amore io, Sangue del tuo unico Figlio, sono versato in mezzo a dolori e ad ignominie ineffabili. Considera la vergogna e la crudeltà con le quali sono stato mercanteggiato, maledetto, cal­pestato e come ho sopportato tutto questo con pazienza longanime, infinita, per purificare i peccatori e per assicurare loro la salute. Ma se tu, Dio severo, vuoi precipitarli all'inferno e condannaili eternamente, chi mi sarà grato di tanti obbrobri? I dannati no, certo, perché anzi essi mi maledirebbero con odio satanico, ma se mi fosse concesso salvarli mi colmerebbero di benedizioni. O Pa­dre, ascolta la mia preghiera; accorda, per amor mio, ai peccatori la grazia insigne di convertirsi e di emendarsi e ai giusti quella di crescere nella santità e di perseverare sino alla fine quando il Sangue prezioso grida con tanta forza, come è possibile che Dio resti sordo? Ah! Se la voce del sangue di

Abele innocente si innalzò dalla terra al Cielo, per ottenere ven­detta, che cosa non otterrà il Sangue innocente del Salvatore? Infatti il sangue di Abele implora la misericordia. D'altronde, Dio è più inclinato alla pietà che alla severità, come canta la Chiesa: "O Dio, al quale propriamente appartiene di perdona­re e di risparmiare sempre, ecc.", e san Pietro dice: "Dio non vuole la morte di nessuno, ma il pentimento e la conversione di tutti". Il Sangue prezioso ha patrocinato per il mondo nella circoncisione, nel giardino degli ulivi, nella flagellazione, nella coronazione di spine e nella crocifissione del Salvatore ed ha ottenuto il nostro perdono, come ci insegna san Paolo: "Gesù Cristo ha riconciliato il mondo con Dio", ma nella santa Mes­sa questo Sangue divino non prega soltanto con una voce, ma con tante voci quante sono le gocce versate. E prega in modo penetrante e irresistibile, con tutta la forza della sua santa uma­nità e divinità, prega con tutte le ferite del Salvatore, prega con il Cuore di Gesù e con tutte le amarezze e tutte le commozioni che il Sacro Cuore racchiude, prega finalmente con la bocca di Gesù e con tutti i sospiri sfuggiti a quella bocca adorabile. Ora, è mai possibile che una preghiera che esce dal sangue, dalle feri­te, dall'anima, dal cuore e dalle labbra del Figlio di Dio, non intenerisca il Padre eterno, per quanto possa essere irritato dalla malizia dei nostri peccati? Anche quando Dio fosse risoluto nel ricusarci ogni misericordia, anche quando pensasse solo a pu­nirci, secondo il rigore della sua giustizia, il Sangue del Salvato­re avrebbe la virtù di commuovere tutto ciò che è in Cielo e sulla terra e la giustizia divina non potrebbe rigettare le sue suppli­che. Eccone una prova.

Il sangue di Gesù placa la divina giustizia

Nel 1330, a Walthurn, città situata nell'antico arcive­scovado di Mayence, il parroco, mentre diceva la Messa, rove­sciò per inavvertenza il calice consacrato. Il sangue prezioso si sparse sul corporale, sul quale apparve subito l'immagine di Cristo sospeso in Croce con intorno, tracciata undici volte con un'arte e una verità che nessun pittore avrebbe potuto raggiun­gere, la testa del Salvatore coronata di spine e tutta sanguinan­te,. Il parroco fu profondamente commosso alla vista di un tale prodigio e dopo che il popolo uscì di chiesa, nascose il corporale sotto l'altare. Ma da quel momento non ebbe più la coscienza tranquilla e quello stato di angoscia gli causò anche una malat­tia incurabile. Torturato nel corpo e nell'anima, quel poveretto credeva prossima la sua morte, ma contro ogni previsione le sue inspiegabili sofferenze si prolungavano senza che potesse né gua­rire, né morire, finché non gli venne in mente che quella doveva essere una punizione per la sua colpa. Sotto tale impressione fece chiamare un parroco dei dintorni, gli confidò il suo segreto e morì. Dopo la sua morte, il confratello cercò il corporale e trovatolo, lo baciò rispettosamente e lo mostrò al popolo nar­rando l'accaduto, che ben presto si divulgò dappertutto.

I superiori ecclesiastici mandarono il sacerdote a Roma dal Papa Urbano II il quale informatosi dell'accaduto, accor­dò un'indulgenza a tutti quelli che avessero visitato la chiesa dove era avvenuto il miracolo. Ma, perché il Sangue sparso sul corporale vi disegnò un crocifisso circondato da undici teste? Fra le diverse ragioni, secondo me, si potrebbe ammet­tere anche questa: poiché il sangue sparso grida misericordia verso Dio, Egli volle che apparissero sul corporale undici te­ste e undici macchie, perché, probabilmente, le gocce di san­gue che vi erano cadute erano undici. questo fatto è autenti­co e dopo molti secoli le teste erano sempre visibili, e un gran numero di pellegrini andavano ancora a Walthurn per vene­rarle.

Oltre la preghiera onnipotente, che penetra il cuore di Dio, il Sangue di Cristo ci procura un altro beneficio. Nell'anti­ca legge, si offriva al Signore un sacrificio quotidiano e Dio ave­va assicurato che l'odore delle carni della vittima consumata sull'altare sarebbe salita verso di Lui come un soave profumo. Che cosa produrrà, dunque, il Sangue di Gesù Cristo versato in olocausto sul Calvario e offerto all'Altissimo nella santa Messa?

Nell'offerta del calice il sacerdote dice: "Ti offriamo, Signore, il calice della salute, domandando alla tua misericordia che si innalzi con soave odore in presenza della tua maestà, per la nostra salute e per quella del mondo intero". "Gesù Cristo ci ha amati - dice san Paolo - ed ha offerto se stesso al Signore, come una vittima di soave odore". In altri termini: quando l'olocausto del Salvatore fu consumato sulla Croce, ne usci un profumo la cui soavità dissipò le corrotte esalazioni che spande-vano i sacrifici idolatri e i peccati degli uomini, perché Dio fu più commosso della morte di Gesù e dello spargimento del suo Sangue di quanto fosse irritato per tutte le iniquità del mondo. E anche oggi quando l'Ostia purissima si immola sull'altare e si sparge il sangue divino, sale verso il Signore un odore soave a calmare la collera suscitata dai nostri delitti.

quando il patriarca Isacco, ormai vecchio e cieco, ab­bracciò suo figlio Giacobbe rivestito degli abiti di Esaù e sentì, dice il Testo Sacro, l'odore dei suoi abiti, lo benedisse dicendo­gli: "Il profumo di mio figlio è simile a quello d'un campo pieno di fieno che il Signore ha benedetto" e gli augurò la prosperità in tutti i suoi beni temporali. Ma il profumo del Sangue prezio­so è mille volte più potente e perciò Dio colma, chi glielo offre, delle sue migliori benedizioni. Anche i santi se ne rallegrano, perché questo soave odore, sollevandosi dall'altare, si spande nell'immensità del paradiso e ne rapisce i fedeli abitatori. Ado­rate, dunque, il Sangue di Gesù, o anime cristiane! Invocatelo con tutto il vostro cuore e fatene con amore l'oblazione.