00 07/09/2009 17:06
CAPITOLO VENTUNESIMO

LA S. MESSA È LA SPERANZA DEI MORIBONDI


Soltanto chi ha sofferto la morte può sapere quanto è amara e noi possiamo farcene solo un'idea quando assistiamo un moribondo e siamo testimoni delle sue angosce e dei suoi sospiri. "Fra tutte le cose orribili - dice Aristotele - non ce n'è una più spaventosa della morte". questo è vero, non solamente perché la morte è la separazione dell'anima dal corpo, ma so­prattutto, cosa alla quale Aristotele non pensava abbastanza, perché è la porta dell'eternità e ci mette davanti alla severa giu­stizia di Dio. La viva rappresentazione di queste due cose che met­tono terrore, causano al moribondo una tale angoscia che il suo cuore trema e la fronte si copre di sudore freddo. Che fare in tal frangente? Come salvarsi dalla disperazione? Dove prendere la forza per resistere ai desolanti pensieri suggeriti dal demonio? E’ necessario che l'agonizzante si getti nel seno dell'infinita miseri­cordia divina e ci si attacchi fortemente. San Gregorio lo dice chiaramente: “Chi è stato fedele deve confidare nella misericor­dia di Dio, perché non l'abbandonerà; al contrario chi si è mostrato infedele non potrà contare su di essa.” Ma quante anime rispondono sempre alla grazia? Ne troviamo una su mille. Tutti noi che siamo nel mondo avremmo potuto, se l'avessimo fermamente voluto, fare meglio di quello che in realtà abbiamo fatto. Nell'ultima ora che cosa potrà rassi­curare il morente? quasi tutte le sue speranze sarebbero vane, all'infuori della Messa, se in vita l'ha amata e l'ha ascoltata con devozione. Lo provano le parole di David: "Offrite il sacrificio di giustizia e sperate nel Signore". Che cos'è il sacrificio di giu­stizia, se non la Messa, che cancella la colpa e ci permette di pagare in tutto o in parte il nostro debito? Gli olocausti dell'an­tica legge non avevano questa efficacia e perciò non potevano propriamente chiamarsi, "Sacrifici di giustizia". Fornero nota nel suo Commentario, che l'ultimo versetto del Miserere: "Offrite un sacrificio di giustizia e sperate nel Signore", è rivolto a tutti i cristiani, ma soprattutto ai sacerdoti che celebrano la Messa, per placare lo sdegno di Dio e cancellare la pena dovuta al pec­cato. Ascoltiamo quest'altro versetto tratto dai salmi: "Si sono arricchiti col frutto del frumento, col vino e con l'olio". I sacer­doti, unti con l'olio santo nella loro ordinazione, offrono all'al­tare i frutti del frumento e della vite che per la transustanziazione sono cambiati in una vittima infinitamente gradita all'Altissimo e per questa oblazione aumentano i loro meriti. David dice an­cora: "Io dormirò e riposerò in pace, o Signore, perché voi mi avete, in un modo speciale, confermato nella speranza!". Parla così in nome del cristiano morente e ci rivela su che cosa possia­mo contare di più nell'ora estrema. E la Chiesa, interpretando queste parole del salmista, le ripete tanto spesso nell'Ufficio dei morti: In pace requiescam, riposerò in pace; Requiescant in pace! La Chiesa formula lo stesso voto estendendolo a tutti i fedeli: Requiescant in pace! Signore, accordate loro il riposo.

Il sacrificio di giustizia ci rende propizio l'eterno giu­dice

L'uomo che durante la vita ha praticato il consiglio di David, offrendo giornalmente a Dio, col sacerdote, il Sacrificio di giustizia, può dunque sperare fermamente nella misericordia di Dio e ripetere col profeta re: "Mi addormenterò in pace, ri­poserò nella tomba fino all'ultimo giorno del giudizio, non temerò la morte eterna, perché tu, o Signore, mi hai confermato fortemente nella speranza. No, non posso credere che io cam­mini verso la dannazione, perché ti ho offerto così spesso il Sa­crificio di giustizia, il più gradito di tutti gli olocausti. Con que­sto ti ho procurato una felicità infinita, un onore immenso, ti ho reso un culto degno di Te, ho cancellato interamente la pena meritata per i miei peccati. Ecco il fondamento della mia confi­denza e mi addormenterò senza timore e non avrò paura di comparire davanti al tuo inesorabile tribunale".

Ogni moribondo può così fortificarsi contro la dispera­zione, però è assolutamente necessario vivere secondo gli inse­gnamenti e gli esempi di Colui che si è immolato per noi sulla Croce. Non è difficile, specialmente nelle città, assistere ogni mattina al santo Sacrificio in unione al Sacerdote, perché ivi, d'ordinario, il clero si occupa con diligenza di ogni classe di fedeli.

Allo spuntar del giorno si dice la Messa per chi deve andare al lavoro o a scuola, mentre, durante la giornata, tutti hanno la possibilità di assistervi, di modo che ognuno potrebbe, con poca fatica, procurarsi una fine felice, un giudizio favorevo­le, un'inestimabile ricompensa nel Cielo.

Quelli che, contro la loro buona volontà, sono costretti a rimanere a casa, cerchino di riservarsi, se è possibile, in mezzo alle loro occupazioni, almeno un quarto d'ora per leggere le preghiere liturgiche.

La fede ci insegna che i migliori motivi della speranza cristiana sono i meriti della passione e della morte del Salvatore, meriti che, alla Messa, si applicano a tutti quelli che vi assistono in stato di grazia. Perciò non potremmo trovare in nessuna cosa più giusto motivo di confidenza come nel santo Sacrificio. Ma, voi mi chiederete: i meriti di Gesù Cristo non ci vengono appli­cati nella Confessione e nella Comunione? Rispondo che c'è molta differenza fra colui che riceve i Sacramenti e colui che ascolta la Messa, perché il primo deve presentarsi con vero pen­timento e conveniente fervore, sotto pena di commettere un nuovo peccato, mentre al secondo non è necessaria la santità,e se, ascoltando la Messa, il giusto vi ottiene un accrescimento di favori, di meriti e la remissione di una parte della pena, il pecca­tore vi riceve grazie per giungere alla conversione.

Voi obietterete che chiunque muore può contare sui meriti di Gesù Cristo che ha soddisfatto per tutti i nostri peccati e ci ha preservati dal fuoco eterno. E’ vero: ma bisogna ancora che la virtù della passione e della morte del Salvatore sia appli­cata all'anima nostra, senza di che la nostra speranza sarebbe vana. Ora la Chiesa insegna che: "I frutti del Sacrificio cruento della Croce sono applicati nella maniera più abbondante per il Sacrificio incruento". Altrove dice: "Il Sacrificio visibile è stato istituito affinché la virtù del Sacrificio della Croce fosse applica­ta alla remissione delle nostre colpe quotidiane". Un uomo, dunque, che durante la vita abbia ascoltato la Messa frequente­mente e con devozione, nell'ora della morte deve sentirsi pieno di singolare conforto.

È’ possibile pensare che Dio sia adirato con me, se così spesso gli ho reso il più grande di tutti gli omaggi e fatto il più ricco di tutti i doni? È’ possibile che ricordi ancora quei peccati dei quali, ogni giorno, gli ho chiesto umilmente perdono? Non mi rimetterà dunque quelle pene in soddisfazione delle quali gli ho offerto i meriti del Figlio suo? È’ possibile che non abbia ascol­tato le mie preghiere, quando Gesù ha pregato con me a tante Messe e per me ha rinnovato tante volte l'effusione del suo San­gue? Il cristiano che ha questa speranza non confida né su di sé, né sui propri meriti, ma conta su Gesù Cristo, Figlio di Dio e sugli infiniti meriti di Lui, dei quali è fatto partecipe per mezzo dei divini Misteri. Conta sui preziosi doni offerti dalla mano del sacerdote alla divina bontà e sulla preghiera fatta, per la sua salute, dal Verbo. Noi possiamo, vogliamo e dobbiamo conside­rare questi commoventi motivi come i fondamenti della nostra speranza; speranza che potremmo prendere per una chimera se non ci fosse la rivelazione divina che ne allontana i dubbi. Infat­ti, come si potrebbe ammettere, con la sola luce della ragione, che Dio abbia stabilito, in favore del genere umano, una tale sorgente di misericordia? Così parlano quei Padri che con que­sto mezzo si sono preparati alla morte.

San Teodoro Studite, fervente difensore della fede cat­tolica del IX secolo, fu colpito da una malattia mortale. Sul punto di spirare domandò a Dio, come grazia suprema, di permetter­gli di celebrare un'altra volta i santi Misteri, per armarsi contro gli ultimi assalti del demonio. Il male diminuì, il santo si alzò e disse la Messa con tanta pietà da commuovere tutti gli astanti che versavano lacrime. Fu questa la sua preparazione, perché, finita la Messa, si rimise a letto e si addormentò dolcemente nel Signore.

Citiamo ancora san Tarasio, patriarca di Costantino­poli, che, nonostante fosse in stato di grandissimo deperimento, non cessò mai di celebrare la santa Messa con ardente amore verso Dio. Incapace di tenersi in piedi, si appoggiava col petto all'altare e continuò così fino all'ultimo giorno della sua vita.

La migliore preparazione alla morte

Molti santi sacerdoti anche oggi hanno la stessa devo­zione, non conoscendo migliore preparazione alla morte che la Messa quotidiana. I secolari, che ne abbiano la facoltà, la fanno dire nel loro oratorio privato o anche nella loro camera, quando vi sono trattenuti da una malattia. Felici quelli che persevere­ranno sino alla fine in una pratica così lodevole, perché dalla virtù soprannaturale di questo ineffabile Sacrificio saranno for­tificati contro gli attacchi del nemico. Il papa san Gregorio assi­cura che "il Sacrificio della Messa salva le anime dall'inferno". "L'elemosina - disse l'Arcangelo Raffaele al giovane Tobia - libera dalla morte, purifica l'anima e fa trovare la misericordia e la vita eterna". A maggior ragione questo versetto si potrebbe applicare ai santi Misteri! Ascoltate la parola di nostro Signore a santa Matilde: "Nell'ora della morte soccorrerò colui che avrà assistito al Sacrificio con assiduità e devozione e manderò ad accompagnarlo in quel tremendo viaggio tanti miei santi, quan­te Messe avrà ascoltato". O Gesù, se ti degnerai di compiere in me questa promessa, ripeterò morendo le parole di David: "Il Signore è il protettore della mia vita, di che avrò paura?". Sì, se manderai in mio soccorso tanti santi quante Messe avrò ascol­tate, metterò in fuga l'intera armata del demonio, perché basta un solo santo per cacciare via tutti gli spiriti infernali. Sii dun­que fedele, o Gesù e non permettere che la mia speranza sia delusa!

Consolata dal ricordo del santo Sacrificio, l'anima che ha lasciato questo mondo, giunge, piena di confidenza, al tribu­nale di Dio. E sapete da chi è circondata quando si presenta davanti al Signore? Non posso descriverlo meglio che citando un fatto narrato da san Bonifacio, arcivescovo di Magonza, in una lettera ad Edelburge, sua sorella in Cristo.

Nell'anno 716, nel monastero dell'abbadessa Milburge, un monaco risuscitato raccontò al santo vescovo che, chiamato al giudizio di Dio, tutti i peccati che aveva commesso gli vennero davanti, uno dopo l'altro, come se fossero esseri viventi. Uno gli diceva: "Sono la vanagloria per la quale hai cercato di innalzarti sul tuo prossimo"; un altro: "Sono la men­zogna nella quale sei caduto"; altri ancora: "Siamo le parole inutili che hai detto, siamo gli sguardi che hai rivolto sopra oggetti proibiti, siamo le distrazioni alle quali ti sei abbando­nato in chiesa e altrove". Tutti questi fantasmi lo accusavano con grida spaventose. Anche i demoni deponevano contro di lui e precisavano i tempi e i luoghi in cui si era reso colpevole. Si fecero poi sentire anche le poche opere buone che aveva compiuto: "Sono l'obbedienza che hai avuto verso i superiori, siamo i digiuni coi quali hai castigato il tuo corpo, siamo le preghiere che hai recitato". Tutte queste voci lo consolavano, mentre gli angeli, dal canto loro, prendevano le sue difese rendendo noto il bene che aveva fatto.

Quanto è successo a questo religioso succederà a voi e a me. I nostri peccati si drizzeranno davanti ai nostri occhi in modo pauroso, ma le nostre buone opere ci rassicureranno e se avremo ascoltato un gran numero di Messe ci appariranno in forma di dolci e meravigliose vergini e per salvarci da ogni spa­vento ci diranno: "Siamo le Messe che hai ascoltato e veniamo ad accompagnarti davanti al giudizio di Dio, per essere tuoi av­vocati e fare da testimoni della tua pietà: diremo quanti peccati hai cancellato, quanti debiti hai pagato. Coraggio, dunque, per­ché ti otterremo grazia". Che consolazione per la nostra anima tremante trovare tanti intercessori!

Ecco ciò che, secondo Rinaldi, successe nel 1241 al pio Nantier; vescovo di Breslau. questo prelato aveva una tale de­vozione per la Messa, che assisteva a tutte quelle celebrate nella cattedrale. Al momento della sua morte una pia donna sentì un dolce canto angelico che credette essere in paradiso. Desideran­do conoscere il significato di quel miracolo, una voce celeste le disse: "L'anima del vescovo Nantier è sul punto di separarsi dal suo corpo per essere portata in Cielo dagli angeli". La donna domandò come avesse meritato questo favore. "Per la sua devo­zione al santo Sacrificio", aggiunse la voce. Quale incoraggia­mento! Il pio sacerdote è arrivato al Cielo, ricolmo di onori, senza aver provato le sofferenze del purgatorio, in grazia del suo amore per la santa Messa. Anche voi potete procurarvi gli stessi vantaggi seguendo il suo esempio e, se non vi è possibile ascolta­re molte Messe, abbiatene almeno il desiderio. E quando, per vostra fortuna, vi assistete, cercate di imitare il suo fervore e Dio, commosso dal vostro buon volere, vi accorderà una fine felice.

CAPITOLO VENTIDUESIMO

LA SANTA MESSA È LA PIÙ GRANDE CONSOLAZIONE DEI DEFUNTI


Soltanto l'esperienza potrà farci capire quel che soffro­no le anime del purgatorio. Uno dei più geniali Padri della Chie­sa, sant'Agostino, espone la sua dottrina,dicendo: "Per essere purificato e ammesso nel numero degli eletti, il condannato è sottoposto ad un fuoco, la cui azione è più penetrante di tutto ciò che si può vedere, sentire e immaginare sulla terra".

Anche se non avessimo altra testimonianza, questa ba­sterebbe per spaventarci. Il santo Dottore si spiega più chiara­mente ancora: "Benché questo fuoco debba salvare coloro che lo subiranno, ciò nonostante è certo che sarà, per loro, più terri­bile di tutte le pene che un uomo possa soffrire quaggiù, non esclusi gli orribili supplizi che hanno sopportato i martiri". Leg­gete nella vita dei santi la descrizione delle torture inflitte ai con­fessori della fede e poi meditate questi due testi.

San Cirillo di Alessandria continua: "Sarebbe meglio soffrire tutti i tormenti possibili fino alla fine del mondo che passare un sol giorno in purgatorio". San Tommaso aggiunge: "Il minimo contatto con questo fuoco è più crudele di tutti i mali della vita". Parole spaventose e quasi incredibili. Come faremo se saremo precipitati in quelle fiamme ardenti? Eppure non ce ne diamo pensiero, perché invece di renderci perfetti per evitarle, viviamo pieni di cattivi desideri e coperti di innumere­voli sozzure.

Potrei citare altri passi dei Padri, ma mi limiterò all'au­torità di san Bernardo e di santa Maddalena de' Pazzi. "Tra il fuoco naturale e quello del purgatorio - dice l'abate di Chiaravalle - esiste la stessa differenza che passa tra l'immagine del fuoco e il fuoco naturale". Santa Maddalena de' Pazzi che aveva visto in visione il purgatorio, dove aveva trovato suo fra­tello, assicura che "il fuoco terrestre, in confronto a quello del purgatorio, è un ameno giardino". Non ho trovato in nessun'al­tra parte paragoni più atti a far risaltare la necessità di espiare i nostri peccati in questo mondo, se vogliamo sfuggire all'espia­zione infinitamente più terribile nell'altro! Queste verità sono molto adatte per svegliare in noi una compassione sincera per quelli che ci hanno preceduti in quella prigione, ma compren­deremmo ancora meglio l'intensità dei loro dolori, se riflettessi­mo che sono le anime che soffrono, perché la sofferenza del­l'anima è infinitamente più viva di quella del corpo. Il fuoco che agisce sul corpo brucia dall'esterno all'interno, mentre quello del purgatorio, invece, ha il suo focolare nell'anima stessa, la brucia in una maniera spirituale e continua.

La S. Messa é il mezzo più salutare per lenire le pene del purgatorio

Ci sono molti mezzi per venire in aiuto delle anime che si trovano nel purgatorio, ma il più salutare di tutti è il santo Sacrificio della Messa, come afferma la Chiesa per mezzo del Concilio di Trento: "Le anime del purgatorio sono soccorse dal suffragio dei fedeli, ma soprattutto dal prezioso Sacrificio del­l'altare". Trecento anni prima il Dottore angelico aveva inse­gnato la stessa dottrina: "questo Sacrificio - scriveva - è il miglior mezzo per liberare presto le anime sofferenti". Alla Mes­sa, il sacerdote e i fedeli, non solo domandano a Dio la grazia per quelle anime, ma gli offrono un riscatto di immenso valore. Quando un debitore non potendo pagare è incarcerato per or­dine del giudice, il rimborso del suo debito, fatto in suo nome da un amico generoso per strapparlo alla severità della legge, sarà mille volte più efficace di tutte le sue raccomandazioni. Le ani­me del purgatorio non sono affatto ribelli a Dio, al quale le ha riconciliate la penitenza e restano in quel luogo di afflizione per purificarsi dalle loro macchie. Se dunque, per compassione, pre­gate per loro e lasciate loro i meriti vostri, soddisfate per loro e abbreviate il loro spaventoso supplizio: "Badate - dice Gesù - di non farvi gettare in prigione, perché non ne uscirete finché non avrete pagato anche l'ultimo centesimo". Notate quanto è se­vero il decreto del Salvatore: rifiuta di rimettere anche un cente­simo all'anima che gli deve mille talenti, ma se ascoltate la Mes­sa per le infelici anime, prigioniere del purgatorio, voi pagate una gran parte del loro debito.

Non si sa in quale misura sono rimesse, dal santo Sa­crificio, le pene del purgatorio: Dio non l'ha rivelato, ma è certo che una Messa, detta per voi finché vivete o ascoltata da voi personalmente, ha più virtù che se venga offerta per voi dopo la vostra morte. E la dottrina di sant'Ambrogio: "Una Messa ascol­tata da una persona in vita vale più, per lei, di molte altre dette dopo la sua morte. "Siete in stato di grazia? Vi preparate un aumento di gloria nel Cielo. Siete reo di peccato mortale? C'è motivo di sperare che Dio vi accordi il beneficio di un sincero pentimento e poiché la vostra ora è decretata e il Signore sa che, se non cambia il suo decreto, cadrete nell'inferno, Egli, per quella Messa forse anticiperà o ritarderà, il momento decisivo, in modo da non chiamarvi al suo Tribunale che riconciliato per mezzo della penitenza.

Le Messe che ascoltate o che fate dire voi stessi, sono preziose anche perché vi accompagneranno davanti al sovrano Giudice, domandando grazia per voi e se non vi preserveranno interamente dal purgatorio, ve ne attenueranno almeno le pene e la durata. Uguali vantaggi però non potranno avere quelle che saranno applicate per voi dopo la vostra morte, perché i meriti di Gesù Cristo riservati allora a quelli che assistono al santo Sa­crificio non sono più applicati direttamente ai defunti, perché l'applicazione in loro favore avviene per via d'intercessione o di suffragio.

L'elemosina, per mezzo della quale fate offrire il santo Sacrificio, è un nuovo titolo davanti alla generosità del Signore: vi private del vostro denaro, lo togliete ai vostri piaceri o ai vo­stri bisogni, mentre dopo la morte incomodate i vostri eredi e si può, dunque, temere che ciò sia gradito a Dio in una misura limitata.

Notate, infine, che il tempo della vita presente è quello della misericordia, mentre il tempo della vita futura è quello della giustizia e quindi potete concludere che una sola Messa ascoltata da voi sulla terra è più efficace di molte ascoltate dagli altri per il riposo dell'anima vostra.

"Come una pagliuzza d'oro ha più valore di una verga di piombo - dice san Bonaventura - così una piccola penitenza volontariamente compiuta in questo mondo è, agli occhi di Dio, preferibile a una grande penitenza imposta dagli altri". Non per questo è meno vero che la santa Messa, detta dopo la vostra morte, ci addolcisce la terribile prova del purgatorio. Soltanto non avendo nessun dato preciso, nessuna rivelazione espressa, non possiamo definire niente. Tutto ciò che sappiamo è che il tempo della purificazione è abbreviato dal santo Sacrificio.

L'amore ai nostri cari defunti trovi la sua manifesta­zione nell'assistenza alla S. Messa

Se la sola possibilità di dare sollievo ai nostri defunti ci spinge ad approfittare di tutti i mezzi messi a nostra disposizio­ne, la certezza di soccorrerli in maggior misura, con la Messa, non deve spingerci a farla applicare alle loro anime, o almeno ad ascoltarla ogni giorno? Chi, dunque, potrebbe dire di amare il prossimo trascurando le anime del purgatorio? D'altra parte chi non ha la carità per gli uomini, non la può avere per Iddio. La vostra non sarebbe vera pietà se trascuraste un'occasione così facile e così frequente di aiutare quelle anime penanti! Eppure la vostra carità per loro non sarà mai troppa! Ecco un fatto, narrato nelle Effemeridi Domenicane, che vi dimostrerà quanto quel­le povere anime hanno bisogno dei vostri assidui suffragi. Il pa­dre di san Luigi, Bertrando, si propose di conservare il celibato e di entrare nei certosini. Ma san Bruno e san Vincenzo gli appar­vero due volte e gli ordinarono di sposarsi. Obbedì e da quel matrimonio nacque Luigi che appena diciassettenne si consa­crò a Dio nell'ordine di san Domenico, contro la volontà dei suoi genitori. Qualche anno dopo suo padre si ammalò grave­mente e il santo si recò al suo capezzale, lo preparò alla morte e considerate le sue ammirabili disposizioni, poté sperare che egli sarebbe andato subito in Cielo. Ma quale fu la sua pena, quan­do, in spirito, lo vide nel purgatorio implorante il suo soccorso! Lo spettacolo compassionevole del caro genitore non si dilegua­va mai dal suo sguardo, né poteva dimenticare il suono dei suoi lamenti, per cui ne fu così afflitto che alla fine si ammalò. Bramando di dare sollievo a quell'anima si impose aspre peni­tenze, digiunando ogni giorno a pane ed acqua e flagellando tutte le notti la sua carne. Celebrava la santa Messa con la mag­gior frequenza possibile e associava i confratelli alle sue preghie­re, manifestando loro le sue angosce filiali e invocava col cuore incessantemente il buon Dio, la cui giustizia non riusciva a di­sarmare. Dopo circa otto anni di sofferenze l'anima del padre, finalmente liberata, apparve di nuovo al figlio per ringraziarlo del bene che gli aveva fatto e gli dichiarò che senza il suo soccor­so avrebbe sofferto ancora lunghi anni. Questa storia di un uomo virtuosissimo, favorito da celesti apparizioni, così lungamente tormentato in purgatorio e destinato, senza le preghiere e le mortificazioni del figlio a restarci ancora di più, deve spaventar­ci per l'avvenire che ci attende. Ma ci deve anche incitare all'ar­dente e continua preghiera per i nostri defunti, allontanando da noi l'illusione che essi siano già nel Cielo. Se non potete far cele­brare la Messa, almeno ascoltatela ed esortate i vostri amici ad ascoltarla per loro. Ecco il consiglio che dette Tamberino ad una povera vedova che si lamentava di non poter far dire una Messa per suo marito: “Ascoltatene molte ed offritele a Dio, per­ché il vostro sposo riceverà forse più sollievo da una Messa ascol­tata da voi che da una fatta celebrare a vostra richiesta e alla quale non foste intervenuta”. Il Gobat approva questo consiglio che anche a me sembra buono e perciò lo do a tutte le persone che sono in strettezze finanziarie, come quella povera donna. Certo quando fate dire la Messa disponete di un maggior tesoro di grazie di quando vi assistete semplicemente, ma non è meno vero che con una fervorosa preghiera fatta durante il santo Sa­crificio, voi potete ottenere molto e procurare ai vostri cari mor­ti un grande sollievo. Oh! Se potessimo contemplare l'immenso torrente di grazie che scaturisce dall'altare, ne resteremmo alta­mente meravigliati! E se si aprissero ai nostri sguardi le tenebro­se volte del purgatorio, mentre si riversano sulle anime in pena quelle acque refrigeranti, comprenderemmo quanto le consola il nostro zelo e forse le vedremmo uscire dal luogo del supplizio per avviarsi alla felicità eterna.

O voi tutti che dite o ascoltate la Messa per quelle pie anime, fatelo con tutto il cuore, con tutta la vostra pietà, poi­ché i vostri meriti sono gli unici benefici che potete procurare loro.

Apriamo le porte del purgatorio

Ricordatevi che la misura del vostro fervore o della vostra tiepidezza, può aumentare o diminuire il soccorso atteso impazientemente da quelle anime in mezzo alle fiamme.

Il Sangue prezioso, offerto per loro durante la santa Messa, è il miglior mezzo per sollevarle. Il libro del Levitico ci dà una commovente prova di questa verità: "Vi ho dato questo san­gue - dice il Signore - affinché vi serva sull'altare per l'espiazio­ne delle anime e sia rimedio per l'anima vostra". Scrive san Tommaso: "qui il profeta annuncia che il Sacrificio dell'Euca­ristia servirà alle anime del purgatorio. Infatti se Dio aveva dato ai giudei il sangue degli animali per offrirlo sull'altare in espia­zione dei loro peccati, è evidente che il sangue di Gesù Cristo ci è stato dato per lo stesso fine; e se il sangue degli animali purifi­cava le anime, quanta maggiore efficacia deve avere quello del Salvatore, dal quale, perciò, possiamo aspettarci grandi vantag­gi per i nostri fratelli".

Queste sacre onde, nella loro prima effusione hanno liberato tutti gli schiavi, come insegna Zaccaria: "Hai aperto le porte delle oscure prigioni mediante il sangue della tua allean­za", e questa benefica azione continua, ogni giorno, nella Messa. Insisto, dicendo che il malato divorato da una febbre ardente non sarà mai tanto refrigerato da un bicchiere d'acqua quanto le anime sulle quali scorre, in una maniera mistica, il prezioso Sangue di Gesù Cristo.

Quando il beato Enrico Susone, sacerdote dell'ordine dei padri predicatori, studiava a Colonia, fece un patto con un suo amico religioso, stabilendo che chi dei due fosse sopravvis­suto all'altro avrebbe detto una Messa per il defunto, il lunedì e il venerdì di ogni settimana. Essendo morto prima il suo amico, frate Enrico adempì da principio al suo impegno, ma poi lo tra­scurò. L'amico gli apparve molte volte e gemendo gli rimprove­rò di non aver mantenuto la promessa. Frate Enrico allora l'as­sicurò che non l'avrebbe dimenticato mai nelle sue preghiere. "questo non basta - soggiunse il morto - sono le Messe che mi servono. Soltanto il Sangue di Gesù Cristo può estinguere le fiamme che mi divorano". Il beato gli promise nuovamente di celebrare per lui. Infatti lo fece e quell'anima tornò a ringra­ziarlo per averla liberata dal purgatorio. Se le preghiere del beato Enrico furono insufficienti per liberare quell'anima che diremo delle nostre che sono così aride e così distratte? Nel san­to Sacrificio le nostre preghiere, unite a quelle del sacerdote, acquisteranno una potenza considerevole.

Prima di chiudere questo capitolo seguiamo le parole della liturgia di san Giacomo che ci incoraggiano ad essere ze­lanti: "Le anime del purgatorio non soffrono nel tempo in cui il santo Sacrificio è offerto per loro". San Gregorio dice la stessa cosa: "Le pene dei defunti sono sospese o diminuite durante il tempo della Messa applicata per loro o quando il celebrante le raccomanda particolarmente".

Che ammirabile insegnamento è questo! Dottrina con­solante che ci mostra come il Sangue di Gesù Cristo temperi l'ardore delle fiamme divoratrici, quando non preserva total­mente, le anime per le quali è offerto, dal loro supplizio.

CAPITOLO VENTITREESIMO

LE PREGHIERE DEL SACERDOTE PER QUELLI CHE ASCOLTANO LA MESSA


Spesso vi lamentate della mancanza di fervore e di essere costantemente distratti da pensieri estranei. Non saprei darvi miglior consiglio che di andare alla Messa e unire le vo­stre deboli preghiere a quelle del Salvatore e del sacerdote. Perché, come il rame guadagna in valore se fuso con l'oro, così la vostra preghiera, volgare e comune per se stessa, acquisterà in questo modo una nobiltà ed un valore inestimabile. «La preghiera fatta durante la santa Messa in unione col sacerdote - dice Fornero - è più eccellente di tutte le altre per quanto lunghe e fervorose». questa è la commovente verità che io esporrò in questo capitolo.

Significato e valore dell'assistenza liturgica alla Mes­sa

Il sacerdote all'altare non può sottrarsi all'obbligo di pregare per tutti i presenti, poiché le formule delle quali si serve sono nel messale e nessun pretesto può autorizzarlo ad ometter­le. Così ad esempio, l'orazione all'inizio della Messa e le altre chiamate Collette, quella recitata a voce bassa detta Segreta e l'ul­tima, il Postcommunio, sono recitate per coloro che assistono al santo Sacrificio e ciascuno ottiene tante grazie come se fosse solo in chiesa con il sacerdote.

Per farvi comprendere meglio il significato delle pre­ghiere della Messa spiegherò brevemente il loro contenuto.

All'inizio della Messa, dopo che il chierico, a nome dei fedeli, ha recitato il Confiteor, il sacerdote pronuncia una preghie­ra di assoluzione: «Che Iddio onnipotente abbia pietà di voi e, perdonati i vostri peccati, vi conduca alla vita eterna!». Il chieri­co risponde: «Così sia». Il sacerdote prosegue: «Che il Signore onnipotente e misericordioso ci conceda il perdono, l'assoluzio­ne e la remissione dei nostri peccati». «Così sia», risponde un'al­tra volta il chierico. Salendo l'altare il sacerdote prega per sé e per le persone presenti: «Noi vi supplichiamo, o Signore, di can­cellare e distruggere le nostre iniquità, affinché ci accostiamo al Santo dei Santi con il cuore e la mente interamente puri».

Al Kyrie eleison, che è un grido d'impetrazione verso il Cielo, al Gloria in excelsis, come alla prima orazione, parla in nome suo e vostro. Il Dominus vobiscum, pio saluto che una volta si scam­biavano gli angeli e gli uomini, come si legge nella storia di Ruth e di Giuditta, è rivolto ai fedeli riuniti intorno all'altare; il sacer­dote augura al popolo di stare con Dio e il popolo gli risponde con lo stesso voto: Et cum spiritu tuo. Il sacerdote ed i fedeli sono così uniti in Dio ed è naturale che il primo preghi per i secondi tutte le volte che ripete il Dominus vobiscum.

Come rappresentante dei fedeli, al Credo fa professio­ne della fede cattolica, nella quale tutti desideriamo vivere e morire.

All'oblazione del pane dice: «Ricevi, o Padre santo, Dio eterno ed onnipotente, quest'Ostia senza macchia la quale, in­degno di tale ministero, io offro a Te, Dio vivo e vero, in espia­zione dei miei peccati, delle mie offese, delle mie innumerevoli negligenze: io Te l'offro ugualmente per tutti i presenti ed anche per tutti i fedeli cristiani, vivi e morti, affinché serva ad essi e a me per la salute eterna. Così sia».

Nel mettere il vino e l'acqua nel calice dice: «O Dio, che per mirabile effetto della tua potenza, hai creato l'uomo perfetto in sommo grado e che per un prodigio di bontà anche più stupendo ti sei degnato di riformarne la natura, concedici di partecipare per il mistero di questa acqua e di questo vino alla divinità di Gesù Cristo, tuo Figliolo, il quale si è degnato rive­stirsi della nostra umanità e che essendo Dio, vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Così sia».

All'oblazione del calice: «Noi ti offriamo, o Signore, il ca­lice della salute, scongiurando la tua bontà di farlo giungere quale profumo di gradito odore sino al trono della tua divina maestà, per la nostra salvezza e quella di tutto il mondo. Così sia».

Dopo il Lavabo si inchina in mezzo all'altare e dice: «Ricevi, o Santa Trinità, l'oblazione che noi ti presentiamo in memoria della Passione, della Resurrezione e dell'Ascensione di Gesù Cristo nostro Signore ed in onore della beata Maria Ver­gine, di san Giovanni Battista, degli apostoli san Pietro e san Paolo, dei santi dei quali si trovano qui le reliquie e di tutti gli altri santi, affinché sia ad essi di gloria e a noi di salvezza e che quelli dei quali onoriamo la memoria sulla terra si degnino in­tercedere per noi nel Cielo. Per lo stesso Gesù Cristo nostro Si­gnore. Così sia!». Viene poi la Segreta, orazione misteriosa che il sacerdote dice, per il popolo, a bassa voce. Nelle ferie, nelle feste di rito semplice o semidoppio, ce ne sono tre, qualche volta cin­que, mentre nelle feste di rito doppio ce n'è una sola. Al Prefazio, che cambia secondo i tempi e le solennità, il sacerdote loda Dio, a voce alta, a nome suo e del popolo. Questo canto esprime la più sublime lode che voce umana possa mai far sentire, unita ad una musica grave e maestosa. Ecco il testo ordinario: «Il Signo­re sia con voi. E con il tuo spirito. Elevate i vostri cuori. Li innal­ziamo verso il Signore. Rendiamo grazie al Signore nostro Id­dio. È’ giusto e degno farlo. E’ veramente degno e giusto, conve­niente e salutare, rendere grazie, in tutti i tempi ed in tutti i luoghi, al Signore santo, Padre onnipotente, Dio eterno, per Gesù Cristo nostro Signore, mediante il quale gli angeli lodano la tua Maestà suprema, le Dominazioni l'adorano e le Potestà la te­mono e la rispettano e i Cieli, le Virtù celesti e le beate schiere dei Serafini uniti nell'esultanza la celebrano. Concedi, o Signo­re, che le nostre voci si uniscano a quelle degli spiriti beati, per cantare con essi dinanzi a te prostrati: Santo, Santo, Santo è il Signore, Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nel più alto dei cieli. Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli».

A questo punto comincia il Canone, parte della Messa che si dice a voce bassa e della quale citerò soltanto quelle paro­le designate sotto il nome di Memento dei vivi: «Ricordati, o Si­gnore, dei tuoi servi e delle tue serve N. N. (qui il sacerdote rac­comanda a Dio coloro per i quali vuole pregare particolarmen­te) e di tutti coloro che sono qui presenti, di cui conosci la fede e la pietà, a favore dei quali noi ti offriamo questo Sacrificio di lode, o che essi stessi te l'offrono per loro medesimi o per quelli che ad essi appartengono, per la Redenzione delle loro anime, per la speranza della loro salute e della loro incolumità e per tributarti i loro voti come al Dio eterno, vivo e vero».

«Imparate da queste parole - dice un pio autore - a non desolarvi se siete troppo povero per far celebrare una Mes­sa, perché quella che ascoltate è offerta dal sacerdote secondo la vostra intenzione. Il sacerdote applica i meriti del suo Sacrificio a voi e ai vostri, secondo la grandezza della vostra fede e dei vostri desideri».

Dopo il Memento il sacerdote aggiunge: «Essendo uniti in comunione con tutta la tua Chiesa, noi onoriamo la memo­ria innanzitutto della gloriosa Vergine Maria, Madre del no­stro Dio e Signore Gesù Cristo, e quindi dei beati apostoli e martiri Pietro, Paolo ecc., per i meriti e le preghiere dei quali noi ti supplichiamo di concederci in tutte le cose il sussidio della tua protezione. Per lo stesso Gesù Cristo nostro Signore. Così sia».

Con le mani distese sull'Ostia dice: «Noi ti supplichia­mo, dunque, o Signore, di accogliere favorevolmente l'omaggio della nostra servitù, che ti rendiamo con questa offerta, che è ugualmente l'offerta di tutta la Chiesa: donaci, durante questa vita mortale, la pace che viene da te, salvaci dall'eterna danna­zione e mettici nel numero dei tuoi eletti. Per Gesù Cristo Si­gnore nostro. Così sia».

Dopo l'elevazione del calice: «Perciò, o Signore, noi tuoi servi e con noi il santo tuo popolo, in memoria della Passio­ne del tuo Figliolo Gesù Cristo nostro Signore, della sua glorio­sa Risurrezione, della sua Ascensione al Cielo, offriamo alla tua incomparabile maestà questo dono, il quale è io stesso che ab­biamo da Te ricevuto, l'Ostia + pura, l'Ostia + santa, l'Ostia + senza macchia, il pane + sacro della vita che non avrà mai fine ed il calice + di salute perpetua. Degnati, o Signore, di guardare con occhio benigno l'offerta che ti facciamo di questo Sacrificio, di questa Ostia senza macchia. Degnati accettarla nel modo stesso con cui accogliesti i doni del tuo giusto servo Abele, il sacrificio del tuo patriarca Abramo e quello di Melchisedech, tuo gran sacerdote».

Poi, profondamente inchinato dice: «Noi ti supplichia­mo, o Dio onnipotente, di ordinare che questi doni vengano dal tuo santo Angelo portati al tuo sublime altare in presenza della tua divina maestà, affinché, partecipando a questo altare, rice­veremo il + Corpo santissimo e il + Sangue del tuo Figlio e veniamo ricolmati di tutte le benedizioni e di tutte le grazie del cielo. Per Gesù Cristo nostro Signore. Così sia».

Al Memento dei morti prega per le anime per le quali dice la Messa e per tutte quelle che sono state raccomandate partico­larmente alle sue preghiere. Poi continua: «Anche noi peccato­ri, che speriamo nella tua misericordia infinita, degnati di chia­mare ugualmente a parte della celeste eredità, con i tuoi santi apostoli e martiri e con tutti i tuoi santi. Degnati ammetterci nella loro società, non avendo riguardo ai nostri meriti, ma usan­do, per la nostra salvezza, l'incomparabile tua indulgenza. Per Gesù Cristo nostro Signore».

Dice allora il Pater noster per sé e per tutti i cristiani e aggiunge: «Liberaci, o Signore, da tutti i mali passati, presenti e futuri e per l'intercessione della beata Maria sempre Vergine, Madre di Dio, e dei beati apostoli Pietro, Paolo, Andrea e di tutti i santi, degnati di farci godere la pace durante il corso della nostra vita mortale, affinché sorretti dal soccorso della divina misericordia, non siamo mai soggetti al peccato, né agitati da alcun turbamento d'animo. Per lo stesso Gesù Cristo nostro Si­gnore».

Dice tre volte l'Agnus Dei: «Agnello di Dio che cancelli i peccati del mondo abbi pietà di noi». Fa per sé la preghiera che segue, ma recita l'orazione che accompagna le abluzioni per sé e per l'intera assemblea dei fedeli e termina dicendo: «Accogli favorevolmente, o Santissima Trinità, l'omaggio e la confessio­ne della mia perfetta dipendenza; degnati di accettare, quan­tunque ne fossi indegno, il Sacrificio che ho offerto alla tua divi­na Maestà e per la tua misericordia, fa che esso sia di beneficio a me e a tutti coloro per i quali l'ho offerto. Per Gesù Cristo nostro Signore». Benedice i fedeli e alla fine legge il Vangelo secondo san Giovanni.

Efficacia della nostra preghiera in unione col sacerdote

Queste preghiere hanno una grande efficacia perché sono state ispirate dallo Spirito Santo e quindi, assistendo alla santa Messa, vi assicurate un gran bene per le vostre anime. Il sacerdote non le dice in suo nome, ma in nome del Salvatore e in rappresentanza di tutta la Chiesa. La Chiesa, lo manda all'al­tare come suo deputato, l'incarica di presentare le sue suppliche a Dio e di intercedere presso di Lui per i nostri interessi spiritua­li e temporali, per la salute di tutti gli uomini e per la liberazione delle anime del purgatorio.

Quando il sacerdote è all'altare non è più, agli occhi di Dio, un peccatore, ma un potente ambasciatore della sua Chie­sa, dotato dei poteri del suo caro Figlio, del quale fa le veci, del quale porta gli indumenti e in nome del quale pronuncia le pa­role della Consacrazione: «Questo è il mio Corpo, questo è il calice del mio Sangue». Agli occhi di Dio la sua preghiera con­tinua ha lo stesso valore che avrebbe se uscisse dalle labbra del Salvatore stesso e il dono che offre è un gioiello di un valore infinito, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, per cui l'eterno Padre non può respingere un'offerta così preziosa, né rifiutarsi di esaudire il donatore. Dunque il mezzo migliore per aumenta­re la dignità e la nobiltà della vostra preghiera è di unirla a quel­la del sacerdote, con l'aiuto del quale voi otterrete quanto con il solo vostro fervore non avreste mai conseguito. Il sacerdote non solamente prega per voi, ma sopra di voi, cioè tutte le sue pre­ghiere contengono in se stesse la potenza della benedizione.

Se la benedizione, per sua natura, ha tanta forza, quanta di più ne acquisterà unita al santo Sacrificio? Molte orazioni e due passi del Vangelo sono detti per voi. Alla fine della Messa, il sacerdote alza la mano per benedirvi un'ultima volta, perché la sua benedizione vi preservi da ogni male e nel corso della gior­nata vi siano concesse le grazie del Cielo.

A questo punto sorge spontanea una domanda: le Messe sono tutte buone lo stesso? Prima di rispondere è necessario di­stinguere fra il Sacrificio e la pietà del sacrificatore. Se doman­date se il Sacrificio offerto da un buono o da un cattivo sacerdo­te è ugualmente buono, rispondo di sì. Così è ugualmente buo­no il Battesimo conferito da un peccatore o da un giusto, da un fedele o da un infedele, da un eretico o da un cattolico, purché la forma sia applicata alla materia e il ministro abbia l'intenzio­ne di fare quello che fa la Chiesa. Il Sacrificio dell'altare è sem­pre ugualmente salutare quando il sacerdote osserva le parole e le cerimonie essenziali. Se avete un'intenzione da applicare non c'è da esitare sulla scelta del celebrante, perché tutti offriranno lo stesso Sacrificio ugualmente santo ed ugualmente efficace e la Messa del più virtuoso sacerdote non è migliore di quella del più indegno, come ho affermato più sopra servendomi del­l'espressione latina: ex opere operato.

Se domandate, invece, se l'oblazione del Sacrificio è sempre ugualmente pia, ugualmente edificante, rispondo di no. Il ministro del santo Sacrificio sa, per esperienza, che una volta è raccolto, un'altra volta distratto, un giorno fervoroso e arden­te, l'indomani freddo e perciò esorta spesso se stesso alla pietà e dopo l'Offertorio, quando si è lavato le mani per manifestare il desiderio che ha di essere interamente puro, si rivolge al popolo con questa preghiera supplichevole: Orate ftatres... «O miei fra­telli - sembra dire - ho da compiere un'opera così grande che sento di non aver forza sufficiente. Vi scongiuro di non distrarvi e di aiutarmi tutti ad offrire questo Sacrificio che è mio, come vostro. Se il mio ministero sarà adempiuto convenientemente, il vostro profitto sarà maggiore, perché sarà più viva la vostra pie­tà, ma se al contrario sarà adempiuto male, ne ritrarrete minor vantaggio». Con ragione pertanto si assiste più volentieri alla Messa di un sacerdote pio anziché a quella di uno che dice Mes­sa con distrazione.

Vi rammento, però, che facendo certe distinzioni si può peccare di giudizio temerario e offendendo la carità, tanto necessa­ria, privarsi di una parte del frutto del santo Sacrificio. Del resto in questa eccessiva ricercavi affatichereste invano: il sacerdote più pio non è del tutto libero dalle distrazioni e perciò bisognerebbe sce­gliere non soltanto fra gli uomini, ma anche fra i giorni e le ore.

Un parroco era stato per lunghi anni l'edificazione dei suoi parrocchiani per la devozione con la quale celebrava la Messa, dove gustava dolcezze e consolazioni ineffabili. Un gior­no avvenne che il gregge di un suo vicino danneggiò il suo rac­colto. Dapprima egli pregò amichevolmente il padrone di vigi­lare meglio il gregge, ma non avendo ottenuto nulla, uccise uno dei dannosi animali e lo tenne a titolo d'indennizzo. Considerò questo un compenso per il danno sofferto e non pensava di aver commesso un'ingiustizia. Così, senza scrupolo, salì all'altare, ma, cosa strana, non si sentiva più lo stesso: si sentiva freddo, insen­sibile, come morto alla pietà. Una pia persona privilegiata da Dio, con grazie speciali, durante la Messa di questo parroco, notò il cambiamento che si era operato in lui e provò in sé la stessa indifferenza, lo stesso stordimento, la stessa freddezza. Ne fu turbata e recatasi da lui confidò la sua pena. Il parroco com­prese allora che la sua condotta era la causa della sospensione delle solite grazie e si riconciliò col suo nemico.

Come vedete, dunque, le Messe celebrate anche da sa­cerdoti fervorosi sono talora differenti le une dalle altre. Così insegna il papa Alessandro: «Più i sacerdoti sono degni e più sono ascoltate le loro preghiere». Dal canto suo san Bonaventura dice: «Tutte le Messe sono ugualmente buone per ciò che con­cerne il Salvatore, ma per ciò che concerne il celebrante posso­no essere migliori e meno buone. Quindi, per la propria devo­zione è meglio ascoltare la Messa di un sacerdote virtuoso che quella di uno cattivo». Il cardinal Bona va ancora più oltre di­cendo: «Quanto più il sacerdote è santo e gradito a Dio, tanto più favorevolmente sono ricevute le sue preghiere e il suo Sacri­ficio». In una parola avviene della Messa come delle altre opere buone: è tanto più meritoria quanto più si celebra con fervore e zelo.

Partecipazione degli angeli al Santo Sacrificio

Per farvi conoscere un'altra sorgente di grazie, vi dirò che alle preghiere del sacerdote per voi si uniscono anche le preghiere degli angeli, perché è certo che anche essi sono pre­senti alla Messa. Il salmista ce lo fa intendere nel seguente ver­setto: «Ha comandato ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie». Questi celesti spiriti che non ci lasciano mai, come potreb­bero permettere che andassimo soli al santo Sacrificio? Oh! Non solamente ci accompagnano, ma si rallegrano delle nostre fer­venti disposizioni e fanno di tutto per preservarci dalle sugge­stioni del demonio che ruggisce intorno a noi per distrarci. E poiché alla Messa ci sono per lo meno tanti angeli quante sono le persone che vi assistono, perché ognuno ha il suo, pregate il vostro di prendere parte con voi e per voi ai santi Misteri, di adorare il Salvatore e di supplicarlo in vostro favore. Commosso dalla sua preghiera, Gesù stesso supplirà alla vostra deficienza.

Gli angeli sono disposti attorno all'altare e a questo al­ludono le parole del sacerdote dopo la Consacrazione: «Ti sup­plichiamo, o Dio onnipotente, di ordinare che questa offerta sia portata davanti alla tua sublime Maestà, per le mani del tuo santo angelo». Quando il Re degli angeli è presente personal­mente e compie sull'altare l'opera più alta della sua potenza è naturale che anche i suoi ministri siano presenti per rendergli onore.

A conferma di questo ascoltiamo le parole di san Pao­lo: «Vi siete avvicinati alla montagna di Sion... alla turba innu­merevole degli angeli... e a Gesù, mediatore della nuova Alle­anza». Questo testo è ben appropriato alla santa Messa nella quale il Salvatore compie la più alta funzione del suo ministero di mediatore. Dunque potete dire con David: «In presenza degli angeli, o mio Dio, canterò le tue lodi, ti adorerò nel tuo tempio ed esalterò il tuo santo Nome». Inginocchiatevi in mezzo a questi puri spiriti che vi circondano, ascoltano la Messa con voi e pre­gano ardentemente per voi. Pensate che siete in mezzo ai Che­rubini e ai Serafini e fate che il vostro contegno, lungi dal rattri­starli, sia per loro causa di gaudio.

San Giovanni Crisostomo insegna chiaramente che gli angeli pregano per noi: «Quando il sacerdote celebra il sublime e augusto Sacrificio della Messa, gli angeli stanno vicino a lui e il coro degli spiriti celesti intona un cantico di lode in onore di Colui che si immola». E altrove: «In quel momento, non sol­tanto gli uomini sono prostrati in ginocchio davanti a Dio, ma anche gli angeli e gli arcangeli. È il tempo per noi propizio: il santo Sacrificio è a disposizione di quelle intelligenze celesti, esse lo sanno e intercedono per noi. Signore, esclamano, ti preghia­mo per coloro che il tuo Figliolo ha tanto amato da morire in Croce per loro e ai quali ha dato il suo Corpo e il suo Sangue». Ardenti d'amore per quel Dio che contemplano faccia a faccia, la loro preghiera è più efficace della nostra ed ottengono mille volte più di noi. Se durante la Messa unite le vostre suppliche alle loro, sarete esauditi più sicuramente che se avrete pregato da solo in casa vostra. Attorno all'altare gli angeli non solo sono presenti, ma offrono anche il Sacrificio e le nostre preghiere a Dio onnipotente. Ne abbiamo una prova in queste parole di san Giovanni: «Un angelo stava vicino all'altare del tempio, con un turibolo d'oro in mano. Gli fu data una grande quantità di pro­fumi affinché offrisse le preghiere di tutti i santi sull'altare che è davanti al trono di Dio». Gli angeli raccolgono dunque le vo­stre preghiere per offrirle al Signore, come un soave profumo. Infatti, per qual ragione l'angelo starebbe vicino all'altare se non vi fosse immolata la vittima? Perché poserebbe su di esso le pre­ghiere dei santi se non per offrirle contemporaneamente alla Messa?

Concludo: la preghiera fatta durante la Messa è più efficace di tutte le altre. Di conseguenza, fate il possibile per assistere ogni giorno a questo adorabile Sacrificio: unitevi agli angeli, incaricateli di supplire, con il loro fervore alla vostra in­differenza ed essi porteranno i vostri voti fino al Cielo.