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15 - PROFETA DEI TEMPI NUOVI

Profeta della speranza


Ci fu chi definì Don Carlo un "profeta dei tempi nuovi". E non a torto. Fu infatti il testimone della speranza che illumina il presente con la luce del futuro.

«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» interroga il Signore (Isaia 43,19).

Don Carlo sapeva accorgersi dell'azione spesso sotterranea di Dio nel preparare «cieli nuovi e terra nuova» nei quali «Dio sarà tutto in tutti ». Affondava lo sguardo, la mente e il cuore nel futuro di Dio, impegnando tutte le forze per realizzare il piano escatologico del Padre.

S.E. il Cardinal Corrado Ursi che ritiene "un dono l'averlo cono­sciuto e averlo incardinato nella sua diocesi", dice di lui: «Fu il pro­feta della speranza ». E afferma: « Sento di amare veramente il Gam da lui iniziato, anche perché c'è un motivo di ordine universale... Penso infatti che verso il 20001a parte che avranno i giovani sarà preponde­rante nella Chiesa, come anche nella società. Credo che Dio, appunto per rinnovare il mondo, darà la voce ai fanciulli, come ha detto il Si­gnore che i fanciulli sono quelli che hanno in mano il segreto del Re­gno di Dio. Siccome ho visto quale portento opera il Gam - ho avuto infatti delle esperienze magnifiche di questi giovani, sia fanciulli che giovani - ecco perché io sono molto entusiasta di questo Movimento.

Ebbi la fortuna di conoscere Don Carlo: la sua cultura portento­sa, una cultura che pochi hanno scoperto; poi una spiritualità straor­dinaria: ma specialmente una carica di gioia veramente poderosa. Ho avuto modo di comprendere questo fenomeno del Gam e quando in­contro questi ragazzi - ne ho incontrati parecchi - li vedo proprio trasfigurati nella loro fede, nella loro bontà, quindi anche nel loro canto...

Vedrete che cose meravigliose opererà la Madonna per il rinnova­mento del mondo ».



La nuova era e i giovani

«L'evangelizzazione - diceva Don Carlo - è la missione della gioventù che prepara la nuova era che verrà, un'era stupenda. Le te­nebre stanno calando, però la luce rimarrà sempre nei pochi, nel pic­colo resto che preparerà questa fioritura, questa primavera meravigliosa della Chiesa. Tocca ai giovani preparare la civiltà dell'Amore, questo mondo nuovo in cui «saranno tutti istruiti da Dio» (Gv 6,45). Sarà un'epoca di una fioritura meravigliosa d'amore; sarà una splendida Pentecoste, quale mai è stata immaginata. Dopo la bufera, sarà la Pen­tecoste nuova. E in S. Pietro a Roma si farà la consacrazione del mondo allo Spirito Santo. Sarà un incendio di amore.

Saranno i giovani a preparare la massa dei cristiani che verranno dopo, la grande massa dei cristiani del Regno del Figlio dell'uomo. E sarà una cosa mai vista. Vi sarà il dominio della Parola di Dio e alla fine dei tempi, quando la storia chiuderà e comincerà la grande eternità per sempre, Gesù consegnerà il suo Regno al Padre. Sarà al­lora il Regno di Dio e tutto l'universo sarà trasfigurato».



Un giorno di meno per arrivare a Casa

Scrive Don P., un Sacerdote che lo incontrò più volte: « Il cuore di Don Carlo era grande e immenso ed il suo respiro profetico andava al di là del tempo presente, con il desiderio di costruire la Primavera della Chiesa post-conciliare.

Don Carlo sapeva fare innamorare i giovani del Vangelo e sapeva parlare con grande forza di persuasione del Paradiso e della vita eterna. Quando parlava della vita eterna, le sue parole nella loro semplici­tà si imprimevano nel cuore con grande forza di convinzione, al pun­to quasi da far vedere e toccare quelle realtà invisibili e misteriose che venivano desiderate ed amate. "Oggi è un giorno di meno per arriva­re a Casa": era la sua notizia principale del giorno ».



Dopo la purificazione della Chiesa

Alle Comunità religiose diceva: « Vedrete, dopo la purificazione della Chiesa, che fioritura di vocazioni! Vocazioni fiorenti, giovanis­sime, splendenti, dei fiori verginalissimi. Le susciterà lo Spirito Santo. Intanto coltivate l'umiltà e la carità, per attirarne tante. Preparate la comunità ad accoglierle amando tanto la Parola di Dio. Conservare la Parola come il Cuore Immacolato di Maria, è un segreto per attirare le vocazioni, perché saranno giovani in cui il Ce­nacolo è determinante: la Parola di Dio sarà il respiro di quelle anime e la vita trinitaria in loro sarà meravigliosa ».

Sottolineava sempre l'azione dell'Immacolata nel preparare i tem­pi nuovi. « È Lei che attira lo Spirito Santo sul mondo - diceva -. E come ha preceduto Gesù nella sua prima venuta, così ora lo precede e ne prepara la seconda, il Regno del Figlio dell'uomo sulla terra che coinciderà con un ardente amore eucaristico. È l'ora della Donna ve­stita di Sole ».

E riportava il pensiero di S. Luigi M. Grignion De Montfort, un apostolo degli ultimi tempi: « Se Gesù verrà una seconda volta sulla terra, come è certo, per regnarvi, non sceglierà altra strada che la di­vina Maria... » (Trattato n. 50).

E ancora: « Quando le anime respireranno Maria come i corpi l'a­ria? In quel tempo accadranno cose meravigliose sulla terra dove lo Spirito Santo, trovando la sua cara Sposa riprodotta nelle anime, ope­rerà meraviglie di grazia » (Tr. n. 217).

Queste "meraviglie di grazia" Don Carlo le intravedeva già e di­ceva che il trionfo del Cuore Immacolato di Maria era già in atto, per tutto questo risveglio di fede, di Parola di Dio, d'amore eucaristico e mariano.

«Tante realtà di cui oggi ci sono i primi segni, Don Carlo come profeta le aveva già dette a suo tempo - attesta il Signor S., papà di una giovane Gam -. È il tempo della Donna vestita di Sole. Anche oggi nelle apparizioni di cui si parla, in Jugoslavia, dappertutto, la Madonna è vista sotto quel segno. La Madonna della Pace poi è l'im­magine della Madonna che Don Carlo diffondeva. Tutto quello che lui aveva detto inizia già a realizzarsi. Sta nascendo infatti una gio­ventù nuova, meravigliosa, la gioventù della Mamma Celeste. Non tutti lo avvertono, come diceva Don Carlo: « Fa più chiasso un albero che cade, che una foresta che cresce ».

Mi entusiasmava tanto, perché aveva un dono tutto particolare nel­l'aprirci alla speranza».

Don M., parroco di A. e promotore di Radio-Maria, attesta che

alcuni anni prima del suo ritorno al Padre, Don Carlo gli disse che la Madonna sarebbe apparsa in Jugoslavia.



Guardava al traguardo: il Cielo

Era sempre così ottimista, irradiando fiducia e gioia, perché guar­dava sempre al traguardo finale, al Cielo.

Fu l'apostolo del Cielo. Le realtà future, soprattutto il Paradiso, erano una nota dominante del suo annuncio. « Il Cielo - diceva - è l'anelito ascensionale di ogni uomo. Ecco il cielo: contemplare la Gloria di Gesù. La Gloria è la divinità, la bellezza, l'amore. Dio è Amo­re, Dio è musica, Dio è gioia, è perfezione, luce, verità... Dio è tutto. È una realtà che ci invaderà l'anima e ci trasformerà: saremo lievitati da Dio. Adesso non possiamo capire; ci supera enormemente.

Non ne abbiamo ancora esperienza, ma fra poco, chi prima, chi dopo, tutti ci andremo. Quella è la Casa. Noi ora siamo in transito; siamo come in una sala d'imbarco all'aeroporto, in attua di salire sul­l'aereo. Tutto è pronto; l'unica cosa che ci è nascosta è l'ora in cui si sbarca. E a che serve allora tutto il resto? Uno lotta per costruire tutto quaggiù, e poi? È una domanda che ci martella dentro. E poi? La Parola di Dio nell'Apocalisse ci spalanca una balconata meravi­gliosa sull'infinito. Ci fa intravedere quello che saremo ». —Al vinci­tore - dice Gesù - darò di prender posto accanto a me sul mio trono, come io dopo la mia vittoria ho preso posto accanto al Padre mio sul suo trono" (Ap 3,21).

« La morte - diceva ancora - non è altro che una porta che si spalanca sull'eternità; un salto tra le braccia del Padre. È un tornare a Casa: «Padre, io vengo a te» pregava Gesù (Gv 17,11)».

«Don Carlo ci ha tolto la paura della morte - commenta la Si­gnora A.M. -. Tutti abbiamo paura della morte, ma quando si in­contra Gesù, attraverso l'annuncio di Don Carlo, questa paura svanisce e prende posto la gioia della nuova nascita, cioè la gioia del Paradiso ».

Dice C., una giovane Gam: « Don Carlo ci ha parlato del Paradi­so, ma descrivendolo proprio come se noi in quel momento lo vedes­simo. Ci faceva veramente vivere il Cielo in anteprima. Tante volte ricorreva all'esempio del traguardo, cioè diceva: come i ciclisti nella corsa hanno il punto morto che riescono a superare guardando lo stri-

scione di arrivo, così è per noi guardando al traguardo finale del Pa­radiso.

Se fosse mancata questa certezza che lui infondeva, penso che non avremmo avuto quella generosità di impegnarci a lavorare per il Re­gno di Dio ».



16 - PADRE, L'ORA È VENUTA (G, 17,1)

Viveva di attesa


Don Carlo non solo parlava del Cielo, ma viveva dell'attesa del Cielo. E si capiva che la sua vita era tutta illuminata da questa realtà, quando diceva: « La nostra vita - come quella di Gesù - è una para­bola racchiusa in queste parole: "Io sono uscito dal Padre e son venu­to nel mondo; adesso lascio il mondo e vado al Padre" (Gv 16,28) ».

« Si intuiva che aveva nostalgia del Cielo - affermano le Suore non vedenti di Torino -; sembrava immerso già nel Paradiso. Atten­deva solo che il filo si spezzasse ». E mancava ormai poco.

Don Carlo sembrava avvertirlo chiaramente e intensificava sia i Cenacoli che il lavoro di stampa. Gli premeva anche di completare i Salmi. Ne aveva già preparati alcuni volumetti in stile Gam per la pre­ghiera dei giovani e del popolo di Dio, «chiamato ad essere - come lui sottolineava - un popolo liturgico, che canta le lodi al Signore». « Vedrete i giovani, come ameranno i Salmi - diceva -. I Salmi so­no tutta Parola di Dio, sono la preghiera di

Gesù e della Chiesa ».

Era felice quando poteva proseguire nel comporne le musiche e i commenti. Diceva con la gioia innocente di un fanciullo: « Quando in passato volevo comporre qualche canto, non usciva niente, non mi veniva proprio! Adesso invece per i Salmi nascono delle musiche così belle... Si vede che è proprio la Mamma a fare. È dono suo ».

Quando, di ritorno dai Cenacoli, lo si invitava a riposare un po', rispondeva sempre: « Dobbiamo lavorare per il Regno di Dio, perché presto si va a Casa ». Queste allusioni alla Casa del Padre diventava­no così frequenti che, anche se parlava al plurale (sfumatura di umil­tà che usava abitualmente per nascondersi e non parlare di sé), si intuiva ormai che lo riguardavano da vicino.



Quanti Natali ancora?

L'ultimo Natale, mentre si trovava con un gruppo ristretto di ani­matori e animatrici, disse: « Quanti Natali passeremo ancora quaggiù? Dieci, uno, nessuno? ». L'allusione era chiara tanto che qualcuno scoppiò in lacrime.

Più chiara ancora divenne qualche tempo dopo, quando una per­sona lo interrogò espressamente: « Don Carlo, lei continua a dire che andrà presto a Casa, ma quando pensa che sarà quel "presto"? ». Stac­cò la mano dalla ringhiera, fermandosi sul primo gradino, e con il suo gesto abituale della mano rispose: «Prestissimo!». Aveva un lampo di gioia negli occhi come di chi attende qualcosa di bello.

Lo stesso giorno un'altra persona gli disse: « Se va a Casa, Don Car­lo, si ricordi di noi ». E lui: « Sì, mi ricorderò di voi... Di tutti mi ri­corderò».

Era il 2 novembre del '79. Cinque giorni dopo tornava davvero alla Casa del Padre. E partiva mentre era sulla breccia.

Ma che cosa lo induceva a presentire l'imminente partenza? Certamente la voce dello Spirito che lo chiamava interiormente mor­morando come a S. Ignazio: « Vieni al Padre». E c'è, a questo riguar­do, una stupenda Parola di Dio in Isaia, più volte da lui commentata: «I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannunzio,

prima che spuntino, ve li faccio sentire» (Isaia 42,9). « I primi fatti, ecco, sono avvenuti... » (Isaia 42,9).

Tutto ormai era avviato: i giovani Gam con il loro compito speci­fico di preghiera e di evangelizzazione; i laici e le famiglie a sostegno dei giovani; la stampa Gam in tutta Italia e anche all'estero; le prime vocazioni sacerdotali dei giovani Gam e il primo nucleo di Consacra­te nel Movimento e per il Movimento. Verso la fine del '78 questa pri­ma Comunità delle "Figlie della Madre di Gesù" (così denominata da Don Carlo stesso ispirandosi al Vangelo di S. Giovanni) si era sta­bilita nella diocesi di Alba, presso il Santuario "Madre della Divina Grazia" del Todocco.

Di ritorno dai Cenacoli Don Carlo vi sostava sempre volentieri, sia perché vi trovava un clima di accoglienza e di preghiera, come Ge­sù a Betania, sia per animare la Comunità con la Parola di Dio for­mandola alla spiritualità specifica e all'evangelizzazione.

« È la Madonna che vi ha volute - diceva -. È Lei la Fondatrice delle F.M.G., come del G.A.M. ». Ne delineava il compito specifico nella Chiesa: l'adorazione eucaristica e l'evangelizzazione a tempo pieno con l'animazione dei giovani Gam, con la stampa e le spedizioni di volantini e opuscoletti del Movimento.

Diceva loro: « Voi siete il sostegno spirituale del Gam, la centrale elettrica da cui parte l'energia per sostenere l'evangelizzazione dei gio­vani e di noi Sacerdoti. Ogni evangelizzazione infatti parte da Gesù Eucaristia e porta a Gesù Eucaristia».

Altre volte, scendendo a benedire le macchine della piccola tipo­grafia, amava ripetere: « Da qui partono fiumi di luce in tutta Italia, fiumi di Parola di Dio. Voi fornite i giovani delle armi di luce per la battaglia del Regno di Dio ». E ancora: « Caricatevi di Parola di Dio e di un amore eucaristico incandescente per lanciare poi i giovani al­l'evangelizzazione e sostenerli nella prova ».

Aveva consegnato loro come regola di vita il Vangelo, in partico­lare il Vangelo di S. Giovanni. « Noi abbiamo il pensiero di Cristo », diceva come l'apostolo Paolo. E guidava a illuminare e a risolvere tutto con la Parola di Gesù.

Quindici giorni prima di andare a Casa, con totale distacco conse­gnò la Comunità alla Chiesa nella persona di Sua Eccellenza Mons. Fausto Vallainc, Vescovo di Alba, che tre mesi dopo darà l'approva­zione ecclesiastica costituendo quel primo nucleo in Pia Unione.

Nel Seminario Vescovile della stessa diocesi i primi Chierici Gam di Teologia si preparavano al Sacerdozio per seguire le orme di Don Carlo tra i giovani evangelizzatori. Sarebbero stati a tempo pieno per i Cenacoli e le missioni Gam in Italia e all'estero. Nella fede egli ne intravedeva un gran numero che la Madonna avrebbe suscitato nel Mo­vimento, per la Chiesa e il mondo.

Erano solo umili inizi, pochi germogli qua e là, ma egli non chie­deva altro che fare la volontà del Padre e portare a compimento la sua opera, poter dire alla fine della vita come Gesù: «Ho compiuto l'opera che tu mi avevi dato da fare» (Gv 17,4).

Commentava: « Se alla fine della vita anche noi potessimo dire di essere sempre stati un sì al Padre, un sì ai fratelli, un sì a Gesù Eucari­stico, un sì alla Mamma Celeste, allora potremo ripetere come Gesù: "Padre, ti ho glorificato sulla terra... " (Gv 17,4) ».



Svettava nel cielo di Dio

Questo camminare nella solitudine e nel "perdere tutto", special­mente negli ultimi anni, fu un duro calvario che solo pochi conosce­vano e intuivano, perché nascosto sotto un eroico sorriso. Una volta tra i più intimi si lasciò sfuggire l'espressione: «Si ha l'impressione di essere come cani randagi, bastonati ». Però subito aggiunse: « Ma che importa?! Tanto... a noi interessa il Regno di Dio. Poi a Casa sa­rà tutto diverso ».

« La sofferenza ci viene offerta - aveva scritto - perché come l'arbusto sotto il morso delle forbici ci possiamo raddrizzare verso il Cielo e portare fiori e frutti».

Ormai la sua vita carica di fiori e frutti svettava nel Cielo di Dio: in lui la primavera della Chiesa, così spesso annunciata, era già in atto. E tutti lo avvertivano.

Dell'ultimo Cenacolo a Lido dei Pini (Tor S. Lorenzo) una giova­ne Gam annota: « Me lo ricordo molto luminoso quel giorno ». Prima del Cenacolo con tutto il popolo di Dio (che terminò alle 18) vi fu un'ora di adorazione con i giovani: un clima di preghiera e di amore a Gesù Eucaristia incandescente.

Il dott. F. commenta: « L'ultimo Cenacolo, domenica 4 novembre del '79, fu veramente indimenticabile. Don Carlo era carico di entu­siasmo come non mai. Nella Liturgia Penitenziale si era confessato da un vecchio prete esule dalla Polonia che concelebrava con lui (era solito farlo ad ogni Cenacolo quando era presente qualche Sacerdote; prima di iniziare a confessare si confessava lui: un gesto che impres­sionava e commuoveva).

Il vecchio prete si era pure confessato da lui e sprizzava gioia da tutte le parti. Erano radiosi tutti e due. Questa gioia si era diffusa an­che in noi tutti. Era impressionante la gioia di Don Carlo. Non l'ave­vamo mai visto così negli ultimi tempi ».



Completerà Lei tutto

Nel commentare la Parola di Dio aveva delle intuizioni tutte parti­colari, il suo amore eucaristico era aumentato a dismisura (aveva ulti­itiamente pubblicato anche due volumetti per l'adorazione eucaristi­ca: `Eucaristia, mio amore" e `Eucaristia, Pasqua dell'universo' );

e si sentiva in lui una particolare presenza della Madonna.

Ci fu anche chi glielo fece notare e Don Carlo confidò a questa persona che la Mamma Celeste gli aveva fatto sapere (non disse co­me) che l'approssimarsi del suo ritorno al Padre sarebbe stato prece­duto da tre segni: un'intensità sempre crescente di amore eucaristico (...), l'inizio delle prime vocazioni sacerdotali nel Gam, e una parti­colare presenza della Mamma per chi lo avvicinava.

« I segni si sono ormai compiuti - concluse con estrema semplici­tà - e l'ora è vicinissima». E aggiunse: « La Mamma mi fa solo ini­ziare, poi completerà Lei tutto».



Come agnello immolato

Quest'attesa del Cielo che lo induceva a intensificare l'annuncio del Regno di Dio, era sì per lui motivo di gioia, l'unica vera gioia che potesse sanare tante ferite nascoste, ma era anche certamente motivo di doloroso distacco e immolazione. Era come un agnello che offriva la sua vita per i giovani, per tutto il Gam, per il Papa e la Chiesa, per recuperare i Sacerdoti e le anime consacrate che avevano abbandona­to e tradito, per... la persona che più l'aveva fatto soffrire.

Un amore spinto fino all'eroismo, come quello di Gesù. Sembrava insaziabile nel dono della sua vita; pareva volersi cari­care di tutto, per portare tutto su di sé ed espiare in sofferenza vica­ria. Faceva davvero pensare al Servo Sofferente del deutero-Isaia: Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori. Dopo il suo intimo tormento vedrà la Luce e si sazierà della sua conoscenza» (Is 53,4.11.12).

Aveva scritto: « Di tutte le forze latenti che salvano il mondo, la sofferenza, unita alla croce, è la più potente».

Tuttavia, pur essendo crocifisso interiormente, era nello stesso tem­po in una gioia profonda, perché "presso la croce" aveva incontrato la Madre di Gesù, la Mamma, che gli addolciva ogni pena.



L'ultimo tratto di parabola

« La morte non è per Gesù l'epilogo sconvolgente della sua vita, ma una parte integrante della sua missione ». Così aveva scritto e così era veramente per lui.

« Non posso tacere l'ultima esortazione udita dal quel "santo" che viveva già di Cielo e che - ne sono convinta - doveva presagire l'im­minente incontro - attesta Suor A. del Monastero domenicano di Al­ba. Era il pomeriggio del l ° novembre 1979. Di passaggio dopo uno dei suoi estenuanti giri di evangelizzazione, durante il quale come al solito aveva anche lavorato a ritmo serrato a varie bozze da conse­gnare alla tipografia, mi lasciò con queste parole: "Sia gioiosa: ogni istante ci avvicina a Casa. Anche adesso si tocchi il polso: sente che batte; e lei deve pensare: ogni battito mi avvicina... Deve pensare molto a quello che ci aspetta...".

Sei giorni dopo, il suo polso, accelerato dai suoi immensi desideri e dal fuoco della sua carità, aveva già finito il conto alla rovescia: Don Carlo col suo grande cuore non aveva più bisogno di pensare a ciò che ci attende, perché lo possedeva ormai nell'eterna novità del Pa­radiso ».

Il pomeriggio del 2 novembre era a Torino. Alla sera partì per Pa­lermo dove, il giorno dopo, animò un Cenacolo Gam di Formula 1: un'intera giornata per i giovani, dalle 8,30 alle 16. Animò pure alla sera un Cenacolo per il popolo di Dio nella cattedrale di Acireale e partì per Roma, dove la domenica animò un'ora di adorazione euca­ristica con i giovani e il Cenacolo per il popolo di Dio a Lido dei Pini. La sera stessa partì per S. Giacomo di Veglia dove la carità di quel Monastero Cistercense aveva mitigato tante amarezze degli ultimi suoi due anni di vita. Vi tornava sempre con tanta gioia.

Lunedì 5 nel pomeriggio ripartiva per Torino, facendo una punta­ta improvvisa a Milano dai Padri Cistercensi di Chiaravalle. Lunedì sera alle 21 rientrava a Torino. In soli quattro giorni aveva ripercorso a volo d'uccello tutta intera l'Italia, quasi per gettarvi gli ultimi semi fecondi di Parola di Dio e per avvolgerla di preghiera, di amore, di benedizione.

Martedì sera andava insieme a Don Bruno - appena tornato an­che lui dall'animazione di Cenacoli in Sicilia - a celebrare l'ultima S. Messa appena fuori Torino dai più intimi collaboratori. E al matti­no di mercoledì 7 novembre, alle ore 8 e 20, Don Carlo tornava im­provvisamente alla Casa del Padre.

Questo, in breve, il tratteggio dell'ultima settimana, l'ultimo, in­- tenso tratto di parabola che si chiudeva sulla terra, per continuare in Cielo, al di là dei limiti di spazio e di tempo, che Don Carlo avvertiva in maniera spesso pungente, soprattutto negli ultimi tempi.



Una veste per il Cielo

Lo Spirito Santo aveva ormai dilatato la sua anima in una pienez­za tale che non poteva più essere contenuta sulla terra: doveva neces­sariamente sfociare nell'oceano infinito del Paradiso.

Se n'erano accorte anche le monache cistercensi in quell'ultimo 5 novembre. C'era già la macchina ad attenderlo per raggiungere l'ae­roporto di Venezia. Eppure Don Carlo sembrava non riuscisse a par­tire da quella che lui stesso chiamava familiarmente "la Casa della Mamma".

Continuava a ringraziare con una gioia straordinaria. Non sapeva come esternare la sua gratitudine.

Alla Madre Abbadessa diceva: « Vedrà in Paradiso: riceverà la stes­sa ricompensa dell'apostolo ».

« Non potrò dimenticare quel volto sfolgorante che emanava luce - ricorda la Suora incaricata degli ospiti -. Ero incantata a guar­darlo. La Madre gli aveva fatto trovare in camera sua una bella veste nuova per la sua festa onomastica. L'aveva indossata. E pareva un Angelo. Era già pronto per il giorno del Signore. E non ci fu bisogno che lo toccassero dopo la sua morte.

Ringrazio il Signore del dono di averlo conosciuto. Finché vivo, non potrò dimenticarlo. Mi ha lasciato una testimonianza tale di Dio e del Paradiso, da suscitare in me un grande desiderio del Cielo. E sono sicura che quando andrò di là mi verrà incontro ».



Prima del decollo verticale

La signorina P. e la zia che l'accompagnarono all'aeroporto, no­tarono che da dietro (in macchina aveva voluto occupare il sedile posteriore) continuava a benedire. Diede alcuni suggerimenti per l'evan­gelizzazione, soprattutto per l'ormai prossima novena dell'Immaco­lata, per la quale aveva preparato con grande entusiasmo un nuovo volumetto: "L'Immacolata e i giovani" e il programma di evangeliz­zazione per i giovani Gam: Operazione "Svegliare l'aurora".

Dopo averlo lasciato all'entrata, trascorsi alcuni istanti, tornaro­no nuovamente indietro per un ultimo saluto, quasi avvertendo un pre­sentimento insolito. Lo videro dal vetro della sala d'imbarco. Gli bus­sarono al vetro, ma non se ne accorse. Lo videro poi avviarsi lenta­mente all'aereo, mettendosi ultimo in coda per salire. Fu l'ultimo de­collo sulla terra prima del grande decollo verticale, due giorni dopo. Ecco, io vengo

Lunedì cinque, alle ore 21, Don Carlo rientrava a Torino, nel Cen­tro Gam di allora, in Via Cottolengo, 26. Il giorno dopo rientrò an­che Don Bruno da Caltanissetta.

« Passando a fargli correggere la bozza della locandina per il Ce­nacolo di Genova che si sarebbe tenuto presso la Basilica di N.S. delle Vigne, in occasione del passaggio della Madonna di Fatima - rac­conta il dott. G. - gli raccomandai, anche da parte di A., di non ve­nire a celebrare da noi - come spesso faceva - perché, sia lui che Don Bruno, erano stanchi e bisognosi di riposo.

Don Carlo rispose: "No; il demonio non vorrebbe che io venissi a celebrare lì". Mi colpì la sua risposta decisa.

Alle 19 arrivò puntualmente e iniziò la concelebrazione preceduta dal Salmo 39.

Nel frattempo all'esterno alcuni gatti, mai sentiti prima, miagola­vano in modo rabbioso, disturbando l'ascolto della Parola introdut­tiva alla Celebrazione Eucaristica, come si può sentire dalla regi­strazione.

Non fu a caso la scelta del Salmo 39, ma ogni particolare era gui­dato dal Padre, "il dolcissimo Abbà Celeste" - come amava chia­marlo Don Carlo - che "conta persino i capelli del capo", cioè le minime sfumature.

«Alcuni giovani che sapevano suonare la chitarra - racconta J., una giovane Gam - avevano fatto ritardo. Don Carlo propose il Salmo 25: "Amo la tua casa" che egli prediligeva, dopo il Salmo 130. Mi scusai dicendo che non lo sapevo suonare. Allora egli mi chiese di sceglierne uno facile da accompagnare con la chitarra. Suggerii il Salmo 39. E Don Carlo ne fu felice».

Lo commentò in maniera splendida. Non poteva esserci Salmo più bello e più adatto per quell'ultima ora.

Quell' `Ecco, io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà" era la sin­tesi di tutta la sua vita: un sì continuo di amore e di obbedienza al Padre, compiendo la sua opera, l'evangelizzazione. E come Gesù en­trando nel mondo l'aveva detto attraverso la voce e il Cuore della Mam­ma, unito al suo sì verginale, così Don Carlo con lei iniziava il suo cammino in quel lontano 25 marzo 1921, festa dell'Annunciazione. Ora, sempre attraverso il Cuore Immacolato di Colei che l'aveva gui­dato e sostenuto in un amore e una fedeltà incrollabili, offriva il suo ultimo sì al Padre.

Si avverte in quelle ultime parole di commento al Salmo, un senso profondo di umiltà e gratitudine.



L'ultimo testamento

Nessuno comprese che quello era il testamento spirituale, gli ulti­mi tocchi per incoraggiare i suoi più intimi collaboratori fin dall'ini­zio - che egli considerava sempre come strumenti scelti dalla Madonna per quest'opera e dei quali accoglieva le indicazioni come altrettanti segni della volontà del Padre - a proseguire il cammino.

Riascoltando la registrazione si possono intravedere frasi velate che tradiscono la consapevolezza dell'ultima ora.

« Il salmista loda Dio perché si sente rinnovato, strappato da tutti i pericoli, come saremo noi e come siamo. Andiamo avanti tranquilli, perché c'è una Mamma che ci protegge in una maniera... ».

Dopo aver parlato con entusiasmo degli ultimi Cenacoli e dell'e­vangelizzazione dei giovani, conclude con il versetto del Salmo così appropriato a lui:

«Non ho tenuto nascosta la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea».

« Non ho tenuto per me la tua grazia, la tua Parola. L'ho detta, l'ho proclamata, l'ho annunciata! ». Di nuovo il discorso scivola sui Sabra Gam, parte viva del suo cuore innestato in quello di Maria: « È una missione bellissima questa dei Sabra, degli annunciatori. È la pri­ma volta nella storia - in duemila anni di storia, nella Chiesa - che i giovani evangelizzano così ».

E conclude con l'ultimo versetto del Salmo: « Mio Dio, non tarda­re! ». « Vieni presto. Maranathà; Vieni presto, Signore Gesù! Vedete com'è bello! ».

Un accenno ancora più chiaro: « E allora, mettete l'intenzione che dob­biamo andare avanti». Elenca poi una serie di pubblicazioni già con­segnate alle stampe.

E da ultimo affida a Don Bruno la missione di continuare: « 1 Sa­bra a Don Bruno che adesso farà il seminatore, effonderà (la Parola di Dio)... Paolo direbbe: Vi ho mandato Timoteo, che è equilibrato e quante cose ha fatto... ».

Don Carlo si era così spogliato realmente di tutto, anche delle co­se a lui più care e più sante.



Avanti per il Regno di Dio

« Dopo la S. Messa - prosegue il dr. G. - voleva rientrare subito al Centro Gam. Ma lo pregammo di rimanere a cena. Avremmo pre­so un boccone veloce, magari in silenzio. "No, no, dobbiamo parla­re", rispose Don Carlo.

Notai da piccole sfumature che era insolitamente impaziente di rien­trare. Alla luce di molti particolari accostati insieme, posso dire con tutta tranquillità che Don Carlo sentiva, sapeva che stava per tornare a Casa.

Terminata la cena, siamo saliti in macchina (mi misi al volante) e ricordo che, pur trattenendosi, Don Carlo aveva una gioia come di chi sente qualcosa di bello in arrivo.

Dato che aveva parlato dei Sabra e dei nuovi programmi di evan­gelizzazione, a breve scadenza, per dargli gioia, gli dissi: "Don Car­lo, vado subito a telefonare per quello che lei ha detto prima". Nor­malmente, a proposte come queste, rispondeva con entusiasmo. Inve­ce quella sera, mi guardò un po' sorpreso, come se pensasse che ave­vo perso l'ultima occasione di accompagnarlo. Alla luce del giorno dopo, ho avuto questa netta sensazione.

J. prese il mio posto al volante e con Don Bruno e il dr. A. lo ac­compagnò in Via Cottolengo ».

J. ricorda che un forte vento alzava in mulinelli le foglie nei viali di Corso Regina. Don Carlo in macchina si univa con gioia al canto di alcuni ritornelli di Salmi, in particolare del Salmo 16: « Custodisci­mi, Signor, sotto l'ali del tuo amor, tu mi ami, o Creator, dolce Pa­dre e Salvator».

Il dr. A. a un certo punto gli chiese come fare e come rispondere ad alcune critiche sul Gam. Rispose sereno: « Noi lavoriamo per una buona morte. Quindi anche se ci criticano, anche se tutto dovesse crol­lare, la Parola di Dio annunciata rimane e porterà frutto a suo tem­po. Andiamo avanti per il Regno di Dio! ».



Se c'è da battersi per il Papa, ci batteremo

L'indomani mattina Don Carlo era di una gioia eccezionale. Do­po colazione mandò G. a prendere il giornale per verificare alcune cri­tiche pesanti sul conto del Papa. Aggiunse: « Se c'è da battersi per il Papa, ci batteremo! Dobbiamo pubblicare un volantino "Alt!" in sua difesa ».

Intanto passeggiava con Don Bruno su e giú per il corridoio stret­to e lungo, parlando dei Sabra e dell'evangelizzazione. A un certo pun­to, arrivato al fondo del corridoio, proprio sotto il piccolo quadro della Madonna del Gam, cadde supino battendo la nuca sul pavimento. Don Bruno gli si inginocchiò accanto sollevando il capo sulle sue ginocchia e implorando ripetutamente: « Don Carlo! Mamma... ». La Mamma Celeste era lì certamente, accanto ai suoi due figli pre­diletti per introdurre l'uno nella Casa del Padre e per sostenere l'altro che rimaneva solo a continuare la strada.

Non ci fu bisogno di chiudergli gli occhi, né la bocca: le braccia allungate vicino alla persona; non una piega alla veste. Sembrava già preparato da una mano invisibile in quella sua compostezza angelica, abituale in lui.

Don Bruno non poteva credere che fosse mancato davvero e in quel modo, anche perché più volte gli aveva confidato che avrebbe chiuso la sua vita con la testimonianza del martirio: un grande dono che gli avrebbe fatto la Mamma.

Solo più tardi avrebbe compreso che qualche martirio incruento è talvolta più doloroso ed eroico dello spargimento di sangue. Non a caso, chinato su di lui, poté avvertire un lieve gorgoglìo sul petto; forse per la fuoriuscita del sangue dal cuore?

«La Madonna gli aveva chiesto il sacrificio della vita», commen­tò Don Stefano Gobbi che lo conobbe tra i primi iscritti al Movimen­to Sacerdotale Mariano e gli portò sempre grande stima e ammirazione. Povero tra i poveri Don Carlo era partito senza un gemito né un lamento: se n'era an­dato nel silenzio, così com'era vissuto.

Erano le 8,20, l'ora in cui si inizia il lavoro della giornata. Andava ad iniziare la sua giornata eterna. O meglio, a continuarla, poiché egli stesso diceva sempre: « Di là continueremo quello che abbiamo inizia­to quaggiù; lavoreremo per il Regno di Dio ancor più intensamente ».

Inutili furono i tentativi di rianimazione al Martini Nuovo di To­rino. Fu accolto nella Piccola Casa della Divina Provvidenza e ospi­tato nella cappella mortuaria delle Suore defunte del Cottolengo: po­vero tra i poveri.

Vent'anni prima aveva detto alla Suora incaricata delle Sorelle de­funte: « Quando andrò a Casa avrò bisogno di lei: mi porteranno lì ». E indicò quella Cappella. Nessuno sapeva di questa piccola profezia, neppure i suoi più intimi collaboratori.

Uscendo dal Martini quel 7 novembre il dr. G. incontrò in Corso Regina Margherita, ad una fermata del tram, proprio il rev.do Don Luigi Borsarelli, allora Superiore Generale del Cottolengo. Fu un se­gno che davvero la Madonna voleva Don Carlo là dove aveva tante volte predicato e confessato. Con il Santo della Provvidenza era in una certa sintonia per la fede e l'abbandono filiale al Padre. Tutti e due - anche se in modo e misura diversa - avevano toccato con ma­no l'aiuto straordinario dall'Alto: l'uno per soccorrere materialmen­te e spiritualmente i poveri in un tempo di miseria e di fame, l'altro per spezzare il pane della Parola di Dio nella società dei consumi, nel­la quale si compiva la profezia di Amos (cf 8,11).



Quando arriverà, sarò già "a Casa"

La Suora addetta alla Cappella mortuaria si trovava nel Veneto ormai da quindici giorni per assistere la mamma gravemente malata. La stessa racconta che la notte dal 5 al 6 verso l'una o le due, vide una grande luce (non sa se in sogno o in realtà) e Don Carlo tutto ve­stito di bianco, « bellissimo, luminoso come un Angelo ». Si svolse que­sto dialogo:

- Sr. ..., torni alla Piccola Casa, che quando sarò morto dovrò esse­re messo nella Cappella delle Suore.

- Ma, Don Carlo, come faccio a dire al papà che vengo via adesso che la mamma sta per morire?

- Dirà che deve proprio tornare, per una cosa urgente. - Devo prendere presto il treno?

- Quando arriverà a Torino, io sarò già " a Casa". Mi porteranno all'ospedale, ma sarò già morto.

La Suora fece come le aveva indicato Don Carlo e partì il 7 matti­na presto. «Sentivo nel cuore - afferma - che avrebbe pensato lui a mia mamma ».

Giunse a Torino verso le 16,30 - 17. Fu subito informata della morte di Don Carlo dal rev.do Don Savantaia, vice-Superiore e suo confes­sore. Rispose: « Lo so già ». Il Superiore ne rimase stupito. La Suora gli disse che gli avrebbe spiegato tutto in Confessione. E così fece. Campane a festa

Quando tutto fu pronto, con il consenso di S.E. il Cardinal Balle­strero in quei giorni a Roma, nel primo pomeriggio dell'8, Don Carlo fu trasportato dal Martini al Cottolengo. Iniziò allora un continuo pel­legrinaggio attorno a quel Sacerdote che tanto aveva parlato del Cielo e ora finalmente lo possedeva. Molti staccavano furtivamente un fio­re dalla bara, altri appoggiavano qualche oggetto alla sua persona. Tutti sentivano che egli era vivo più che mai e ripeteva ancora: «Avanti con gioia per il Regno di Dio! ». Soprattutto lo sentivano i suoi giova­ni Gam giunti da ogni parte d'Italia, raccolti attorno a lui, giorno e notte, in un Cenacolo continuo di preghiera e di canti Gam.

Il funerale si svolse venerdì 9 novembre alle 15,30 nella grande chie­sa del Cottolengo. Fu un vero trionfo. La S. Messa fu preceduta da un Cenacolo Gam con partecipazione quasi totale anche al Sacramen­to della Riconciliazione. Una fitta schiera di Sacerdoti concelebrava. Al termine della Messa vi fu un attimo di sospensione: il Celebrante non riusciva a trovare il rituale delle esequie. Allora i giovani intona­rono il Magnificat. Non vi poteva essere commiato più bello che il "gra­zie" di Maria ai Tre, per le meraviglie compiute in quel suo figlio pre­diletto.

Mentre una fila interminabile lo accompagnava, le campane del Cottolengo suonavano a festa e facevano pensare a quelle campane del Cielo di cui egli parlava sempre, che avrebbero fatto « le capriole dalla gioia per la nostra entrata "a Casa" ».



Partecipò la sua gioia

Come sulla terra donava sempre agli altri ciò che aveva, così in quei giorni Don Carlo partecipò anche qualcosa della sua gioia cele­stiale. Diverse persone lo attestano.

«Alla notizia della sua morte, giuntami mentre mi trovavo al Ca­pitolo Generale - racconta una Madre - mi sentii invasa da una gioia grandissima, non per la morte, ma per "qualcuno" che era già nella gloria. Pensai: "Finalmente Don Carlo ha abbracciato il Padre, dopo aver tanto parlato con vivo trasporto di quest'incontro finale" ».

1 giovani Gam rimasti a vegliare tutta la notte dall'8 al 9, si senti­rono sempre accompagnati da serenità e gioia. Fu una veglia di pre­ghiera e di festa.

Al piccolo cimitero di S. Gillio, a pochi chilometri da Torino, do­ve la salma è stata tumulata e dove riposa attualmente, i giovani con­tinuarono a cantare canti Gam come fanno sempre alla conclusione di un Cenacolo. Una pioggia sottile era segno di benedizione.

Sulla pietra del loculo non una foto né una scritta, ma solo l'im­magine della "Madonna del Gam" (così è tuttora per rispettare il suo desiderio di nascondimento, il suo voler rimanere "milite ignoto"). Fino all'ultimo volle scomparire dietro a Colei che "aveva fatto tut­to" nella sua vita e nella sua Opera.



Papà, siamo sempre insieme

Sotto il loculo di Don Carlo si nota subito la foto di un fanciullo: Marco di dieci anni, morto qualche mese prima. Il papà di questo bam­bino, a distanza di dieci anni, testimonia: « Il mese di luglio del '79 venne a mancare Marco. Da quel momento son vissuto sempre nella disperazione, pensando come potesse il nostro bambino fare senza di noi che mai l'avevamo lasciato un istante solo. Era l'unica preoccu­pazione che mi ossessionava continuamente. E questo succedeva co­stantemente ogni giorno, fino ad arrivare a quella notte di ottobre in cui sognai Don Carlo. Avvenne così. Una notte in sogno - come mi succedeva spesso - mi apparve Marco e io gli dissi: "Marco, ma co­me fai senza di noi..., ti sembra di poterti difendere, non ti manca niente?" Ebbene, si gira a guardarmi con un sorriso, un sorriso così, sereno che lui aveva sempre in ogni occasione, e mi dice: "Papà, non ti devi preoccupare, non devi avere nessuna paura, nessun timore, per­ché pensa... sono due o tre giorni che è arrivato un signore, che non mi lascia più un istante, è sempre continuamente vicino a me, mi se­gue dappertutto... Siamo sempre insieme, andiamo molto d'accordo e mi fa tanta, tanta compagnia". Mentre mi diceva queste parole mi si formava l'immagine delle sue stesse parole. Cioè, mentre mi descri­veva com'era questo signore, io vedevo una persona sui 50-60 anni, forse mi sembrava più sui 50 che sui 60, dal sorriso simpatico, un sor­riso sereno, allegro, pieno di entusiasmo. Si guardavano proprio con affetto. Il giorno dopo ero più tranquillo, sereno, però non riuscivo a spiegarmi chi poteva essere questo "signore", perché non assomi­gliava né a mio padre, né a nessuna persona che io avevo conosciuto. Però per la tranquillità, la sicurezza e la pace che egli dava a Marco, non poteva essere che una persona che gli voleva tanto bene. Ne par­lai in casa con mia moglie, con tutti. Non si riuscì a trovare una spie­gazione di questa persona.

Poi preso da preoccupazioni non pensai più a quel sogno, finché a novembre incontrai due giovani Gam al Camposanto. Ci trovava­mo spesso là a pregare insieme, a parlare, loro di Don Carlo e io di Marco. Mi furono di tanto aiuto in certi momenti di disperazione.

Un giorno dopo Natale, uno dei due mi disse: "Devo farle un bel regalo che le farà senz'altro piacere". E mi diede la pagellina-ricordo con la foto di Don Carlo. Appena vista, sobbalzai perché ero sicuro di aver visto quella persona nel momento stesso in cui Marco me ne parlava, tranquillizzandomi perché era in ottima compagnia. Fu così che conobbi questo Sacerdote in quel sogno fatto a ottobre, un mese prima che lui venisse a mancare. Per questo fatto Don Carlo è una persona a noi cara, come è caro Marco ».