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12 - BEATI I CUORI PURI

Luminosità, limpidezza, soavità


« La purezza è amore - diceva - è la capacità di amare e di do­narsi a Dio e ai fratelli. Allora si riflette in noi la luce di Gesù ». «Mi hanno colpito tre aspetti di lui - dice una Madre Priora -: la luminosità, la limpidezza, la soavità. L'accostarlo o anche solo ve­derlo rischiarava, dilatava l'anima, l'avvolgeva di calore, di luce, la innalzava al bello, al vero...

Dalla sua persona traspariva Gesù Agnello immolato e glorioso co­me è presentato nell'Apocalisse. Quante volte richiamava a questo li­bro escatologico per parlare dell'Agnello glorioso in bianche vesti, di lino puro, splendente; e della Sposa dell'Agnello che scende dal Cielo già pronta... Così, in candide vesti, anche noi dovevamo attendere il ritorno del Signore.

Da lui si diffondeva una gioia tranquilla, pacata e soave; non quelle gioie che disturbano, ma una gioia serena, unita a una grande soavità che avvolgeva tutto l'essere e lo portava al Paradiso.

Ho avuto proprio quest'impressione e non solo io. Ci si dimenti­cava per qualche tempo di essere su questa terra e ci si sentiva tra­sportati in Dio».



Un fascio di luce lo investì

« Aveva una trasparenza che emanava luce - attesta una claustrale che lo avvicinò spesso negli ultimi due anni di vita -; esprimeva una delicatezza, una purezza veramente angelica. Si trascinava dietro il cor­po, ma il suo corpo era ormai tutto angelico. Ringrazio il Signore del dono di averlo conosciuto ».

« In un Cenacolo di Formula 1 a Milano (un'intera giornata nel giugno 1977) - racconta un giovane adesso Sacerdote Gam - Don Carlo ci commentava tutto il Vangelo di S. Giovanni a volo d'uccel­lo, soffermandosi sui nuclei essenziali di ogni capitolo. Giunto al ca­pitolo 18 e 19 della Passione, ho avuto l'impressione che un fascio di luce lo investisse e illuminasse il suo volto per la durata di alcuni minuti. Mi voltai per vedere da dove potesse arrivare quella luce, ma constatai che non era di origine naturale. Meravigliato mi interrogavo se non fosse veramente una luce soprannaturale e sentii una Suora che comunicava alla sua vicina la sua identica meraviglia dicendo: "È un santo" ».



Una gioventù tutta nuova

Intravedeva una gioventù tutta nuova, attratta dal candore dell'Im­macolata. E ne riscontrava qua e là le primizie.

Racconta lui stesso: « Mentre mi trovavo a Milano (maggio 1975) e parlavo ai giovani, gruppi familiari, ecc., mi hanno invitato all'ulti­mo momento in un istituto tecnico professionale. Nel teatro erano riu­niti circa cinquecento giovanotti dai quindici ai diciannove anni.

Ho iniziato con il capitolo 12 dell'Apocalisse che presenta la Don­na vestita di Sole, Madre di Dio, Immacolata, purissima... Dopo ven­ticinque minuti ho sospeso. Tutta quella massa di giovani è scattata: "Ancora, ancora!". E allora ho continuato per un'ora e alla fine so­no scoppiati in applausi! Dopo un brevissimo intervallo, invece di an­dare a giocare sono tornati ancora. Non mi era mai successo. Anche gli insegnanti erano strabiliati. Ho notato una cosa inaudita: 1) la no­stalgia che sentono i giovani della purezza, dell'immacolatezza della Madonna. È incredibile. Hanno una nostalgia di Cielo, di aria che scen­de dai ghiacciai celesti, di qualcosa di nuovo, di limpido, perché sono nauseati dal mondo in cui vivono, nauseati talmente che non reagi­scono più. 2) Un desiderio immenso di amore e di amore materno, perché dappertutto vedono il catechismo dell'odio che Satana va dif­fondendo.

Si sente che la Madonna sta entrando in una maniera meraviglio­sa. Se ne sente la presenza e se ne vedono gli effetti in tutti questi gio­vani così attenti.

In questi due giorni qui a Milano e dintorni ho parlato a cinque­mila o seimila giovani circa tra ragazzi e ragazze. E ho visto che mera­viglie opera il parlare dell'immacolatezza di Maria: rimanevano incan­tati. Una cosa strana: quei giovanotti aprivano gli occhi, rimanevano commossi e in qualche momento avevano gli occhi lucidi. Cosa si sta­va svegliando dentro il loro cuore?

Gli insegnanti erano tutti stupiti: giovani che di solito sono contestatari, irrequieti, svogliati, sarebbero stati sempre lì ad ascoltare. Mi diceva un insegnante: "Non ho mai sentito i giovani applaudire, mai. Questa è la prima volta. Ma cosa è successo?".

"È quello che mi domando anch'io: cosa succede?" risposi. Certamente è venuta la Mamma, è scesa Lei e li ha conquistati mi­steriosamente.

La Donna vestita di Sole sta conquistando, perché è la sua ora. Il profumo della rosa bianca attira la gioventù. È vero. Ne ho avuto la documentazione netta».

E ai giovani Gam lancerà l'ideale stupendo di essere trasparenza luminosa dell'Immacolata, con il cuore puro come il suo, traboccante di amore per Gesù e per la sua Parola.



Per seguire Gesù

Era totalmente dimentico di sé, concentrato solo nella sua consa­crazione e missione. « Chi è chiamato a seguire Gesù - diceva - non appartiene più al piccolo regno di quaggiù, appartiene al grande Re­gno di Dio. Deve rinunciare al matrimonio e alla famiglia; deve aver libero il cuore; la persona non può essere legata da vincoli umani. Quando Dio mette la mano su un uomo, lo vuole esclusivamente suo e ogni altra esigenza deve cedere il passo.

Gesù mette le anime allo sbaraglio: chi vuole seguirlo dev'essere come Lui; e Lui è essenzialmente solo. Il discepolo deve condividere con Gesù la solitudine del cuore ».

Erano motivazioni di fondo che lo sostenevano giorno per giorno "nella traversata del deserto, nell'esodo", com'egli amava chiamare la vita di quaggiù.

Ed erano motivazioni forti che partecipava anche ai suoi fratelli nel Sacerdozio e alle anime consacrate, aiutando a superare i momen­ti di prova.

Quanti lo hanno conosciuto da vicino sono concordi nell'afferma­re che ha aiutato molte vocazioni sacerdotali e religiose in difficoltà, dando loro ossigeno e slancio per proseguire e "tornare al primo amo­re" (cf Ap 2,5).



Ritrovarono se stessi in Dio

Anche a chi era chiamato a una "solitudine condivisa" nel Sacramento del Matrimonio prospettava un cuore puro, fondato sulla ca­stità coniugale. «L'amore - diceva - è fragile come un fiore: basta poco a sciuparlo. Il vero amore è sempre rispettoso».

Due giovani sposi stavano ormai per dividersi perché non riusci­vano più a comunicare tra loro e i litigi erano diventati all'ordine del giorno. Un giorno parteciparono a un Cenacolo Gam e avvertirono che qualcosa era cambiato dentro di loro. Avvicinarono Don Carlo e gli presentarono la loro situazione disastrata. Egli li incoraggiò ad abbandonarsi con fiducia alla Mamma e, col suo aiuto, a mettere al centro Gesù pregando insieme il Rosario con la Parola di Dio, viven­do i Comandamenti e il Vangelo.

Passato qualche tempo, il pregare insieme così li aveva aiutati a guardarsi con occhi nuovi, ad amarsi come nei primi tempi e ancora di più.

Scoprirono con stupore che ritrovando Dio avevano ritrovato an­che se stessi.



Guardarsi con amore in Dio

« Don Carlo voleva che il nostro rapporto con gli altri fosse così: un caricarsi a vicenda di Dio, un guardarsi con amore, fermandosi non davanti alla carne, ma allo splendore dell'anima - dice una Madre Abbadessa -. Credo che in noi lui vedesse solo l'anima. E ci voleva limpide così. Ed era possibile amarlo molto senza alcun attaccamento umano, proprio per questa pienezza di Dio che comunicava incessan­temente e per la sua luminosità interiore e limpidezza. "Sia un giglio - mi diceva - una magnolia che è un fiore delicatissimo: appena si tocca si annerisce. Sia tutta di Gesù, come la Mamma Celeste, vergi­nalissima" ».

Focalizzava in Lei, la Vergine-Madre, ogni desiderio di dono, di amore materno di tutte le migliaia di anime consacrate che avvicina­va, perché come Lei fossero totalmente dedite alla

Persona e all'ope­ra di Gesù.

« Maria è tanto più Madre, quanto più Vergine - diceva -. Co­me Lei, ogni anima consacrata a Dio diviene madre, di una maternità spirituale che genera le anime alla vita eterna».



Il loro contenuto è Dio

In Don Carlo l'amore aveva davvero unificato tutto e reso traspa­rente a Dio.

«Era più del cielo che della terra - attesta una claustrale -. Mi sembrava di vedere in lui un Angelo».

«Nei dieci anni che l'ho conosciuto - afferma un'altra persona - è sempre stato per me come un Angelo visibile del Signore che mi trasmetteva la volontà del Padre, come a Maria l'Angelo dell'Annun­ciazione ». Un giorno mi chiese: "Conosce il nome del suo Angelo?". Risposi di no. E lui: "Si chiama Agape, amore. Anche lei sia tutto un dono di amore a Dio e ai fratelli". Da quel giorno entrai in più intima familiarità con il mio Angelo Custode, chiamandolo per nome ».

« Saremo come gli Angeli di Dio in cielo » (Mt 22,30) dice Gesù di coloro che vivono unicamente per Dio, con cuore verginale. « Co­me gli Angeli, i vergini hanno un unico contenuto: Dio solo » spiega Don Carlo. E lui aveva raggiunto una trasparenza veramente angeli­ca. Ne è prova non solo la testimonianza di quanti l'hanno avvicinato o solo visto all'altare, ma anche il suo intenso. amore per gli Angeli.

Dice infatti il dottore angelico S. Tommaso: « Quanto più lo spiri­to si libera dai legami della carne e dei sensi, tanto più esso sarà aper­to alle ispirazioni degli Angeli ».

« Mettendo insieme le nostre esperienze spirituali, il senso di pace, di nostalgia, di purezza, di amore che noi conosciamo, avremo uno scialbo lineamento dell'Angelo, che gli assomiglia come la sua ombra ».



Qualche Angelo distratto

« La presenza degli Angeli - afferma con sicurezza - è insosti­tuibile. Sono messaggeri: portano cioè le Parole di Dio agli uomini. Quando Dio è lì, ci sono anche loro ».

Era così convinto di questo che, dopo l'invocazione allo Spirito Santo e alla Madonna, prima di iniziare a spiegare il Vangelo, avvol­geva con lo sguardo tutti i presenti per salutarne gli Angeli Custodi e chiedere il loro aiuto perché tutte quelle anime potessero accogliere con fede e amore la Parola di Dio. Il richiamo a questa celestiale pre­senza gli era così familiare che un giorno raccontò con molta sempli­cità un piccolo episodio.

In una grande chiesa gremita di centinaia di fanciulli, nel corso del Cenacolo, due bimbetti dei primi banchi continuavano a disturbare distraendo gli altri. A nulla serviva qualche attimo di sospensione, né la flessione di voce o gli sguardi di attenzione.

« Allora - racconta Don Carlo - mi rivolsi agli Angeli di quei bimbi e dissi al microfono: "Eh, c'è qualche Angelo Custode che si è distratto e non s'accorge che il bimbo a lui affidato non è attento". Di colpo quei fanciulli si ricomposero e continuarono per tutto il re­sto del Cenacolo con un'attenzione sorprendente partecipando alla pre­ghiera, al canto, con una gioia... ».

E concluse sorridendo: « Non avevo mai pensato che anche gli An­geli potessero distrarsi ».



Vi accompagno io

Don Carlo sentiva tutta la forza degli Angeli anche nella sua mis­sione evangelizzatrice e rimaneva sereno in ogni difficoltà e rischio. Un pomeriggio animava un Cenacolo Gam per le Suore nella Ba­silica dei Santi Apostoli a Roma. Era stato distribuito il libriccino della Novena del Natale. Al termine del Cenacolo le strade presso la Basili­ca erano invase da cortei di estremisti, extraparlamentari e femmini­ste. Urla, slogan, bestemmie... C'era da aver paura a mettersi in stra­da, soprattutto per religiose in divisa. È Don Carlo stesso che raccon­ta: « Uscendo, ho detto a tutte quelle Suore: "Non abbiate paura, nes­suno vi toccherà". Nessuna è stata molestata. Tre Suore Missionarie Francescane del S. Cuore avevano il pulmino proprio al di là del cor­teo, in piazza Venezia, tutta invasa da quella massa di dimostranti. Già stavano per tirare le bottiglie molotow e poco dopo infatti hanno incendiato qua e là...

Un giovane distinto, sembrava un giovane prete, si avvicina alle tre Suore e dice: "Sorelle, non abbiate paura, vi accompagno io". Le ha precedute e son passate in mezzo a tutta quella marea di gente in subbuglio. Nessuno le guardava, come se neppure le vedessero. La folla si divideva aprendo il passaggio.

Tre Suore! Le avrebbero linciate. E invece non è successo niente. Quando poi sono salite sul pulmino, volevano ringraziare quel giova­ne, ma non lo videro più.

"Io ti difenderò nell'ora della prova che sta per abbattersi nel mon­do intero" dice Gesù nell'Apocalisse (3,10). Non c'è da aver paura. È l'ora in cui Satana scatena tutta la sua potenza infernale, ma è an­che l'ora degli Angeli che sono inviati sulla terra a migliaia e migliaia agli ordini della Condottiera, la Donna vestita di Sole, la Regina degli Angeli, per realizzare il piano del Padre: "Michele e i suoi Angeli com­battevano contro il drago..." (Ap 12,7)».



Lei, io e i nostri due Angeli

Una rigida mattina di fine gennaio (1966) era andato a confessare a trenta chilometri da Torino. Al ritorno si era alzata una nebbia fit­tissima che impediva la visibilità e l'autista che l'accompagnava era molto preoccupato e perplesso. Don Carlo lo incoraggiò dicendo: « Non abbia paura... Guardi, siamo in quattro: lei, io e i nostri due Angeli Custodi ». Si misero in strada e tutto andò bene in un primo tempo. Ma ad un certo punto l'autista frenò improvvisamente, appena in tem­po per non rotolar giù dalla scarpata.

Cercavano con ogni sforzo di rimettere in strada la macchina ri­masta in bilico, ma senza riuscirci. Dopo un po' si fermò un'auto: vi era un giovane con la mamma che li aiutò. E poterono ripartire. Con la sua macchina li precedeva adagio per guidarli. Dopo poco però si fermò per invitare quel signore troppo teso ed emozionato per stare al volante, a salire a fianco di sua madre: avrebbe guidato lei. Lui salì con Don Carlo e precedeva, filando sicuro in mezzo a quella nebbia sempre più densa. Lo accompagnò fino all'Ausiliatrice. Gli Angeli ave­vano difeso e protetto.



Lo precipitò dalle scale

Insieme alla presenza celestiale degli Angeli egli faceva esperien­za, a volte in maniera sensibile, della lotta contro i demoni, come del resto Gesù e tutti i Santi.

«Nessuno è più esposto alla tentazione del mistico o del santo - aveva scritto -. Nessuno fu mai così perseguitato da Satana come Ge­sù, il Santo per eccellenza. Gesù fu il più tormentato dalla prova, dal­le tentazioni. Dopo di lui, Maria. E dopo di loro, noi».

Del resto la Parola di Dio dei Libri sapienziali è esplicita: «Figlio, hai deciso nel tuo cuore di servire Dio? Preparati alla prova».

Le insidie del maligno su di lui si scagliavano a volte anche in ma­niera sensibile. Una volta, mentre scendeva una lunga scala, gli sem­brò di ricevere un violento spintone sulla schiena che lo mandò a ruz­zoloni per i gradini. Al fondo della scala si alzò riassettandosi la veste e chi era accorso preoccupato poté constatare con stupore l'assoluta incolumità. Altre volte, soprattutto in prossimità di qualche Cenaco­lo Gam, di qualche nuova pubblicazione sulla Parola di Dio o di qual­cosa di nuovo che doveva nascere nel Movimento, avvertiva delle stan­chezze improvvise e dei malesseri inspiegabili. Ne fece cenno con qual­che persona, per incoraggiarla nelle sue stesse difficoltà. E subito ag­giunse: « Ma la Mamma mi rinnova le energie, mi rende fresco ».



Ci distruggerebbe, se potesse

« Il demonio ce l'ha a morte - diceva col suo solito sorriso - se potesse ci distruggerebbe. Ma non può ».

Un'altra volta, terminato un grande Cenacolo con l'afflusso di mol­ti giovani e popolo di Dio, gli si avvicinò una persona per dirgli di stare in guardia, perché il demonio si sarebbe vendicato per tutte quelle anime a lui strappate. Don Carlo rispose con il suo abituale abbando­no al Padre e alla Mamma Celeste. Era sicuro - e l'aveva sperimen­tato più volte - che, nonostante i ripetuti tentativi di Satana, non gli sarebbe capitato nulla all'infuori della volontà del Padre e che la Ma­donna l'avrebbe difeso col suo potente intervento, anche in forma straordinaria, se necessario, com'era già avvenuto.

Percorsa gran parte dell'Italia settentrionale, era ormai in Torino, quando, all'incrocio di Via Cigna, chi guidava non si arrestò in tem­po al semaforo rosso, e l'urto contro un'auto in corsa fu inevitabile. La macchina subì gravi danni, ma Don Carlo, l'autista e l'altra per­sona che erano con lui, rimasero illesi. Don Carlo per di più era da­vanti e ricevette addosso i vetri frantumati, ma non riscontrò neppure un graffio.

Mentre i due autisti discutevano, egli salutò sereno con il gesto della mano, prese la sua cartella e s'incamminò verso il Centro Gam di Via S. G. Cottolengo, 26. Trovatovi un suo stretto collaboratore gli rac­contò con entusiasmo del Cenacolo, gli partecipò alcune pubblicazioni in preparazione e solo alla fine lo mise a parte dell'incidente. Que­sto dice il dominio di sé che possedeva e il distacco dagli avvenimenti in cui si trovava implicato.



È accecato dalla Parola di Dio

« Non dobbiamo stupirci - diceva ancora - di essere continua­mente attaccati da Satana, di dover continuamente lottare: il Regno di Dio confina direttamente con il Regno di Satana, non c'è zona neu­tra in mezzo. Perciò: "Vita hominis, militia est" (la vita dell'uomo sulla terra è una battaglia). Non dobbiamo sgomentarci: abbiamo una Condottiera fortissima, che è anche la nostra dolcissima Mamma».

« Nel rispondere a una mia difficoltà che gli esposi per chiedergli consiglio - attesta una Madre Priora - mi citò le parole di Gesù del­la preghiera sacerdotale: "Padre, non ti chiedo di toglierli dal mon­do, ma di difenderli dal maligno" (Gv 17,15). Queste sue ultime pa­role mi sono sempre presenti perché sperimento come la liberazione dal maligno sia una necessità di tutti i giorni ».

« La Parola di Dio è luce - spiegava - e il demonio che è tene­bra, non la può vedere; ne rimane accecato e sconfitto ». E diceva ai giovani: «Quando voi diffondete la Parola di Dio mettete qua e là delle mine che fanno saltare in aria Satana e tutti i demoni. Anche solo un volantino che entra in una famiglia è una luce di Parola di Dio che si accende e il demonio deve andarsene».



Gli si avventò contro

Più di qualche volta sperimentò in maniera tangibile la potenza della Madonna contro il demonio.

Un giorno, mentre si trovava in un istituto religioso a predicare, lo venne a cercare una giovane signora. Appena lo vide gli disse che alcune persone l'avevano mandata da lui per esporre la gravità del suo caso. Gli disse che a volte le succedevano fenomeni strani, soprattut­to a contatto con il sacro. Don Carlo la confortò suggerendole di affi­darsi alla Madonna e di pregare il Rosario, arma potentissima contro il demonio. Appena pronunciate queste parole la donna divenne im­provvisamente furiosa, si dimenava tutta e tentò di scagliarsi contro Don Carlo, senza però poterlo toccare.

« A pochi centimetri di distanza - spiegò poi a pochi intimi - cer­cava di graffiarmi, ma si vedeva che un'altra forza la tratteneva. Se la Mamma non mi avesse difeso, mi avrebbe distrutto, tanta era la furia con cui mi si avventò contro ».

Poi si ricompose e tutta umiliata gli chiese perdono dicendo: « Ec­co, vede, cosa mi succede! ». Don Carlo riprese con dolcezza a con­fortarla e a parlarle dell'amore della Mamma Celeste per lei e della potenza del Rosario. Appena detto questo, di nuovo la stessa scena di prima, senza poterlo minimamente toccare. Appena questa tornò in sé, Don Carlo si congedò rapidamente, perché - confidò poi - « il cuore mi saltava fuori dallo spavento. Ho toccato con mano come il demonio odia la Madonna e come non può far niente dove Lei agi­sce. È la Madre di Dio e Dio è tutto in Lei. E perciò è potentissima ».



Subito l'atmosfera fu trasformata

« Il demonio è furibondo - diceva citando le parole dell'Apoca­lisse (12,12) - perché sa che gli resta poco tempo ormai». A volte vedeva la sua azione nella resistenza che incontrava nelle anime e nel­l'ostilità immotivata.

Una sera, in una casa religiosa dove abitualmente andava a spie­gare il Vangelo, trovò la Comunità non più nella solita accoglienza aperta e benevola, ma in un atteggiamento di chiusura e di reazione.

« Un nemico ha fatto questo » spiega Gesù nella parabola della ziz­zania. Don Carlo comprese che era azione di Satana e mentalmente si mise in preghiera. Subito l'atmosfera fu trasformata e si stabilì una corrente di comunicabilità e di ascolto.

«Per spezzare la spirale di Satana che attanaglia noi e il mondo - diceva - occorre perdere se stessi, dare la propria vita, offrirsi al Padre in sacrificio come Gesù e in Gesù, attraverso il Cuore Immaco­lato della Mamma Celeste».



13 - IL PADRE VI AMA (Gv 16,27)

Mentre svuotavo il pozzo nero


Alla radice della sua vita di amore a Dio e alle anime c'era una fede profonda e salda radicata sulla Parola di Dio che si esprimeva in un totale abbandono al Padre. L'amore al Padre era il vertice di tutto in lui, un amore filiale, tenerissimo; un'adorazione profonda; un'adesione piena e incondizionata alla sua volontà, riconosciuta e ac­colta sempre come volontà di amore. Come Gesù egli poteva dire: « Io faccio sempre ciò che a Lui piace» (Gv 8,29).

« Insegnava a trasformare tutto in amore a Dio, al Padre - ricor­da una claustrale -. Una volta passò mentre stavo svuotando il poz­zo nero per concimare il campo. Si fermò e con tanta soavità e fervo­re mi disse: «Offra a Gesù, al Padre quest'umile servizio, perché alle sue Sorelle e a tutte le anime giunga il buon odore di Cristo ».



Lui penserà a me

«Il Padre sa... », ripeteva nelle difficoltà. «Perfino i capelli del vostro capo sono contati » (Mt 10, 30), assicura Gesù, cioè nulla sfug­ge allo sguardo di amore del Padre. Dobbiamo perciò rimanere tran­quilli e abbandonati in Lui.

Un Superiore un giorno gli fece presente le precarietà e le insicu­rezze a cui sarebbe andato incontro in futuro fuori dalla Congrega­zione; egli indicando il Crocifisso appeso alla parete disse: « Quando sono entrato sono venuto solo per seguire Lui. Lui penserà a me, sempre ».

Un confratello coadiutore vissuto con lui diversi anni, riferendosi alle sofferenze e ai contrasti sofferti per seguire la sua missione, sot­tolinea: « (...) Anche allora mai perse la calma, sempre col suo con­sueto sorriso sulle labbra. Era sicuro e convinto che tutto fosse voluto dalla Madonna e quindi non lo turbavano questi interventi. Cammi­nava serenamente, sempre attento al suo materno suggerimento».



Sì, va bene qui

«Mi fece impressione - ricorda un Sacerdote della diocesi di A. - quando lo accompagnammo a vedere una casa offerta come Cen­tro Gam. Entrando nel Santuario, adiacente alla casa, si inginocchiò qualche istante davanti all'altare che è sormontato dall'immagine della Madonna. Poi, prima ancora di vedere se la casa fosse adatta e fun­zionale, disse: "Sì, va bene qui". Era l'uomo della fede».



Entrammo dalla finestra

Un giovane Gam che lo accompagnò spesso, racconta: « Ricordo una notte dopo un grande Cenacolo nel duomo di Caltanissetta. Era­vamo alcuni giovani con Don Carlo e Don Bruno e dovevamo recarci a Palermo per un Cenacolo il giorno dopo. Era ormai sera tardi e pro­prio nel tratto più buio della superstrada il pulmino si bloccò.

Gli dissi: "Don Carlo, non si riesce a ripartire". Si era un po' ap­pisolato e senza nessun lamento rispose con un sorriso e scese. Prese Don Bruno per un braccio, dicendo: "Andiamo..." e si incammina­rono a piedi. Li raggiunse la polizia che diede poi un passaggio a tut­ti. Ci rintracciò anche l'A.C.I. e persino i pompieri avvertiti anche loro. Fu una notte di avventure.

Per di più eravamo a digiuno. Ci era stato impossibile avvertire telefonicamente dell'imprevisto l'istituto che ci avrebbe ospitato, per cui a una certa ora tutti andarono a riposare.

Arrivati all'istituto a notte inoltrata, dovemmo, dopo vari tentati­vi, entrare da una finestra, perché ormai nessuno ci sentiva più. La pace e la serenità di Don Carlo metteva in tutti noi non solo la calma, ma anche la gioia, sicuri che la Mamma Celeste era con noi. Mentre si facevano i vari tentativi per entrare, Don Carlo, indicando nel buio una statua al centro del giardino, disse: "Guardate c'è anche l'Imma­colata". Il giorno dopo fu lui il primo a sorridere accorgendosi che era invece S. Francesco col lupo.

Trascinati dalla sua fede si era pronti a tutto. In quell'occasione e in molte altre ho notato la sua grandezza, perché scompariva nella semplicità.

Era semplicissimo e questa sua semplicità ci trasmetteva tanta forza, perché si capiva che non era ingenuità, ma una semplicità forte, di Dio, non di uomo. È difficile infatti essere semplici ».



L'aereo decollò tranquillamente

Una volta giunse all'aeroporto con un forte ritardo perché l'ave­vano trattenuto. Chi lo accompagnava lo consigliava di tornare indietro. Ma Don Carlo, sereno, disse: « Vedrà che la Mamma ci pensa ». L'aereo stava ormai già per decollare. Ma un imprevisto tecnico lo trattenne. Arrivarono i tecnici e cominciarono a fare alcuni controlli: sembrava tutto a posto. Arrivò intanto anche Don Carlo e l'aereo de­collò tranquillamente.

Leggeva questi piccoli segni come un incoraggiamento a continua­re sulla via intrapresa di abbandono totale.



Tutto bene!

« Don Carlo sapeva sorridere anche nelle difficoltà - attesta il dr. F. -. Ricordo di averlo accompagnato quando si recò per l'ultima volta dai Salesiani e dal Rettor Maggiore. Lo attesi fuori. E lo vidi tornare che sorrideva come sempre. Gli chiesi con discrezione: "Don Carlo, è andato tutto bene?". "Tutto bene" mi rispose. Mi colpì pro­fondamente questo abbandono, questa quiete, questa fiducia nella Ma­donna anche in quel momento di grande sofferenza, mentre doveva lasciare la Congregazione dov'era vissuto più di quarant'anni ».

Era sostenuto dalla forza granitica di questa Parola di Dio: « Tut­to concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28). Collimava in pieno con la certezza di S. Teresina: « Come nella na­tura le stagioni sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno sta­bilito la più umile pratolina, così tutto risponde al bene di ogni anima ». Don Carlo ne era certissimo e rimaneva sereno anche nella bufera.



Andiamo per difendere i giovani

« Ricordo una volta che fu chiamato a Roma in casa generalizia - racconta un suo intimo collaboratore laico; - lo accompagnam­mo alla stazione. Accettò la cuccetta di seconda classe. Viaggiava pre­feribilmente di notte per guadagnar tempo.

Lo salutammo e lui come sempre cercava di sorridere. Dopo un po' tornai indietro a portargli una bottiglia d'acqua. Lo trovai seduto sulla sponda della cuccetta, tutto rannicchiato e triste. Mi si strinse il cuore a vederlo così. Dalla talare aperta si notava un golf nero così liso che si vedeva anche la maglia di sotto. (Era sempre vestito dimes­samente: la sua veste pulita, ordinata, ma povera. Lo vedemmo siste­mato un po' bene quando la Mamma Celeste gli fece incontrare la ca­rità di alcune claustrali che lo ospitavano e si prendevano cura della sua biancheria).

Appena mi scorse, subito sorrise e mi fece tanta festa. Mi disse: «Andiamo per difendere i giovani... Avanti, A.! ».

Qualche altra volta gli facevamo notare i rischi e le forti reazioni che avrebbe sollevato con qualche presa di posizione. E lui deciso: "Bi­sogna farlo. Noi dobbiamo guardare alle anime. E dobbiamo essere pronti a perdere tutto. Sempre". E andava avanti, fino in fondo, da solo.

Guardava a Dio solo e alla strada che la Mamma gli faceva fare. La forza interiore che lo sosteneva non era umana».