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L'ECUMENISMO

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:22
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01/09/2009 08:21

Non cattolico. Non so cosa pensare di tutto quello che hai detto.

 

Cattolico. Devi soltanto pensare che molte cose credute e dette dal prof. Subilia e da te ripetute, sono per lo meno molto inesatte. Una cosa hai detto veramente giusta e confortante: “che i protestanti sono pronti a collaborare con tutti quei cattolici che desiderano sottomettersi, insieme a loro, alla totale obbedienza all'Evangelo di Gesù Cristo".

 

Non cattolico. Sei d'accordo su questo?

 

Cattolico. D'accordissimo. Voglio ancora, però, fare delle precisazioni.

Non tutti hanno idee chiare: ci sono protestanti e anche cattolici ai quali la parola "ecumenismo" suona quasi come un grido di allarme, una battaglia da combattere o un puntiglio da vincere. Eppure è tutt'altra cosa. Esso deve essere per tutti i cristiani l'inizio e il felice conseguimento dell'unione nell'unica fede, nell'unico amore, nell'Unica Chiesa voluta e preconizzata da Cristo: "... un solo ovile sotto la guida di un solo pastore". Chi non dovesse nutrire questi sentimenti e queste speranze si squalificherebbe automaticamente dall'essere cristiano.

Gesù ha pregato non solo per i suoi apostoli ma anche "per quelli che per la loro parola crederanno in me, perché tutti siano una cosa sola... perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,20-21). Come possiamo ritardare e rimanere inerti di fronte a queste parole di Gesù? Noi ci rendiamo tutti responsabili delle divisioni e colpevoli di tutto il male da esse prodotto finora.

 

Non cattolico. E' certo che non dobbiamo ritardare oltre; ed è anche vero che tutti ci rendiamo responsabili e colpevoli del grande male prodotto dalle divisioni.

 

Cattolico. La questione delle divisioni non è tanto semplice. Tu stesso - riportando il pensiero di Mons. L.A. Elchinger - ci ricordi che egli ha detto che nella Chiesa cattolica gli iniziatori del movimento ecumenico incontrarono spesso odiosi ostacoli nel contatto con i fratelli separati... Quindi il lavoro è improbo e in qualche modo ci sovrasta perché il tempo ha determinato delle barriere e degli ostacoli che sembrano insormontabili. Solo Dio “può risollevare Gerusalemme e riunire le membra disperse di Israele”. Ma se la nostra impresa sorpassa le nostre forze, non vuol dire che con l'aiuto di Dio essa non possa realizzarsi. Anzi è questa la strada maestra che dobbiamo imboccare: il ricorso fiducioso a Dio e la nostra buona volontà. Ad ognuno di noi può essere rivolto il rimprovero che Bessarione rivolgeva ai suoi connazionali (gli ortodossi) per indurli ad accettare l'unione conclusa al Concilio di Firenze: “Che rispondiamo a Dio, quando ci chiederà conto di questa scissione dei nostri fratelli, a Lui che per raccogliere tutti noi nella unità di un unico ovile è disceso dal Cielo, si è incarnato e si lasciò crocifiggere?".

Uno dei primi mezzi per raggiungere questo obiettivo così urgente, deve essere il pungente bisogno di sentirlo come cosa viva nel proprio cuore e fame oggetto di continuo studio, di profonda riflessione e, soprattutto, di fervente preghiera. Il tempo è maturo. Se finora abbiamo fatto poco o nulla per attuare il comando di Gesù, chiediamogliene umilmente perdono e mettiamoci all'opera. Studiamo umilmente e serenamente i nostri problemi, conosciamoci meglio e apriamoci all'amore fraterno che è il comandamento più caro e raccomandato dal nostro Divino Maestro. In verità sono molti i cattolici che ignorano i problemi delle nostre divisioni, che credono che i fratelli separati siano dei ribelli, ignoranti o testardi che non vogliono vedere e riconoscere i loro errori. Molti non sanno che c'è tutto un passato e che - come asseriva lo stesso Pio XI parlando ai cristiani d'Oriente - " ... Tutto quello che c'è di buono, di prezioso, di cristiano in quei frammenti dell'antica verità è che i massi staccati da una roccia sono auriferi anch'essi; e soprattutto ci si era troppo facilmente dimenticati dell'esempio deL Buon Pastore, proposto da Gesù, che, lasciate le 99 pecorelle al sicuro, se ne va Egli in cerca della pecorella smarrita".

Dobbiamo perciò rivedere le nostre posizioni, approfondire storia, teologia, pietà, vita, culto, psicologia e rivedere le cause della separazione e quelle che hanno contribuito a tenerla in piedi per tanti secoli. Forse scopriremmo meglio che molti altri motivi si intrecciarono con quelli teologici (motivi politici, antagonismi, circostanze storiche particolari ... ). E questi non sono i soli, perché bisogna tener conto delle convinzioni, della pietà, della fede e di tante altre cose buone e sante, che per tanti anni tengono viva tale separazione. Tutto ciò non si può spiegare con un semplice atto di ribellione. Come gli antichi Ebrei, anche noi potremmo ripetere: “i nostri padri hanno peccato, i quali oggi non sono, e noi portiamo il peso delle loro iniquità".

“Non è più solo alla mente - scrive A. Brunelli in "Vivere l'Ecumenismo", (Ed. Paoline, pag. 29) - che noi dobbiamo rivolgere i nostri sforzi, ma anche al cuore: più infatti che un rifiuto dogmatico, si tratta di una difficoltà di ordine morale, proveniente spesso da un attaccamento troppo spinto alla propria fede che è la fede dei propri padri, della propria gente, della propria terra, e che il dissidente non vede perché debba cambiarla, e ha paura, unendosi alla Chiesa cattolica, di tradirla e di perderla".

Ma ancora: non basta sentire e vivere il problema dell'Ecumenismo, non basta neppure lo studio e la conoscenza, perché occorre ancora, principalmente, comprendere e amare i fratelli separati, e, in ultimo, come cosa indispensabile, pregare, pregare molto.

 

Non cattolico. La preghiera, certo, ha la sua importanza. Ma ci sono tante altre cose che bisognerà saper mettere insieme, per giungere alla concordia.

 

Cattolico. E' vero che occorrono tante altre cose, come innanzi ti dicevo. Ma la preghiera ha il primo posto ed è insostituibile.

S. Agostino, rivolgendosi ai Manichei, tra i quali per alcun tempo militò, dice: "Incrudeliscano con voi quelli che non sanno a prezzo di quali sforzi si arrivi a conoscere la verità e quali difficoltà occorra superare per districarsi dall'errore. Quanto a me, io non posso dimenticare che, se ho potuto arrivare a contemplare la verità in tutta la sua purezza e senza ombre di errore, lo potei solo dopo essere stato per tanto tempo sperduto nell'errore... Oh no! Io non posso mostrarmi cattivo con voi" (cf A. Brunelli, già citato, pag. 29).

Le parole di S. Agostino ci fanno capire tutta la psicologia del tatto e dell’amore che dobbiamo usare verso chi non la pensa come noi e può vivere anche nell'errore, ma in buona fede, e, contemporaneamente, essere dinanzi a Dio più degno di chi è sulla giusta via. Perciò, qui non si tratta di voler o dover trionfare a qualunque costo, ma di puntare direttamente a Dio, alla santità e di attuare l'ammonimento di Paolo agli Efesini (4,20-32): “... in Lui (Cristo) siete stati istruiti, secondo la verità che è Gesù, per la quale dovete deporre l'uomo vecchio... e dovete  rinnovarvi nello spirito... e rivestire l'uomo nuovo... Perciò bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri... Scompaia da voi ogni asprezza... maldicenza e ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo".

Infine ci resta la cosa più importante da fare: la preghiera.

Se riflettiamo sulla situazione attuale col nostro occhio soltanto umano ci imbatteremo in ostacoli che ci sembreranno insormontabili. Ci incontreremo in individui più o meno famosi, che hanno portato lo scompiglio nella Casa di Dio. Molte di queste anime non potranno mai percepire il valore di un gemito di preghiera di anime semplici che soffrono e pregano, perché Dio sia da tutti conosciuto, amato e glorificato.

La storia infatti ci dimostra che proprio alla preghiera sono dovute le più grandi conversioni. Paolo da chi fu convertito se non dalle preghiere di S. Stefano che per se stesso pregava in piedi e per i suoi nemici pregava, come osserva S. Agostino, con le ginocchia piegate, perché più fervida fosse la preghiera? Clodoveo non fu il frutto delle preghiere di S. Clotilde e Agostino di quelle della sua madre S. Monica? E da chi furono convertiti i Donatisti se non dalle preghiere dei buoni ai quali S. Agostino aveva comandato: "Pregate per quelli che voi confutate per convincerli” ?

Da chi fu arrestata l'eresia degli Albigesi se non dalle preghiere dei Rosario, diffuso ovunque da S. Domenico di Guzman? E quando l'unità della Chiesa sembrò spezzata dallo scisma d'Occidente, non fu la preghiera di S. Caterina da Siena che s'innalzò fervida e fremente e dissipò ogni divisione? E dopo che Lutero e Calvino portarono nella Chiesa di Dio tanto strazio, non si innalzarono più vive le preghiere dei grandi santi della Controriforma, da S. Pietro Canisio a S. Carlo Borromeo, da S. Roberto Bellarmino a S. Gaetano da Thiene... a S. Filippo Neri? E non è alla preghiera che ha fatto ricorso alcuni anni orsono la dolce suor Gabriella, che venuta dall'aspra terra di Sardegna alla Trappa di Grottaferrata, vi ha fatto Immolazione della sua vita a pro dell'unità della Chiesa? Forse ella non ebbe alcuna conoscenza dei dibattiti che da secoli tengono divisi milioni di cristiani, eppure a questa sorella ignara ed amante, la discordia che lacerava il mistico Corpo di Cristo parve la piaga più dolorosa e rovinosa della cristianità. E per sanarla, con un gesto d'amore e con mani angelicamente soavi, seguendo l'intimo miraggio di avverare il sogno del divin Pastore, la piccola suora di Sardegna, in regale gesto di offerta, disse al suo Celeste Sposo: "Se vuoi che mi ammali, che muoia, sono pronta... anche a diventar consunta... anche a morire consunta...... Da quella quaresima, Suor Maria Gabriella cominciò a tossire… Tre mesi dopo una comunità di anglicani, colpita da questa offerta, scrive a Grottaferrata (nei pressi di Roma) per aver notizie, ricordi, immagini e da quel giorno il suo nome è ripetuto, anche altrove, da protestanti, metodisti, invocanti la "martire per l'unità della Chiesa”

Ecco i miracoli della preghiera!

 

Non cattolico. Certo la preghiera è una cosa molto importante, e fa veramente piacere sapere che ci sono delle anime che sono giunte fino all'immolazione per vedere tutto unito il gregge di Cristo.

 

Cattolico. C'è un periodo dell'anno in cui questa preghiera deve risuonare più fervida: il periodo della "Settimana di preghiera per l'unità dei Cristiani", che va dal 18 al 25 gennaio di ogni anno. In questi giorni da un numero immenso di anime cristiane, appartenenti a tutte le confessioni, si innalza, in uno stesso grido di invocazione, la medesima preghiera che Gesù elevava al Padre nella sera prima della sua passione: “Padre, che siano tutti una cosa sola...". In quei giorni tutti i cuori dovranno vibrare all'unisono. E' l'unità in atto che preparerà ed affretterà il compimento dell'unità perfetta. Uniamo anche noi la nostra umile voce e preghiamo con le stesse parole che risuonavano nel mattino della Chiesa sulle labbra dei primi cristiani: “Ricordati, o Signore, di liberare la tua Chiesa da ogni male e di riunirla tutta alla tua mensa. Radunala dai quattro venti, nel tuo regno che Tu le hai annunciato... Come questo pane spezzato fu dapprima grano sparso sui monti, e poi, raccolto, divenne uno, così raduna la tua Chiesa dai confini della terra, nel tuo regno" (Didaché, 9,4).

 

Non cattolico. Certo è commovente pensare che già i primi cristiani pensavano a questa unità col simbolo del grano che poi diventa pane. Credo, però, che i primi cristiani pregassero perché i pagani si convertissero per entrare anch'essi nella Chiesa di Cristo.

 

Cattolico. S'intende. Essi pregavano proprio per questo, perché Gesù è venuto per la redenzione di tutto il mondo, essendo Egli “l'autore e il perfezionatore della fede" (Eb 12,2).

Finiva l'antico Israele e nasceva il "nuovo Israele", ossia la Chiesa cristiana.

 

Non cattolico. Credo che tutte queste cose che stiamo dicendo siano anche approvate dal Concilio Vat. II.

 

Cattolico. Certamente. Ma non basta, perché il Concilio vuole molto di più. Esso è stato esplicito su questo punto ed ha dichiarato che: "Non si dà autentico ecumenismo senza interiore conversione...". `Ricordino i fedeli tutti che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo" (cf Decreto sull'Ecumenismo, cap. II, n. 7).

“Volete che i Protestanti si convertano e diventino cattolici? - diceva un giorno S. Vincenzo dei Paoli ad un gruppo di sacerdoti che si lamentavano di non essere riusciti, con la loro dialettica e con le loro argomentazioni, a convertirli - ebbene, non c'é che un mezzo: Siate santi e non protesteranno piú".

Il confronto avverrà non su chi ha ragione e chi ha torto, non sul trionfo di una Chiesa sull'altra, ma nella gara di chi meglio ha saputo essere testimone vivente e convincente del divino messaggio di Cristo.

"Non è questa l'ora della rivalità - diceva morendo per la fede un venerando  vescovo ortodosso russo - oggi un'unica rivalità deve esistere, la rivalità dell'amore,. la rivalità di chi vuole meglio testimoniare il Cristo".

 

Non cattolico. Io approvo tutte queste belle cose ma non si potrà fare a meno di chiarire tante questioni esistenti tra le varie confessioni.

 

Cattolico. Giusto, è inevitabile anche questo. Però voglio ricordarti quel che tu stesso mi hai fatto notare al principio delle nostre discussioni, e cioè le parole di Mons. L.A. Elchinger, quando diceva che i cattolici, iniziatori del movimento ecumenico, assai spesso, nel trattare con i fratelli separati, hanno incontrato ostacoli odiosi.

Generalmente i cattolici, soprattutto dove sono la maggioranza, dopo aver confutato (magari già tante volte) tutte le imprecisioni storiche, gli errori biblici, le calunnie e le falsità a loro carico, non si curano abbastanza di farne propaganda, e questo per vari motivi e per ragioni di fraterna carità, mentre i fratelli separati ripetono con una perseveranza instancabile le loro dottrine anticattoliche senza tener conto e delle chiarificazioni cattoliche e della carità evangelica.

Ricordo il mio disappunto quando mi venne a mancare il foglietto "Con Roma", molto ben fatto e di facile lettura, in cui era ben chiarita la nostra dottrina nei confronti degli attacchi avversari. Mi rivolsi alla direzione editrice Elle Di Ci (LDC) di Torino e mi fu risposto che "ordini della S. Sede” avevano disposto di sospenderne la pubblicazione, in vista dell'Ecumenismo voluto espressamente dal Concilio Vat. Il.

Il foglietto "Con Roma” sempre per lo stesso motivo, non ha ripreso la sua attività, mentre quella dei Protestanti - forse proprio per questo silenzio della Chiesa cattolica - si va sempre più intensificando.

E' questo uno dei motivi che ha indotto me ed altri fratelli di fede a scrivere ed a chiarire, anche a voce, ancora una volta, i molteplici errori propalati da tante comunità cristiane.

Quanto sia necessaria oggi l'unione tra i cristiani non c'è chi non lo veda. Molti protestanti si vanno rendendo conto che le nostre divisioni sono un grande ostacolo all'evangelizzazione del mondo.

Gesù stesso - sapendo come sarebbero andate le cose - ci ha espresso il suo volere di unità tramite la ripetuta supplica al Padre: "   ... affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

La preghiera - che deve essere l'anima di tutto il movimento ecumenico - ci ricorda continuamente che l'unità é un dono del Padre, e che l'ottenerlo richiede umiltà di spirito, conversione interiore e viva fede. La riconciliazione di tutti i cristiani supera ogni capacità e ogni sforzo umano, ed è un dono cosi grande che occorre meritarselo almeno in parte; il resto, come sempre, lo fa Dio.

“Un movimento non si arresta e non si deve arrestare prima di aver ottenuto il suo scopo. Ora, noi non siamo ancora arrivati allo scopo, anche se ringraziamo Dio per il cammino percorso dopo il Concilio... La nostra ansia di arrivare, l'urgenza di mettere fine allo scandalo insopportabile della divisione dei cristiani, ci impone di evitare ogni leggerezza e ogni zelo imprudente... Non si guarisce un male amministrando sedativi, ma attaccandone le cause...”

“La Chiesa ha la sua principale manifestazione nel riunire tutti i suoi figli attorno al medesimo altare per la celebrazione dell'Eucaristia... Più noi ci troviamo come fratelli attorno alla carità di Cristo, più ci è penoso vedere che non ci siamo tutti a partecipare al grande mistero..." (Giovanni Paolo II ai membri del Segretariato per l'Unità dei Cristiani il 19 nov. 1979, cf; “La Domenica", Epifania del Signore 1979 - Ed. Paoline).

La divisione dei cristiani non è soltanto uno scandalo ma è anche un grave ostacolo alla diffusione del Vangelo. Come si può accettare un messaggio di carità e di amore annunciato da predicatori rivali? E come si può seguire un Cristo morto e risorto per la salvezza di tutti, quando viene predicato da Chiese in opposizione tra loro?

E' ovvio che questo stato di cose impedisce e ritarda la conversione del mondo. Ai cattolici, quindi, come primo mezzo di propaganda, vengono raccomandate molto caldamente la preghiera, l'autentica vita cristiana, l'amore verso i fratelli separati e l'approfondimento delle verità evangeliche. Amiamoci e nelle nostre polemiche dottrinali non perdiamo mai di vista il notissimo effato "in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas" (nelle cose necessarie ci sia l'unità, nelle dubbie libertà, e in tutto sempre la carità), perché la Chiesa cattolica, Città di Dio, "ha per re la verità, per legge la carità, per misura l'eternità" (S. Agostino); e perché - secondo la felice espressione di Giovanni XXIII - in un ordine genuinamente cristiano il “fondamento è la verità, misura e obiettivo la giustizia, forza propulsiva l'amore, metodo di attuazione la libertà".

Perciò noi non dobbiamo unirci per essere più forti contro... ma per essere più fedeli, migliori servitori di Dio e degli uomini.

L'unità non si fa per un movimento tangenziale... ma per approfondimento spirituale nel Cristo. Insomma, secondo la mentalità cattolica, Ecumenismo deve essere morte a se stesso, all'orgoglio, alla propria giustizia, alla tentazione di crederci migliori. Umiltà, sincerità, approfondimento di dottrina, amore, qualità queste che bisogna avere per giungere alla verità.

 

Non cattolico. Dici delle belle parole, ma praticamente la Chiesa cattolica non ha fatto nulla ancora di veramente concreto per questa tanta desiderata unità.

 

Cattolico. Tutt'altro. L'autorità ecclesiastica, specialmente al vertice, ci dà l'esempio di tutte queste virtù necessarie alla eliminazione dello scandalo delle divisioni.

"Se qualche colpa fosse a noi imputabile per questa separazione, ne chiediamo umilmente perdono al Signore ed insieme chiediamo perdono ai nostri Fratelli se essi pensassero di avere ricevuto da noi qualche torto" (Paolo VI nel discorso di apertura della 2° sessione del Concilio Vaticano II). E pochi mesi dopo (gennaio 1964) a Gerusalemme sul sepolcro di Cristo: "Ecco, o Signore Gesù, noi siamo venuti per riconoscere il misterioso rapporto fra i nostri peccati e la Tua passione; opera nostra, opera Tua; noi siamo"venuti per batterci il petto, per domandarti perdono, per invocare la Tua misericordia" (Paolo VI).

Come vedi, fratello carissimo, abbiamo tutti il dovere sacrosanto di ricomporre "Il Cristo dilacerato”. Questa espressione è il titolo di un libro scritto da un autore francese. L'aveva già usata l'Apostolo Paolo: “mi è stato segnalato che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: Io sono di Paolo; io sono di Apollo; E io di Cefa; E io di Cristo... Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi?" (cf 1 Cor 10,16). L'aveva ripetuto S. Agostino: "Venne il persecutore e non spezzò le ginocchia di Cristo, venne Donato, l'eretico, e frantumò la Chiesa di Cristo; integro resta il Corpo di Cristo tra le mani dei persecutori, non resta integro tra le mani dei cristiani".

 

Non cattolico. Praticamente tu dici quello che ho detto già io: Noi siamo pronti a collaborare con tutti quei cattolici che desiderano sottomettersi alla totale obbedienza dell'Evangelo di Gesù Cristo.

 

Cattolico. Io so che in queste tue parole, per se stesso cosi promettenti, ci sono poi delle riserve quali quelle già rilevate precedentemente e nella tua ultima dichiarazione quando parli “del valore della affermazioni dei protestanti, apparsi col Valdismo del secolo XII e con la Riforma dei secolo XVI”.

Noi dobbiamo unirci, si, ma non nell’”indifferentismo", non nell"unionismo", non nel "federalismo" e neppure nell'”irenismo", ma in quell'unità che ci ha comandato Gesù e che deve avere come scopo la "fraterna ed evangelica unione” come base la Verità, come metodo la Carità, come ideale la Santità, facendo continuamente nostra la preghiera del Redentore: “Siano tutti una cosa sola, come Tu, Padre, sei in Me ed io in Te, perché anch'essi siano in noi una cosa sola. Io in loro e Tu in me, perché siano perfetti nell'unità" (Gv 17,21-23) (…) “E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste Io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,16).

Quanto abbiamo fin qui detto ci aiuta a comprendere come il Vaticano II possa interpretare lo sforzo per l'unità dei cristiani - sforzo ecumenico - come lo sforzo di perfezionare un'unità già esistente anche se poco o molto imperfettamente, piuttosto che per costruire un'unità che non esiste ancora affatto.

Il compito ecumenico - afferma il Concilio - è quello di “costruire l'unico Corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio". E questo perché “solo per mezzo della Cattolica Chiesa di Cristo... si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salute" (U.R. 3). Non diversamente la Professio fidei di Paolo VI: “Riconoscendo, al di fuori dell'organismo della Chiesa di Cristo, l'esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all'unità cattolica, e credendo all'azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l'amore per tale unità, noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l'unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore".

Data la situazione attuale, si capisce che lo sforzo ecumenico debba dirigersi, prima di tutto, in senso psicologico: per dissipare prevenzioni ed equivoci, che sono una autentica sedimentazione storica.

Proprio in questo senso possiamo riconoscere, con soddisfazione, che in questi ultimi anni si sono fatti molti passi: nulla ancora è stato né deciso né affrontato in sede dottrinale, dove quindi le posizioni rimangono pressoché inalterate; ma il clima psicologico è notevolmente cambiato.

Alla chiusura e diffidenza reciproca è sottentrato un desiderio di reciproca conoscenza e reciproca intesa. Taluni equivoci e incomprensioni sono state dissipate; una corrente di simpatia e di carità sembra stia avvicinando le varie parti. E questo è dovuto prima di tutto alle iniziative del pontificato, che trovarono pronta rispondenza presso personalità responsabili sia ortodosse che protestanti.

Con  l'apertura dei Concilio Vaticano II ebbe inizio il disgelo - se così possiamo dirlo - del clima sfavorevole durato per tanto tempo: al Concilio, per esempio, parteciparono, invitati dalla S. Sede, con la veste ufficiale di osservatori, rappresentanti di Chiese Ortodosse e di confessioni protestanti: la partecipazione crebbe dalla prima sessione (1962) all'ultima (1965).

Paolo VI nel discorso pronunciato alla presenza degli osservatori non cattolici in occasione della solenne cerimonia per impetrare l'unità dei cristiani, tenuta il 4 dic. 1965 nella basilica ostiense, così sintetizzò i risultati fin allora raggiunti dal movimento ecumenico:

l. Abbiamo tutti acquistato coscienza più acuta dell'esistenza del problema dell'unità;

2. Si è accesa più viva la speranza nella possibilità della soluzione;

3. Ci siamo incontrati e ci siamo meglio conosciuti non solo come individui ma proprio anche come comunità cristiane;

4. Abbiamo riconosciuto i nostri torti e abbiamo rinunciato a sentimenti profani, per ispirarci nei nostri rapporti solo alla carità.

E avendo ritrovata la via della carità siamo certamente sulla via voluta da Gesù Cristo. Le vicende dell'ecumenismo post-conciliare non debbono dar luogo a troppo facili speranze, che sarebbero illusioni e potrebbero diventare delusioni; e neppure però a riserve e a diffidenze, che potrebbero essere corrosive e finire in un inerte scetticismo. Su queste due deviazioni del genuino ecumenismo ha richiamato l'attenzione più volte Paolo VI nei suoi discorsi il 15.1.1967 denunciava l'atteggiamento di taluni che pensano "che basti la carità, certamente indispensabile, a unire i cristiani, senza l'adesione alla verità di una unica fede".

Ora questo “è un atteggiamento sbagliato, perché può essere fonte di illusioni e di delusioni, di debolezza e di conformismo punto giovevoli alla causa, del vero ecumenismo" (19.1.1966).

Il vero ecumenismo infatti - ribadisce il pontefice in un discorso del 18.1.67 - "non è semplicismo, non è irenismo superficiale e incurante delle intrinseche istanze della verità religiosa". Come afferma il Vaticano II: “Nulla è più alieno, dall'ecumenismo, quanto quel falso irenismo, dal quale viene a soffrire la purezza della dottrina cattolica e viene oscurato il suo senso, genuino e preciso" (U.R. § 11). Questi così espliciti e insistenti richiami non convinsero tutti. E così Paolo VI ebbe l'amarezza di dover ulteriormente denunciare taluni “procedimenti superficiali, frettolosi e controproducenti" (22.1.69), e talune “iniziative intempestive adottate purtroppo in varie parti del mondo" (Al Segretariato per l'unità dei cristiani, 13.11.68) da gruppi di zelanti poco illuminati e impazienti...

Bisogna invece convincersi che la via dell'unione è ancora lunga, e solo se ne verrà a capo se la si percorrerà con fermezza, pazienza e prudenza. Lo ricorda Paolo VI parlando in una solenne funzione per l'unità dei cristiani, tenuta nella basilica ostiense (4.12.65) a conclusione del Concilio, alla presenza dei rappresentanti delle Chiese e confessioni cristiane: “La Chiesa cattolica... avrebbe desiderato celebrare con voi... l'incontro finale e decisivo, ma si rende conto che si tratta di una fretta troppo umana... resta ancora molto cammino da fare, molte preghiere da innalzare al Padre dei lumi, molte veglie da affrontare..." (cf "Dottrina della fede", di Franco Amerio, pagg. 208-211).

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