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San Pietro ha soggiornato a Roma?

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2009 10:47
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02/09/2009 07:49

Di enorme importanza fu invece il ritrovamento di un graffito di sette lettere greche (ricordiamo che il greco era allora la seconda lingua dell'impero), inciso sul "Muro rosso" nella zona di esso alla quale veniva ad appoggiarsi il lato Nord del muro "G". In tal modo il graffito veniva a trovarsi all'interno del Loculo, come risulta dal suo perfetto adattamento alla lacuna rimasta nell'intonaco del "Muro rosso". Ciò ha portato giustamente la professoressa Guarducci ad arguire che quella scritta fosse stata graffita da una mano insinuatasi nel loculo prima della sua chiusura in età costantiniana.

Tale graffito diceva:

 

La storia di questo graffito è, a dir poco, rocambolesca. Esso fu trovato su una carriola di detriti dal padre Ferrua, uno dei quattro scavatori ufficiali, il quale (per motivi inspiegabili o, come lui disse, per salvarlo) se l'era portato a casa sua finché, quando nel 1952 la cosa fu risaputa, per ordine di Pio XII dovette restituirlo al Vaticano.

Le sette lettere greche sono così state interpretate esattamente dalla professoressa Margherita Guarducci, epigrafista di fama mondiale:

 

 

Facciamo notare che l'esistenza del prezioso graffito essendo venuta a conoscenza purtroppo solo nel 1952 quando la campagna di scavi indetta da Pio XII era da tempo ufficialmente conclusa non poté essere annunciata da Pio XII nel suo solenne annuncio del ritrovamento della Tomba fatto alla chiusura dell'Anno Santo 1950.

 

* * *

Al termine dei lavori, gli archeologi diretti da Mons. Kaas giunsero anche a stabilire con certezza che i successivi rifacimenti dell'altare della Confessione, che vari Papi avevano operato nei secoli (l'altare maggiore della Basilica costantiniana fu rifatto da Gregorio Magno nel VI secolo e poi da Papa Callisto II nel XII secolo e infine da Clemente VIII nel XVI secolo) giacciono tutti uno sopra l'altro e poggiano tutti sull'antico monumento costantiniano.

Lo spaccato verticale della zona archeologica rappresentato nella fprossima immagine mostra, in basso, il luogo terrigno della primitiva sepoltura del corpo di Pietro' avvenuta subito dopo il martirio, sulla quale, nel II secolo è stata innalzata l' edicola funeraria o ''Trofeo" detto di Gaio. Sulla destra si vede il muro "G'' con il loculo marmoreo dove Costantino trasportò, nel IV secolo, le ossa dell'Apostolo. Il tutto ha come sfondo la parete orientale del ''Muro rosso".

Alla base del disegno si vede il livello del pavimento costantiniano; più in su la base dell'altare di Callisto II (secolo XII) che circondava quello più piccolo eretto nel VI secolo da Gregorio Magno; più in su ancora il piano dell'attuale altare con le colonne a tortiglione del Bernini.
In sostanza, gli scavi fatti effettuare da Pio XII confermarono archeologicamente quanto già storicamente si sapeva con certezza: che la tomba di San Pietro esiste ancor oggi sotto l'altare papale detto della "Confessione" della Basilica Vaticana, tanto che Pio XII poté dichiarare al mondo nel radiomessaggio natalizio a chiusura dell'Anno Santo 1950: «É stata veramente trovala la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo "Si": la tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata!».

 

IL PROSEGUIMENTO DELLE RICERCHE ARCHEOLOGICHE DA PARTE DELLA PROFESSORESSA GUARDUCCI E IL RINVENIMENTO DELLE OSSA DI SAN PIETRO.

Al termine degli scavi suddetti, se si era ritrovata con certezza la tomba di San Pietro, non altrettanto si poteva dire per le ossa del Santo.
Tali scavi infatti misero in luce sia la primitiva tomba interrata sia quella costantiniana ricavata nello spessore del muro "G", ma delle ossa non se ne seppe almeno - ufficialmente - nulla.
Il merito del rinvenimento delle ossa dell'Apostolo va principalmente alla professoressa Margherita Guarducci, il cui nome resterà per sempre legato al ritrovamento e alla identificazione scientifica delle ossa del Santo; e quel che ora diremo non è che il riassunto di quanto la stessa professoressa Guarducci ha scritto nel suo libro: La Tomba di San Pietro edito nel 1989 dalla Editrice Rusconi di Milano. A questo libro appassionante rimandiamo il lettore che volesse approfondire l'argomento.
La storia del ritrovamento ha veramente del romanzesco. Perché infatti le ossa di San Pietro non furono ritrovate nel Loculo del muro ''G" nel quale Costantino le aveva certamente riposte?
Per comprenderlo bisogna rifarsi al 1941. In quell'epoca, mons Kaas, che era il sovrintendente agli scavi, per controllare personalmente il procedere dei lavori era solito fare, verso sera, a Basilica chiusa, un giro di ispezione nella zona degli scavi, accompagnato dal "sampietrino" (i "sampietrini" sono gli operai addetti alla manutenzione della Basilica di San Pietro) Giovanni Segoni.
Una sera, durante l'ispezione, mons. Kaas notò che all'interno del Loculo del muro "G'", in mezzo a vari detriti ivi caduti dalle pareti in seguito alle forti scosse causate dagli scavi, affioravano alcune ossa umane.
La presenza di queste ossa era sfuggita ai quattro archeologi che vi lavoravano durante il giorno, forse perché giudicarono di nessuna rilevanza archeologica i detriti crollati nel
Loculo o forse pensarono di esaminarli in un secondo tempo.
Ma l'occhio più attento di mons. Kaas o forse quello del "sampietrino" Segoni notarono le ossa; e fu un innato senso di pietà verso i trapassati che Mons Kaas decise di separare subito le ossa dai detriti e di farle mettere dal Segoni in una cassetta di legno che lo stesso Segoni e Mons. Kaas depositarono in un magazzino nelle grotte vaticane.
Con ciò, scrive la Guarducci, mons. Kaas aveva salvato, pur non sapendolo, le reliquie di Pietro».


* * *

Ed ora dobbiamo fare un salto di oltre 10 anni ed arrivare al 1953, anno in cui la professoressa Guarducci ebbe il permesso di scendere a ispezionare le grotte vaticane.
Il suo compito era quello di studiare i numerosi graffiti esistenti sul muro ''G'' che i precedenti archeologi non erano riusciti a decifrare che in minima parte.
Ma sentiamo ora il racconto della stessa professoressa:
«Mentre mi scervellavo per trovare una via dentro quella selva selvaggia [dei graffiti], mi venne in mente che forse mi sarebbe stato utile sapere se qualche altra cosa fosse stata trovata nel sottostante Loculo, oltre i piccoli resti descritti dagli scavatori nella relazione ufficiale.
Era, per caso, vicino a me Giovanni Segoni, da poco promosso al grado di "capoccia" [capo] dei sampietrini. A lui, che sapevo aver preso viva parte agli scavi, rivolsi dunque la mia domanda, ed egli mi rispose senza esitare:
Si, qualche altra cosa ci deve essere, perché ricordo di averla raccolta io con le mie mani. Andiamo a vedere se la troviamo".
Egli mi guidò allora verso il deposito dei materiali ossei, davanti alla cappella di San Colombano. Entrai dunque dietro il Segoni, per la prima volta, in quell'ambiente. Lì, fra casse e canestri pieni di materiali ossei e di altre cose varie, giaceva ancora al suolo la cassetta che più di dieci anni prima il Segoni stesso e mons. Kaas vi avevano deposta...
Un biglietto, infilato tra la cassetta e il coperchio, molto umido ma ancora perfettamente leggibile, dichiarava che quel materiale proveniva dal muro "G". II Segoni mi disse di averlo scritto egli stesso sotto dettatura di mons. Kaas, ciò che, del resto, era prassi usuale.

Credetti opportuno e doveroso portare subito la cassetta nello studio dell'Ing. Vacchini [direttore dell'Ufficio tecnico della Fabbrica di San Pietro] e qui, davanti alla finestra, la cassetta fu aperta e ne estraemmo il contenuto.
Vi trovammo una certa quantità di ossa, di colore spiccatamente chiaro, frammiste a terra, un paio di scaglie di marmo, frammenti di laterizii e di malta, frammenti d'intonaco rosso, piccolissimi frammenti di stoffa rossastra intessuta di fili d'oro, e una moneta medioevale d'argento, che poi risultò battuta a Lucca nell'XI secolo [questa moneta risultò poi far parte di altre monete gettate dai fedeli intorno alla tomba di Pietro lungo i secoli, ed anche introdotte nel Loculo attraverso una fessura dell'intonaco tuttora esistente. Il tutto era fortemente impregnato di umidità.

Nessuno avrebbe potuto ragionevolmente mettere in dubbio la provenienza di quel materiale dal Loculo del muro "G": la dichiarazione del Segoni e l'indicazione del biglietto erano infatti clamorosamente confermate dalla perfetta omogeneità del materiale contenuto nella cassetta con quello del Loculo. Specialmente significativa era la presenza dei frammenti di intonaco rosso nell'una e nell'altro».
Poi la professoressa Guarducci fa questa confessione che rivela la sua serietà scientifica:
«Debbo dire, a questo punto, che già mi era balenata nella mente l'idea, ovvia del resto, che il loculo del muro "G" fosse destinato in origine ad accogliere le reliquie di Pietro, e che quest'idea si presentò in seguito, come ipotesi, anche ad altri studiosi.
Allora però, davanti ai resti recuperati, io mi sentii fortemente scettica...».  
La professoressa voleva evidentemente che il riconoscimento di quelle ossa fosse condotto con estremo rigore scientifico e da diversi specialisti nelle varie scienze mediche, paleoantropologiche, storiche, ecc. E di fatto tali esami iniziarono subito e si protrassero per ben 10 anni, fino al giugno del 1963.
Nel 1956, come antropologo fu scelto dalle autorità della Fabbrica di San Pietro il celebre professor Venerando Correnti che, dopo aver esaminato altri reperti ossei (che risultarono però appartenere a più persone) prese a studiare le ossa contenute nella cassetta che chiamò VMG perché sapeva che provenivano dal Vano del Muro "G".

Ed ecco il risultato dei suoi studi:

- le ossa appartenevano ad un unico individuo;- esse appartenevano a un individuo di sesso maschile e di robusta costituzione vissuto circa 2000 anni fa;

- l'età dell'individuo oscillava tra i 60 e i 70 anni;

- esse costituivano, in volume, circa la metà del totale dello scheletro e rappresentavano tutte le parti del corpo, cranio compreso (27 frammenti), esclusi i piedi;

- tutte le ossa erano incrostate di terra;

- alcune ossa sporgenti presentavano tracce regolari di colore rossastro che facevano pensare a un involucro di tessuto.

Ora, tutte queste caratteristiche si adattavano perfettamente ella persona di Pietro.

Continua la professoressa Guarducci:


«Pensai anche al graffito del "Muro rosso"  "PETROS ENI'"(Pietro è qui dentro), esistente nell'interno del loculo, al di sopra delle ossa.
Si fece allora strada nella mia mente un illuminante pensiero: che fossero veramente quelle le ossa di Pietro?...
L'affascinante idea andava sempre più affermandosi. Tutti gli elementi convergevano verso tale soluzione con impressionante coerenza, tanto che già il 25 novembre 1963 potei annunciare a Paolo VI che, con estrema probabilità, le ossa di Pietro erano state identificate».


Intanto le indagini scientifiche venivano estese al campo merceologico e chimico, condotte dalla professoressa Maria Luisa Stein e dal professor Paolo Malatesta dell'Università di Roma e portarono, per quanto riguardava i tessuti, a risultati importanti. Esse dimostrarono che si trattava di un finissima stoffa tinta con autentica porpora di murice e che l'oro era autentico e purissimo: lo stesso tipo di tessuto porporino intrecciato con oro nel quale venivano avvolti i corpi degli Imperatori o dei personaggi degni di altissimo onore!
Anche la terra incrostata alle ossa fu sottoposta ad esame petrografico dai professori Carlo Lauro e Giancarlo Negretti: si trattava di terra (sabbia marnosa) perfettamente analoga alla terra del campo "P", il che confermava la provenienza di quelle ossa dal Loculo interrato che giaceva sotto l'edicola del II secolo.

* * *

A conclusione di tali accertamenti e di altri rigorosissimi fatti negli anni seguenti da scienziati di tutto il mondo, Paolo VI, durante l'udienza pubblica nella Basilica Vaticana del 26 giugno 1968, annunciò ai fedeli che le ossa di Pietro erano state ritrovate e identificate.
Il giorno seguente' giovedì 27 giugno 1 l968, le reliquie del corpo di Pietro furono solennemente riportate nel Loculo del muro "G" dove Costantino le aveva deposte sedici secoli prima e da dove, 27 anni prima, mons. Kaas le aveva inconsapevolmente tolte, salvandole però in tal modo da quasi sicura dispersione.
Le ossa dell'Apostolo erano precedentemente state racchiuse in 19 contenitori di plexiglas a tenuta stagna, legati da un filo di rame argentato fermato con il sigillo della Fabbrica di San Pietro.



L'ENORME PORTATA STORICA, TEOLOGICA ED

ECUMENICA DEL RITROVAMENTO DELLE OSSA DI

PIETRO.

 


1 - L'archeologia è, tra le scienze, forse la più ''concreta'': essa ha per oggetto realtà materiali, visibili, palpabili. I reperti storici sono lì da vedere e ognuno li può studiare, analizzare, datare in modo oggettivo col sussidio di quasi tutte le altre scienze sperimentali come la fisica, la chimica, ecc.
Essa è, a sua volta, una scienza sussidiaria della storia. É vero che la storia ha le sue proprie fonti letterarie e di tradizione orale, ma trova nella archeologia una fonte sussidiaria che conferma in modo oggettivo e palpabile i dati delle altre fonti e talvolta li corregge e li precisa.
Ebbene, con il rinvenimento della tomba e delle ossa di Pietro, la bimillenaria ed ininterrotta tradizione storica della venuta di San Pietro a Roma, della sua permanenza come Vescovo, del suo martirio e della sua sepoltura, riceve una conferma irrefutabile e consolantissima.

2 - Inoltre non è chi non veda quanto questo rinvenimento conforti ciò che da sempre la teologia cattolica ha sostenuto: ossia che il Primato sugli altri Apostoli conferito da Cristo a Pietro si trasmette, in forza della successione nella Cattedra di Pietro, ai Vescovi di Roma, fino alla fine del mondo.
Si deve qui ricordare che tutto il mondo protestante aveva sempre negato, cominciando dallo stesso Lutero, la presenza della tomba (e delle ossa) di Pietro a Roma.  Ma questa negazione era evidentemente strumentale, dato che Lutero stesso, il quale conosceva benissimo le tradizioni letterarie al riguardo, non poteva ignorare la verità di questo dato storico.
Ma, tant'è, quando un'ideologia offusca la mente di un uomo questi non arretra neppure davanti alla negazione e al capovolgimento delle più evidenti realtà storiche!
Questa negazione ha percorso e sostenuto tutta la polemica teologica anticattolica dei protestanti (e degli ortodossi), fino ai nostri giorni, ed il ritrovamento della tomba e delle ossa di Pietro dovrebbe indurre al ripensamento gli attuali negatori del Primato del Vescovo di Roma su tutta l'unica Chiesa di Cristo!
Un bell'esempio di ravvedimento ci è offerto da un grande studioso protestante, che fu anche Osservatore al Concilio Vaticano II, Oscar Cullmann: dopo l'annuncio di Pio XII del ritrovamento della Tomba, egli uscì a dire alla Guarducci: «Ma che tomba avete trovato? Non c'è il nome, non ci sono le ossa...»; ma quando, quattordici anni dopo, la stessa professoressa Guarducci gli sottopose la documentazione archeologica della presenza del nome di Pietro accanto e nella tomba, e le ossa identificate con assoluta certezza, allora sul suo volto si dipinse lo sbalordimento e una mal repressa vena di disappunto, superato però subito dal desiderio di sapere tutto sulla straordinaria scoperta (Cfr. O.C. pag. 99).

3 - Da ultimo ci piace sottolineare l'enorme portata ecumenica di questo ritrovamento archeologico.

Il vero ecumenismo non è il cammino verso l'Unione per giungere alla Verità, ma è il cammino verso la Verità per giungere all'Unione; perché la Verità precede e fonda l'Unione, come Cristo, che è la Verità, precede e fonda l'unica Chiesa.
Il ritrovamento della tomba e delle ossa di Pietro sono un provvidenziale richiamo a tutti noi su come dobbiamo condurre il nostro impegno ecumenico: anzitutto nella fedeltà personale al Magistero della Chiesa Cattolica; poi nella proposizione integrale dell'umica Verità ai fratelli separati; e, solo dopo, nella ricerca fraterna di un dialogo che appiani le loro difficoltà e li conduca ad accettare la Verità tutta intera.
Non è certamente merito nostro se siamo nati e cresciuti nell'unica vera Chiesa che Cristo ha fondato su Pietro; ma sarebbe nostro eterno demerito se ci lasciassimo sedurre dal desiderio di far presto l'Unione e di farla a qualunque costo. Quanti sbagli sono stati commessi e quanto tempo è stato perduto da chi ha voluto percorrere questa via! Che le sacre Reliquie del Principe degli Apostoli (le uniche fino ad oggi ritrovate di un Apostolo!) ci richiamino costantemente a perseguire l'Unità solo passando per la Verità, che è Cristo!

 

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