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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Vocazione Sacerdotale

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 12:48
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03/09/2009 12:46

LA VOCAZIONE SACERDOTALE

In senso etimologico vocazione significa: appello, chiamata; nella religione cattolica la vocazione sacerdotale è l'appello soprannaturale di Dio ad un giovane perchè si consacri al sacerdozio. Esso consta di due elementi uno divino e uno ecclesiastico. L'elemento divino è l'appello di Dio, che San Tommaso d'Aquino chiama vocazione interiore, mentre l'elemento ecclesiastico costituisce la vocazione esteriore.

La vocazione è una manifestazione dell'amore infinito ed eterno di Dio, è un dono gratuito, che viene direttamente dal Cuore di Dio.

La prima condizione per santificare la nostra vita è di viverla nello stato (matrimonio, celibato, professione religiosa, sacerdozio), dove la volontà del nostro Creatore ci chiama. Infatti, sebbene tutti i battezzati abbiano un'origine comune e un destino identico, ognuno però ha la sua perfezione, il suo posto riservato, il suo ruolo da compiere. Il sacerdozio non è una semplice grazia di santificazione personale, è una dignità e una funzione conferita da Dio a certi uomini per la santificazione dei loro simili. Infatti leggiamo nell'epistola agli Ebrei di San Paolo: "Ogni pontefice - il termine vale anche per il semplice sacerdote - proveniente dagli uomini, è costituito a vantaggio degli uomini per i loro rapporti con Dio, al fine di offrire doni e sacrifici per i peccati" (Eb 5, 1). È dunque una partecipazione all'opera redentrice di Cristo. Per accedere al sacerdozio occorre esservi specialmente chiamati da Dio. "E non vi è nessuno - prosegue l'epistola - che assuma da sé la dignità ma vi è chiamato da Dio, com'è il caso di Aronne" (Ebr 5, 4). Anche Gesù scelse e chiamò Lui stesso i suoi Apostoli; infatti

dopo aver passato la notte in preghiera "chiamò i suoi discepoli e ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di Apostoli" (Lc 6, 13). E un giorno disse loro con una precisione perentoria: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho destinati ad andare a portare frutto e il vostro frutto permanga" (Gv 15, 16).

Questa vocazione è così necessaria che Gesù stesso non ne fu dispensato: ha dovuto riceverla dal Padre celeste. "Per questo continua - San Paolo - anche Cristo non si arrogò da sé la gloria di diventare sommo sacerdote, ma la diede Colui che disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»; come anche in un altro luogo dice: «Tu sei sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec»" (Eb 5, 5 s). Se fu necessaria una vocazione speciale al Redentore, pontefice umano divino, a maggior ragione ci deve essere per coloro che Cristo ha fatto suoi strumenti sacerdotali nell'opera redentrice.

Senza dubbio la vocazione è essenzialmente un appello divino, ma per chiudere la strada alle illusioni pericolose, alle ambizioni egoiste e ai futuri scandali questo appello ha bisogno di essere controllato ed autenticato. Tanti elementi diversi, infatti, di ineguale valore possono influenzare, in un senso o in un altro, una decisione: entusiasmo senza riflessione, vedute umane, attrattive pericolose, timori esagerati, pregiudizi, sollecitazioni interessate, illusioni diaboliche. Per dissipare la nebbia di queste incertezze un insieme poco comune di qualità intellettuali e di disposizioni morali è richiesto: buon senso, giudizio, prudenza, spirito di fede, lealtà nella ricerca e innanzi tutto, qualunque sia la volontà divina, una santa indifferenza. L'attrazione naturale e soprannaturale non è da sola un segno infallibile di vocazione e neppure la sola assenza di impedimenti. La vocazione, ripetiamo, consta di due atti: nel primo Dio agisce con la grazia sulla volontà umana, si tratta della vocazione interiore, nel secondo agisce canonicamente tramite l'appello del vescovo e il conferimento della grazia sacramentale, si tratta della vocazione esteriore.

Questa elezione, per il bene di tutti, esige il riconoscimento e la ratificazione da parte dell'autorità legittima. In realtà la vita religiosa e clericale costituisce nella Chiesa uno stato di vita pubblico ed ufficiale in cui nessuno ha diritto di intromettersi da se stesso, anche se avesse personalmente coscienza della sua vocazione. Al Vescovo e ai superiori appartengono il diritto e il dovere di esaminare i candidati, di constatare il bene fondato delle loro aspirazioni e finalmente di ammetterli o di scartarli. Tutto questo si svolge nei Seminari, Noviziati e Scolasticati.

UNA PROVVIDENZIALE CONTROVERSIA

Occorre ricordare che nella letteratura vocazionista ci fu un tempo, fino al secolo scorso, nel quale si accentuava con eccesso l'elemento interiore. Fu contro queste esagerazioni che il canonico Lahitton reagì difendendo in modo particolare l'elemento esteriore. All'inizio questi si portò verso l'eccesso opposto, insegnando che la vocazione divina consiste unicamente nell'appello del Vescovo (1906), ma più tardi egli si corresse in una seconda opera, attenuando la sua tesi (1910). San Pio X incaricò una commissione speciale di cardinali di esaminare il problema per arrivare ad una conclusione. La commissione, in una riunione plenaria del 20 giugno 1912, rese un giudizio secondo il quale il libro del can. Lahitton non deve essere affatto riprovato, ma al contrario merita le lodi (egregie laudandum). Ecco il giudizio della commissione:

- 1. nessuno ha mai diritto all'ordinazione prima di essere stato liberamente eletto dal vescovo;

- 2. la condizione che bisogna esaminare dal lato dell'ordinando, e che si chiama vocazione sacerdotale, non consiste necessariamente e ordinariamente, in una certa aspirazione interiore del soggetto o in inviti dello Spirito Santo a ricevere il sacerdozio;

- 3. per essere regolarmente chiamati dal vescovo niente si esige più da lui che l'intenzione retta unita all'idoneità; questa consiste in tali qualità di natura e di grazia e si afferma con una probità di vita e una misura di scienza tale che se ne possa concepire la speranza fondata che il soggetto sarà capace di compiere convenientemente le funzioni del sacerdozio e di custodirne santamente gli obblighi. L'intenzione retta è il desiderio soprannaturale o l'accettazione soprannaturale del sacerdozio, ora questa si fa con un'ispirazione della grazia preveniente.

L'approvazione delle dottrine del can. Lahitton aveva per scopo di affermare che nessuno può, sotto pretesto che si sente chiamato, "che ha la vocazione", esigere il sacerdozio .

Tutto questo era già riportato dalla S. Scrittura: San Paolo, dopo aver ricordato a Timoteo le attitudini e le virtù che doveva esigere dagli aspiranti al sacerdozio, aggiunse: "Non aver fretta di imporre le mani a nessuno, al fine di non partecipare ai peccati altrui" (1 Tm 5, 22). Questa autentificazione dell'appello divino al sacerdozio tramite la Chiesa è anche così indispensabile che quando Dio stesso designò i soggetti, che aveva scelti e chiamati, li sottomise anche all'imposizione delle mani dei presbiteri. Fu il caso di S. Paolo e di Barnaba (At 13, 1 ss). Lo Spirito Santo che dichiarava di averli scelti per le funzioni apostoliche, avrebbe potuto conferirne loro la dignità ed accontentarsi di avvertirne l'assistenza, invece non fu così. Sebbene scelti e designati da Dio non divennero sacerdoti e vescovi che con l'imposizione delle mani, cioè con l'investitura della Chiesa. Così decise lo Spirito Santo stesso. La conferma inequivocabile di questa verità venne anche dal Concilio di Trento che dichiarò che sono chiamati da Dio coloro che sono chiamati dai ministri legittimi della Chiesa.

A sua volta il Codice di Diritto Canonico del 1917 affermò al can. 968 § 1, che per essere lecita l'ordinazione, occorre che il soggetto ne sia giudicato degno dal proprio Ordinario. È dunque l'Ordinario che è il giudice della vocazione. In poche parole l'appello divino deve essere rivolto dalla Chiesa solo a dei soggetti dotati di attitudini convenienti e animati da retta intenzione.

ALCUNE FUNZIONI DEL SACERDOTE

"Il sacerdote è il canale della grazia; in un certo modo pure il laico può esserlo per la sua dedizione, carità, abnegazione, spirito di sacrificio: ma cos'è questo potere, paragonato a quello del sacerdote che fa entrare Dio in un'anima col Battesimo, o vi fa rientrare Dio con la confessione, o al suo potere presso i moribondi? Il laico può preparare alla grazia, ma non può conferirla, il laico può disporre al perdono, solo il sacerdote può dare l'assoluzione...".

"Vi è un uomo in ogni parrocchia che non ha famiglia, ma che fa parte della famiglia di tutti; che prende l'uomo dal seno di sua madre e non lo lascia che alla tomba; che benedice o consacra la culla, il letto della morte e la bara; un uomo che i bambini si abituano ad amare e a venerare... ai piedi del quale i cristiani vanno a deporre le loro confessioni più intime, le loro lacrime più segrete; un uomo che è il consolatore, per stato di vita, di tutte le miserie dell'anima e del corpo; che vede il povero e il ricco picchiare a turno alla sua porta: il ricco per versarvi l'elemosina segreta e il povero per riceverla senza arrossire; un uomo che ha il diritto di dire tutto e la cui parola cade dall'alto sulle intelligenze e sui cuori con l'autorità di una missione divina! Questo uomo è il sacerdote".

Da quanto citato sopra è evidente che il sacerdozio richiede un'altissima perfezione (Conc. Trento, Sess. XXII de Reform., c. I) e perfino, come dice San Tommaso, una santità interiore più grande del religioso non sacerdote. Infatti la vita religiosa mira in primo luogo e per sé alla santificazione del soggetto, mentre il sacerdozio è una funzione ordinata in primo luogo e per sé al bene del prossimo.

continua.....



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