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"A TE, Seminarista" parole al cuore del cardinale Giuseppe Siri

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2009 09:09
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Sesso: Femminile
03/09/2009 15:35

I motivi particolari di gioia di un seminarista
Ritengo che, non per ragione di dignità, ma per un motivo di­dattico, la prima verità gaudiosa da tener presente sia la seguente: con la grazia del Signore ogni dolore può essere trasformato in gioia, senza nulla togliere al merito della nostra sofferenza. Come?

l. Cominciando a ringraziare Dio che ce lo ha mandato o che lo ha permesso. È incredibile quello che può trasformare della nostra vita l'abitudine di esser grati a Dio per quello che non ci piace. E non perché in realtà questo stato d'animo serva a diminuire notevolmen­te la sofferenza umana nostra, ma perché è questa la via direttissima per essere uniti a Cristo sofferente e la via direttissima per giovare a tutti i nostri fratelli. Ci sono momenti nei quali, con umiltà, si possono chiedere a Dio le più grandi grazie, la salvezza di altri, la manifestazione della Sua gloria.

Tutto ciò richiede un allenamento che dovete iniziare ora. Esso sarà la vostra salvezza, perché, imprimendo una inclinazione quasi connaturata ad amare piuttosto quello che non piace che quello che piace, avrete in mano il talento della forza per muovervi verso la perfezione.

2. I sacerdoti che fanno tutti i giorni decorosamente la loro meditazione od orazione mentale e, per merito di questa, si mettono in grado di compiere meglio gli altri sacerdotali doveri, hanno in mano il talento per arrivare a tanto. Non se lo lascino sfuggire e godano della tranquilla fiducia di poter resistere ad ogni crisi e tentazione, stringendo bene nella mano quello stesso talento.

Tutto questo discorso può valere per qualunque fedele; ne ho conosciuti molti che questo discorso intendevano e santamente sfruttavano. Ma per voi ha una forza ed un valore speciale: voi sarete sempre (per forza dei sacri misteri che celebrerete, della orazione tipica sacerdotale) più vicini a Dio! Qui sta la formula per operare il meglio in ordine alla perseveranza nel proprio sacerdozio.

3. Cercate di capire le particolarità della vostra orazione. Prepara il vostro domani. La orazione del sacerdote prende forza dal suo «carattere» impresso dall'Ordine sacro. Per questo egli è «deputato» alle «cose sacre». Se prenderà coscienza di questo particolare valore, tanto più lo accrescerà e ne trarrà efficacia.

Questo accade soprattutto nella recita delle «Ore». In esse, in modo speciale se ex Officio, non è lui che prega, ma in lui prega la Chiesa intera, perché si tratta di un atto ufficiale.

Se la sua Fede lo soccorrerà, potrà sentire la sua preghiera delle Ore, le alternanze dei suoi versetti, la sua eco, come il coro della Gerusalemme celeste e della Comunione dei Santi. Non è questa una fantasia, è una realtà nella quale ci si può serenamente e dolcemente adagiare. Nella storia dei Santi si sa che qualcuno di loro, recitando o cantando il divino uffizio, si trovò in compagnia della Vergine e degli Angeli. Vide e fu fortunato; ma tutti possono, se sanno elevare la propria anima fino a quel livello, credere di entrare ad accompagnare in qualche modo il cantico della eternità.

Chi è deputato alle cose superne dal sacramento dell'Ordine è deputato a fruire una speciale presenza nelle realtà eterne. Nell'Ufficio della Dedicazione delle chiese, il vecchio Breviario faceva cantare per secoli tutta la Chiesa: «Sed illa sedes Coelitum / semper resultat laudibus / illi canentes jungimur / àlmae Sionis aemuli». E tutto questo lo porterà, con gioia e senza rimpianti di esperienze terrene, ben lontano da ogni mondanità e da ogni espressione della medesima.

Chi vive così la sua orazione rende a poco a poco inoperanti tutte le pericolose attrazioni mondane. Inquadra la propria vita ad un livello nel quale il Sole splende sempre.

4. Avrete la divina presenza della Eucarestia. Tale presenza darà frutti in voi quanto più la vostra Fede in essa sarà non solo attuale e viva, ma da voi continuamente tenuta accesa con i piccoli espedienti della pietà, adatti a noi piccoli esseri e che la vita del seminario vi deve insegnare. Le frequenti visite, anche brevissime, al Santissimo Sacramento a poco a poco vi daranno, quasi fisicamente, il senso di una santa fortezza resistente a tutti gli attacchi e contraddizioni della vita. Non permettete che l'abitudine sciatta vi renda atoni alla presenza di Colui che vi è sempre vicino e che nel santo sacrificio stringerete nelle vostre mani. Avete ben più che un talismano a favore!

5. Avrete la grazia dello stato. È una realtà gigantesca, che domanda a noi di essere sempre consci e di trarne fiducia. Essa vi renderà capaci di quella polivalenza nell'apostolato, che vi sarà domandata dalla obbedienza e dall'ufficio assegnato. Vi può rendere capaci di quello che non avrete mai stimato possibile alle vostri doti, vi renderà non spavaldi, ma arditi ad ogni impresa difficile.

6. Purché vi teniate ad un livello di Fede vissuta, avrete con voi il Cielo. Esperimenterete che Madre amabile e provvida sarà per voi la Santissima Vergine, vi saranno vicini gli Angeli, i Santi. Soprattutto la Santissima Vergine: vi terrà per mano. Sentirete lo stile dolcissimo e pronto della Sua materna protezione. Accanto, anzi sopra questo mondo visibile, se ne dischiuderà per voi un altro,, dandovi il senso di una forza, di una dignità e di una indipendenza invidiabili. Non è questione di fantasia, e non è necessario per questo che si arrivi alla vita mistica; Dio è Signore e vi chiede solo Fede attuale e coerenza con la Fede nel contegno.

7. Avrete sempre la tranquillità del frutto della vostra azione sacerdotale, certi che la «Parola di Dio non ritornerà a voi vuota» (Is. 55, 11).

Sarà necessario che non pretendiate di vedere voi i frutti: è sufficiente che li veda Dio e ve ne custodisca il merito per la vita eterna: «altri semina ed altri miete» (Gv. 4, 37).

8. Avrete intorno la famiglia delle anime. Questa è ben più grande, costante e duratura che la famiglia del sangue. Conosce un affetto che è puro perché nascerà dall'apostolato, dal sacrificio, insomma dalla erogazione dei beni di Dio.

Certo, questa famiglia non deve nascere da simpatie insulse, da plagi, da sentimenti troppo umani; non dovrà essere curata in funzione di una vostra corte o di un appannaggio di vanità (guardatevene bene!), ma sorgerà naturalmente nel misterioso lavorio che la grazia del Signore farà attraverso la vostra opera. Le vostre sofferenze, le contraddizioni subite ne scalderanno l'effetto. Il discorso su questa «grande famiglia» è serio e grave.

Dovrete curare i difetti del vostro temperamento, perché possono diventare le cause di un isolamento penoso; dovrete non chiudervi in una torre d'avorio; dovrete avere ampiezza di perdono, di pazienza e di servizio; dovrete dare al vostro sacerdozio un volto umano e soprannaturale insieme. Dovrete essere attenti a nulla sacrificare agli idoli della moda corrente, per piacere, per avere pubblicità e risalto. Questi costituiscono tentazioni perniciose e talvolta fatali. Lasciate nei piccoli la sincera impressione di sollecitudine affettuosa e vedrete, almeno in molti di loro, brillare la luce degli occhi che esprimono riconoscenza quando saranno grandi. Gli spettatori della vostra cura per i poveri, i diseredati, gli ammalati, i vecchi avranno prima ammirazione, poi salutare riflessione e finalmente affetto per voi.

Per decenni e decenni ho fatto caso a questo o a quello che succedeva all'Ospedale Galliera quando c'era degente qualche buon prete, qualche degno parroco. Nessuno aveva tanti visitatori come loro, nessuno aveva tanta gente che si interessasse all'andamento della malattia e della cura. Ricordo che qualche volta si sono dovuti prendere provvedimenti per arginare questo flusso invadente. Ma era una testimonianza.

Siate pazienti, generosi, di retta e purissima intenzione: non vi mancheranno amici seri.

La vita del buon prete prende addirittura una dimensione diversa dalla vita degli altri uomini. Non saranno sempre rose e fiori di questo mondo, ma quando la terra si facesse per voi arida ci sarebbe sempre per voi, ed anche in modi inauditi, la rugiada del Cielo. Questo vale tanto più perché potreste avere momenti di desolazione e depressione legati a qualunque esperienza di vita non sacerdotale; allora potrete capire quanto siano preziosi per voi il Cielo, del quale ho parlato, e la terra con il calore della riconoscenza da voi suscitata. La grande famiglia della terra potrà qualche volta apparirvi anche un po' assente, perché esistono stati d'animo che, chiedendo troppo, pensano di avere nulla; non temete. Non chiudete mai le porte a nessun confratello, anche se colpevole verso di voi; il perdono e la carità disinteressata ve lo potrà restituire nei momenti per voi amari.

Vi possono essere momenti in cui dovrete camminare da soli, per difendere la verità, la giustizia, la sacra disciplina. Non abbiate paura: in quei momenti, se manterrete il livello della vostra Fede, Dio stesso camminerà avanti a voi, accanto a voi. E la grande famiglia, se il vostro sacerdozio l'avrà creata, nulla cercando per sé, si farà sempre sentire.

Mi sono chiesto molte volte nella mia vita perché tanta gente abbia una tale acrimonia verso i preti. Ho sempre dovuto darmi questa risposta: nessuno, in qualunque situazione, riesce ad amalgamare tanta gente intorno a sé quanto un buon prete. L'ho visto negli ospedali, nelle scuole, soprattutto negli ambienti di lavoro, nelle caserme; questo «imbattibile», sempre che sia con la testa e con il cuore a posto, vince in concorrenza, quanto più non lavora per sé e lavora per amore di Dio.

La storia della «grande famiglia» è una storia lunga, assai lunga, ma è anche la storia della vostra vita. Essa resiste, anche se può avere eclissi. Cambia completamente la prospettiva: insieme nell'amore di Dio, è una storia che con volontà potete sctivere ora. È non tutta, ma una grande contropartita del dono di una castità perfetta, di una inalterata obbedienza e di un distacco del cuore dalle cose umane.

Nessuno come il sacerdote ha davanti un simile cammino. È per questo che ho potuto parlare di gioia, anche se questa non è, come ho scritto, l'unica sorgente della letizia sacerdotale. Altre ve ne sono e sono tante, a seconda della virtù acquisita, che la fantasia non basta ad enumerarle.

9. Ho assistito al tramonto, anzi al crepuscolo di tanti preti. La mia conclusione è questa: talis vita finis ita.

Quelli che possono dire di avere speso la vita solo per Dio e per i fratelli portano con sé una inesprimibile letizia, perché allora vale solo quello ed è quello che si porta con sé. È triste aver finito una vita senza orizzonti superni: è solo gioia avere accumulato, per una vita, merito al servizio di Dio.

Questo ho scritto perché sappiate già quale sarà il vostro avvenire, sappiate che è nelle mani vostre, sappiate che dipenderà dalla disciplina austera e senza tristezze, che oggi vi saprete imporre!



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