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Lettere sulla Fede e la sua integrità di un sacerdote ad una Mamma

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 20:28
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03/09/2009 20:26

V. La fede non è sostituita dal sentimento.


Attaccata da tanti lati, la fede è oggi divenuta rara nelle anime. Man mano che i tempi avanzano, noi marciamo verso il compimento della parola di Nostro Signore: "Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?" (Luca, 18, 8).

Ciò che tengo a farvi notare, Signora, è che tutte le anime che vediamo non aver piú la fede l'hanno avuta almeno al momento del battesimo. Quelle anime si trovano in uno stato molto diverso dagl'in­fedeli che non hanno mai avuto la fede. La fede è un bene cosí grande che, quando sia entrato in un'anima, ne resta sempre qualcosa.

San Francesco di Sales dice, a proposito della carità, che "qualora la carità sia separata dall'anima a causa del peccato, vi resta spesso una certa parvenza di carità, che ci può illudere e distrarre vanamente" (Trattato dell'amor di Dio, IV, c. 10).

Possiamo dire lo stesso della fede. Quando la mancanza d'istru­zione cristiana, o quando un'educazione sistematicamente empia ha fatto perdere a un cristiano il dono della fede ch'egli aveva ricevuto nel battesimo, vi resta ordinariamente una certa parvenza di fede, che ci può illudere e distrarre vanamente.

Questa parvenza di fede, per il fatto d'essere una parvenza, non è che un'immagine della fede; è una fede in immagine, o, se preferite, in immaginazione; è ciò che viene chiamato, in una certa lingua, sentimenti religiosi.

I sentimenti religiosi! Una sorta di regalo che certi uomini vogliono gentilmente fare a Dio, che deve per questo esser loro molto riconoscente; un fondo di benevolenza, piú o meno vivamente sentito, dell'uomo per Dio; una sorta di cortesía, di educazione, di buon gusto dell'uomo nei confronti di Dio: sí, tutto ciò che si potrà volere di questo genere che obblighi poco, che non dia nessun fastidio, che s'accomodi a tutto, si presti a tutto, non comprometta nulla: è questo, il piú delle volte, ciò che s'intende dire parlando di sentimenti religiosi, ma non è questa la fede.

Come la parvenza della carità ci può illudere e distrarre vana­mente, la parvenza della fede ci può illudere e c'illude spesso, ci può distrarre e ci distrae spesso.

Come può accadere?, mi direte.

È facile rispondere.

Un cristiano, per piacere a Dio, deve fare spesso atti di fede. Nella preghiera, nella pratica d'una vita cristiana, nel ricevere i Sacramenti, il cristiano deve, per obbligo rigoroso, praticare la fede, farne l'atto interiore con molti degli atti esteriori della vita cristiana.

E il suo dovere.

Ora, il pericolo, l'illusione, consisterebbe nel fare questi atti della vita cristiana non con la fede, ma con la parvenza della fede o i sentimenti religiosi.

La fede viene allora sostituita dal sentimento; la realtà dall'im­maginazione. È possibile, in questo stato, dire tante preghiere senza pregare, confessarsi senza correggersi, e ricevere l'Eucarestía senza unirsi a Gesú Cristo.

A quanto ho sentito dire sia a un Vescovo, sia a un missionario che ha percorso tutta la Francia, e s'è reso conto con grande attenzione dello stato delle anime, sembrerebbe che in molte situa­zioni siamo oggi a questo punto, nel compiere con l'immagine della fede le opere che bisognerebbe compiere con la fede.

Ciò vi aiuterà a comprendere, Signora, una cosa che vi dava molto dolore un certo giorno in cui avevate potuto riconoscere che un buon numero di cristiani, che pur si dicono devoti e praticanti, hanno tutti gli stessi identici vizi dei mondani non praticanti. Sono, ahimè, praticanti, ma la fede non è il principio dei loro atti di religione; sono cristiani nell'immaginazione, e viziosi come tanti altri nella realtà.

Rammentatevi, Signora, una frasetta breve breve del Padre Lacordaire: "La fede, è la fede!".

Diciamo insieme: Credo.



VI. Quale differenza vi sia tra la fede e il sentimento religioso.

Avete letto con attenzione la mia precedente lettera, e mi chiedete di farvi capir bene la differenza che c'è tra la fede e il sentimento religioso.

Il cómpito mi sarà facile; mi auguro che il mio lavoro vi sia utile.

Il sentimento religioso, Signora, è certamente un dono di Dio. È un bene, un bene dell'ordine naturale. Il sentimento religioso è la conseguenza naturale della nostra qualità di creature, come il rispetto dei genitori è naturale al bambino.

Il sentimento religioso è cosí il rispetto che noi abbiamo, come creature, per il nostro Padre che è nei Cieli, e che, per il solo fatto della nostra creazione, ci guarda come suoi figli, e dà a noi tutti il pane quotidiano, la luce del suo sole, i frutti della terra, la vita, la salute, e mille altri beni, egualmente dell'ordine naturale.

Essendo naturale all'uomo, il sentimento religioso si trova presso tutti gli uomini, fedeli o infedeli; tutti infatti hanno questo fondo comune di rispetto per Dio, che talvolta si traduce in un atto religioso fondato sul vero, come presso noi cristiani; talvolta in un atto religioso inficiato d'errore come presso gl'infedeli, gl'idolatri, ecc.

Vi sono popoli nei quali il sentimento religioso è molto profon­do; questo vale certamente, per esempio, per i popoli musulmani. Un musulmano difficilmente mancherà alla propria preghiera del matti­no, a quella del mezzogiorno, a quella della sera. Egli sente il muezzin gridare dall'alto del minareto la formula sacra La ilàha ill'Allàh, ecc., e súbito si mette in preghiera, che sia in compagnía, in mezzo a una piazza, o impegnato in qualsíasi lavoro: l'ora è venuta, e prega. Per questo stesso sentimento religioso, il musulmano attribuisce tutto alla volontà di Dio: i casi della vita, la salute, la malattía, persino la morte, tutto egli riconduce a Dio, e in ogni circostanza ripete: Dio è grande!

Ecco il sentimento religioso in tutta la sua potenza.

Ma ricordatevi, Signora, che la nostra natura è decaduta in Adamo; e, da una natura decaduta, non può venire che un sentimento religioso anch'esso intaccato da decadenza. La natura non può rialzarsi da sé; e il sentimento religioso puramente naturale non può assolutamente ricondurre l'uomo a Dio, né trarlo via dal peccato.

Cosí, presso di noi, il sentimento religioso, quando rimane allo stato naturale, è indifferente in materia di religione. S'accontenta di tutto, s'adatta a tutto, si presta a tutto, e non si dedica a nulla. Mi correggo: può dedicarsi alla massonería, almeno ove i massoni si degnino di riconoscere il Grande Architetto, come dicono.

Volevo, Signora, mostrarvi questo primo quadro. Passo al secondo.

La fede non è un sentimento, la fede non è d'ordine naturale.

La fede è l'assenso del nostro spirito alla verità rivelata da Dio. È un bene che non deriva affatto dalla nostra natura, ma che le viene dato dall'alto per guarirla.

La fede è essenzialmente purificatrice. Fide purificans corda (Atti, 15, 9).

Essa illumina lo spirito, lo spoglia dell'errore: rialza l'uomo caduto, lo riporta sulla via di Dio, pone le basi dell'opera della salvezza; avvía l'uomo verso ogni bene.

La fede è essenzialmente fortificatrice. Confortatus fide, dice San Paolo (Rom., 4,20). E ancora: Fide stas, Se stai in piedi, è grazie alla fede (Rom., 11, 20).

La fede è vivificatrice: Il giusto vive di fede, dice sempre San Paolo (Gal., 3, 11).

Se il sentimento religioso ci lascia di ghiaccio per Nostro Signore Gesú Cristo, non è cosí con la fede: essa lo rende presente, vivente nei nostri cuori: Christum habitare per fidem in cordibus vestris (Ef., 3, 17).

La fede è il principio d'un mondo nuovo, rigenerato in Gesú Cristo Nostro Signore; la fede è la luce precorritrice degli splendori dell'eternità in cui vedremo Dio; la fede è la madre della santa speranza e della divina carità.

La fede è sulla terra la fonte pura di tutte le vere consolazioni. È ancora San Paolo che ce lo dice. Simul consolari per eam quae invicem est, fidem vestram atque meam: Consolarci insieme median­te la fede che abbiamo in comune, vostra e mia (Rom., 1, 12).

Quando si parla della fede, Signora, San Paolo è un maestro incomparabile. Prendo da lui un'ultima frase per terminare questa lettera: Saluta eos qui nos amant infide. Salutate quelli che ci amano nella fede (Tito, 3, 15).

Diciamo insieme: Credo.



VII. Quanto la fede accresca la ragione.

Dio ci ha dato i sensi, la ragione, la fede. Coi sensi ci mettiamo in relazione con le cose sensibili, che sono a loro proporzionate; con la ragione raggiungiamo le cose superiori ai sensi, le cose intellettua­li; ma con la fede Dio ci ha concesso di raggiungere, per mezzo d'una conoscenza piú elevata, le cose divine e Dio stesso.

La ragione creata da Dio per Dio stesso non può riposarsi che in lui, verità prima; essa ha dunque un bisogno innato di Dio, e lo cercherebbe naturalmente se il peccato originale, una volta soprav­venuto, non l'avesse singolarmente indebolita, piegata, e troppo spesso incatenata alle cose sensibili.

La fede che Dio ci ha dato guarisce, almeno in parte, la ragione umana dalla sua malattía originale; la rialza, la raddrizza, la rinfran­ca, e le fa raggiungere un ordine di conoscenze ch'essa non avrebbe mai potuto affrontare, l'ordine delle conoscenze soprannaturali, ovvero delle verità rivelate da Dio.

La fede, dice San Paolo, è quella che ci convince delle cose invisibili. Queste cose invisibili sono una parte di quel che Dio sa. Egli le ha rivelate attraverso Nostro Signore Gesú Cristo. Gli Apo­stoli, e dopo di loro la Chiesa, ci trasmettono le stesse parole di Dio; e, per una grazia che si chiama dono delle fede, noi riceviamo questa parola, e siamo convinti che questa parola è verità.

L'uomo che non ha la fede, dunque, non conosce che in proporzione ai suoi sensi e alla sua ragione; l'uomo che ha la fede va piú lontano: coglie l'impercettibile, raggiunge l'invisibile; entra in certa misura in partecipazione con la scienza e la ragione di Dio.

Si fa allora nella sua anima una luce nuova, superiore a ogni luce naturale; e questa, in virtú della sua superiorità, diventa la regolatrice delle luci inferiori, che sono la ragione e i sensi.

Tutto allora si subordina alla fede, tutto entra nell'ordine soprannaturale: gli sguardi dei nostri occhi, i pensieri del nostro spirito, hanno trovato leggi che li difendono, li proteggono dagli scogli, li dirigono verso il bene, e fanno loro raggiungere Dio stesso.

In questa luce superiore, l'uomo di fede è a suo agio, è felice: si rallegra del vero, almeno quel tanto che è possibile alla creatura nella vita presente. Per l'uomo di fede, dice San Girolamo, il mondo intero è un gran tesoro. Come mai? Perché, dominando tutte le cose, e scorgendole sotto una luce nuova, che è quella della fede, riconosce la volontà di Dio. Su tutte le cose la trova buona, bella e perfetta. Egli se ne rallegra, ne gioísce.

Persino le cose sensibili, viste in questa luce, sono per l'uomo di fede un gran tesoro. Ma quant'è piú ricco il fedele quando il suo spirito si riposa nei beni spirituali, negl'invisibili di Dio, come dice San Paolo.

Bisognerebbe essere San Paolo per parlare degnamente di queste ricchezze della nostra fede; per parte mia mi accontenterò di mostrarvi all'opera una fede pratica che gusta questi beni invisibili di Dio.

Voi abitate in una città, in un villaggio? Qual è nel vostro spirito il luogo che vi sembra considerevole nella vostra località? Qual è il personaggio che, ai vostri occhi, è veramente notevole fra tutti quelli che la abitano?

A questa domanda, quanti risponderebbero citandomi il nome d'un monumento d'un signore, d'una signora, o che so io?

L'uomo di fede la saprebbe molto piú lunga, e senza esitare mi direbbe: Nostro Signore Gesú Cristo presente nel Santissimo Sacra­mento. Ecco la vera verità, la vera grandezza: gli occhi non vedono nulla, è vero; la ragione umana non ci arriva, è vero anche questo; ma Dio ci ha dato la fede proprio per renderci attenti a ciò che i nostri occhi non vedono. La fede, dice San Paolo, è ciò che ci convince delle cose invisibili.

Fra queste cose invisibili, certamente dopo Dio, bisogna anno­verare le anime. L'uomo di fede è attento alle anime. Per lui, un uomo è prima di tutto un'anima. Per altri, un uomo è un corpo.

Dopo le anime, o piuttosto con le anime, l'uomo di fede considera il loro stato: la grazia o il peccato, il loro merito davanti a Dio, il loro presente e il loro avvenire. Se ne proccupa; tratta dei loro interessi tutti i giorni con Dio, e con loro ogni volta che può.

È da atti come questi che la fede si rivela, che la fede cresce, che la fede ci conduce a Dio.

Diciamo insieme: Credo.



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