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Lettere sulla Fede e la sua integrità di un sacerdote ad una Mamma

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 20:28
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03/09/2009 20:27

VIII. L'integrità della fede.

La fede opera nel cristiano un rinnovamento soprannaturale; eleva la sua anima alle cose celesti; e, come dice San Leone, le fa spiccare il volo verso il bene incorruttibile, verso la vera luce, cioè verso Dio stesso.

Ma perché la fede faccia nel cristiano quest'operazione che le è propria, bisogna che sia pura, che sia intera.

Ora, la fede nella sua purezza, nella sua integrità, è una fede rara. Magnum est - diceva Sant'Agostino - Magnum est in ipsa intus catholica, integram habere fidem. Traduco: È una gran cosa avere, all'interno stesso della Chiesa cattolica, la fede nella sua integrità.

Per comprendere ciò dovete ricordarvi, Signora, quanto abbia­mo detto sulla nascita della fede nelle nostre anime. Essa ha bisogno, per nascere e svilupparsi, del dono interiore di Dio e della parola esteriore del catechista, o dell'istruzione.

Il dono di Dio è sempre puro; ma la parola del catechista può portar con sé sia la verità che viene da Dio, sia l'errore che viene dall'uomo.

Pensiamo a un bambino battezzato in una società separata dalla Chiesa cattolica. Il battesimo che ha ricevuto ha fatto di lui il figlio di Dio, gli ha posto nell'anima la fede abituale; egli cresce, e riceve un'istruzione inficiata d' eresía, accetta l' eresía credendo d'accettare la fede, viene ingannato... Il giorno in cui s'accorgerà della verità cattolica, accadrà questo: o rifiuterà l'eresía, o respingerà la verità. Allora diventerà o formalmente eretico, o decisamente cattolico. In quest'ultimo caso avrà perduto l'eresía che gli era stata insegnata, e avrà conservato la fede che Dio gli aveva posto in cuore il giorno del battesimo.

Da ciò vedete, Signora, quanto sia importante che un bambino battezzato non riceva mai lezioni da maestri che gli potrebbero far perdere la fede.

Ma noi siamo, mi direte, in piena Chiesa cattolica; ed e qui che v'insegno con Sant'Agostino che è una gran cosa avere la fede nella sua integrità.

Mi spiego. La fede è nel mondo, Dio ce l'ha messa per la nostra salvezza. Ma anche l'errore è nel mondo: il diavolo l'ha seminato per la nostra perdizione.

La fede nella sua integrità è una fede al riparo da tutti gli errori, da tutti i pregiudizi, da tutte le vane opinioni che corrono nel mondo, che riempiono gli spiriti, che perdono le anime.

Ora, debbo dirvi, se voi già non l'avete notato, che ogni spirito contaminato da un errore avrà sempre piú zelo per il suo errore di quanto comunemente gli uomini non ne abbiano per la verità. È un fatto che salta agli occhi; la ragione ne è che, dato che la verità viene da Dio e l'errore viene dall'uomo, quest'ultimo sarà piú facilmente trasportato verso l'errore, che è cosa sua, che non verso la verità, che è cosa di Dio.

Ne consegue che per quanti uomini vi síano che portino nel loro spirito un errore, una falsità, un pregiudizio, una vana opinione, vi saranno altrettanti missionari (perdonatemi l'uso di questa parola in tal materia), vi saranno altrettanti missionari che lavoreranno per far entrare nello spirito del fedele uno una cosa, l'altro un'altra, che batteranno in breccia se non la fede tutt'intera, almeno l'integrità della fede.

Ora, il numero di questi missionari al contrario è grande al giorno d'oggi. Parlano con arroganza, quasi dappertutto. E come se parlare non bastasse loro, hanno la stampa: la dominano, ed è per loro che essa lavora tutti i giorni quasi dappertutto.

Tutti i giorni dunque si fa nel mondo un formidabile lavoro di perversione degli spiriti. Gli uni attaccano un dogma, gli altri un altro. Qui si crederà d'aver dimostrato che la fede nel mistero della Santissima Trinità è un'assurdità; là si crederà d'aver distrutto il mistero dell'Incarnazione e la fede nella divinità di Nostro Signore Gesú Cristo; altrove s'attaccherà la Chiesa, i suoi sacramenti, la sua disciplina, il suo culto: si darà a tutto questo un'aria di ragione ragionante, si commisereranno gli spiriti arretrati, s'inviteranno le anime a entrare nelle vie del progresso. La fede resisterà in mezzo a tutti questi pericoli che stanno dappertutto, che son di tutti i giorni, che si presentano sotto tutte le forme? Se resiste, sarà un grande prodigio. Se avete la fortuna di vederlo, questo prodigio, ringrazia­tene Dio; e al veder tutte le rovine che potrete osservare nei dintorni di questo prodigio, comprenderete la verità della parola di Sant' Ago­stino: È una gran cosa avere, all'interno stesso della Chiesa catto­lica, la fede nella sua integrità.

Diciamo insieme: Credo.



IX. La fede senza le opere e le opere senza la fede.

Ci fu un tempo, agli albori del cristianesimo, nella stessa Roma, una disputa alquanto vivace a proposito della fede e delle opere. Gli uni dicevano: La fede è sufficiente; gli altri dicevano: Le opere, le opere, non occorre altro!

Se un bel giorno fossimo nel vostro giardino, e ponessimo ai vostri bambini una domanda analoga dicendo loro: Bambini, che ne dite? Quale dei due è necessario, il melo o le mele?, i piú giovani certamente ci direbbero: le mele sono sufficienti. I piú grandi però, comprendendo che senza meli non ci sarebbero mele nel giardino, ci direbbero: Quel che ci vuole, sono dei meli con delle mele. E, in effetti, mele senza meli è cosa impossibile; meli senza mele, è inutile.

Per uscire dall'apologo, dobbiamo dire che la fede è l'albero indispensabile per avere dei frutti di salvezza, e che tutti i frutti che si potrebbero raccogliere senza la fede non sarebbero dei frutti di salvezza.

San Gregorio Magno l'ha detto in una breve frase: Nec fides sine operibus, nec opera adjuvant sine fide. Che in italiano significa: La fede senza le opere, o le opere senza la fede, non sono d'alcun aiuto.

La fede è per il cristiano la radice della salvezza e di ogni opera che conduca alla salvezza; la santa speranza e la divina carità vengono a dare al frutto o all'opera il suo gusto, il suo sapore, la sua dolcezza, il suo merito; ma senza la fede non v'è né merito, né dolcezza, né sapore, né gusto, né frutto, né opera che sia utile alla salvezza.

Tenete bene a mente questo primo principio, Signora; ed eccone un altro che incontestabilmente ne deriva. La misura della fede è la misura del merito dell'opera. So bene che l'ultima parola del merito cristiano appartiene alla carità; ma la carità è la figlia della fede, e non può crescere che insieme con sua madre, di modo che alla fin dei conti è sulla fede che in un cristiano debbono misurarsi tutte le cose. Nostro Signore, in questa stessa prospettiva, diceva: La vostra fede vi ha salvati!

Stabilito questo, faremo un passo in questo mondo, a vedere un po' a che punto è la fede, e a che punto sono le opere figlie della fede.

E per cominciare, Signora, non avete spesso notato che il nostro secolo è il secolo delle opere? Mai, mai, se ne sono viste sorgere con una tale esuberanza.

Ma il nostro secolo è, nella stessa proporzione, un secolo di fede? Ahimè! Bisogna dirlo: la fede è rara al giorno d'oggi.

Su un albero straordinariamente indebolito, vediamo spuntare una dovizia di frutti che sarebbe da ammirare, se si potesse dimenti­care lo stato dell'albero. Le opere spuntano e vanno sempre accre­scendosi, e al tempo stesso siamo costretti ad ammettere che la fede va declinando. Non c'è una sorta di contraddizione?

La contraddizione, Signora, è soltanto apparente. Le opere di salvezza, abbiamo detto, nascono dalla fede; ma le opere che assomi­gliano alle opere di salvezza possono nascere da un principio diverso dalla fede.

E allora?, mi direte.

Allora, Signora, delle due l'una: o le opere nate da un principio diverso dalla fede salveranno qualcosa di diverso dalle anime (totale: niente per Dio); oppure non salveranno sé stesse, e periranno.

Nate da un principio che non è la fede, creazioni del genio o dell'immaginazione, le opere che non sono nutrite del succo vivificatore della fede, il solo che vivifichi; le opere che vivono dell'abilità dell'uomo, o del suo denaro, o del suo credito, queste opere non salvano le anime, e sono al cospetto di Dio degli alberi sterili; il tempo ha la sua scure per abbatterli, e lo farà immancabil­mente.

La Chiesa, che è opera di Dio, resiste e resisterà perché conserva e conserverà la fede. Noi, figli di Dio e della Chiesa, non resistiamo e non resisteremo, noi e le nostre opere, se non nella misura della nostra fede.

Se tutte le opere che oggi sono all'opera intorno a noi avessero tanta sollecitudine per vivificare l'albero che è la fede quanta ne hanno per produrre frutti, vedremmo certo delle meraviglie. Ma, purtroppo, la fede manca, e noi non manchiamo di gente che vuol raccogliere i frutti dalla fede prima d'aver seminato la fede. Si possono, in quel senso, fare grandi passi, ma a lato della via. Magni passus, sed extra viam, diceva Sant'Agostino.

Diciamo insieme: Credo.



X. Le devozioni senza la fede.

La fede, che nel cristiano è il principio unico delle opere salutari, è egualmente il principio della devozione, e anche, se volete, delle devozioni, quando la devozione e le devozioni sono realmente salutari.

Abbiamo visto che molte opere possono nascere a lato della fede, e, per ciò stesso, non essere opere utili alla salvezza. La stessa identica cosa si deve dire della devozione e delle devozioni. Esse possono nascere, svilupparsi e crescere, anche prodigiosamente, a lato della fede, ed essere quindi completamente inutili per la salvezza eterna degli uomini.

Vi farà certamente piacere che vi citi a questo proposito l'Année Dominicaine. Ecco ciò che vi leggo, a firma del R. P. Vincent Maumus:

«La pratica senza la conoscenza di Dio: ecco un grande ostacolo all'avanzamento delle anime. Le s'illumina poco, prima di tutto perché si hanno già in partenza pochi lumi, e poi perché si taccia facilmente di vana curiosità una scienza che non s'apprezza. Le anime vengono dunque poco illuminate; in compenso, le si carica di pratiche moltiplicate all'infinito; le si arruola in ogni sorta di confraternite; si fa loro intravvedere, come ultimo sforzo della pietà cattolica, la propaganda attiva di certe devozioni che, se non s'arresta la corrente, minacciano di soffocare l'ampio spirito cristiano.

Che cosa sono oggi i libri di pietà? A parte qualche rara eccezione, non sono che trattati superficiali che si rivolgono unica­mente all'immaginazione, e che indirizzano unicamente alla pratica esteriore di quella o quell'altra devozione di moda. Diversi anni fa un grande vescovo lamentava la profusione con cui si diffondono questi tipi di libri, e Bossuet già diceva: "Non capisco piú niente dei direttori spirituali"».

Avete letto questa citazione con grande attenzione, Signora, e ne avete avvertito tutta la portata. Mi pare anzi d'udirvi, di qui, menzionare il detto di Joseph de Maistre: "Dio benedica il si impersonale!".

Volentieri augurerò con voi quest'assai desiderabile benedizio­ne, e terminerò qui questa lettera.

Diciamo insieme: Credo.

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