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LA CENA DEL SIGNORE - EUCARISTIA

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:41
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05/09/2009 16:40

P. Nicola Tornese

PARTE PRIMA

LA VERITA'

La testimonianza di san Paolo

Le testimonianze più antiche sulla istituzione della Santa Messa, come pure sulla volontà del Signore di celebrarla fino alla sua seconda venuta, sono quelle di san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Mi riferisce a due testi in particolare, che vanno esaminati attentamente. Da questo esame risulterà in modo inequivocabile che la fede e il culto dell'Eucaristia sono preservati nella Chiesa Cattolica con la massima fedeltà agli insegnamenti del Signore.

1 Corinzi 10, 14-21

Il primo dei due testi paolini comprende i versetti 14-21 del capitolo 10 della Prima ai Corinzi. Riportiamo fedelmente le parole di san Paolo:

“Perciò, miei cari, fuggite il culto degli idoli. Parlo a voi come a gente assennata; giudicate voi stessi quanto io dico. Il calice di benedizione, che noi benediciamo, non è forse una comunione col sangue di Cristo? Il pane che spezziamo non è forse una comunione col corpo di Cristo? Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un solo corpo; poiché noi tutti siamo partecipi di quest'unico pane. Guardate l'Israele terrestre! Non sono forse in comunione con l'altare, quelli che mangiano le vittime? Che intendo dunque dire? Che la carne immolata agli idoli abbia un qualche valore? Ovvero che un idolo sia qualcosa? No, ma che quanto sacrificano i pagani, lo sacrificano ai demoni e non a Dio. Ora, non voglio che voi siate in comunione con i demoni; non potete prendere parte alla mensa  del Signore e alla mensa dei demoni” (dalla Bibbia a cura di Salvatore Garofalo).

Cenni storici

I. - Come già accennato, la Prima Lettera ai Corinzi va collocata tra gli scritti più antichi del Nuovo Testamento, anteriore ai vangeli e agli Atti degli Apostoli. Secondo l'opinione più comune fu scritta nella primavera del 55 dopo Cristo, e forse anche prima, a distanza di appena venti anni dall'ultima Cena del Signore. Erano ancora in vita quasi tutti gli Apostoli e gran parte dei discepoli immediati di Gesù. Tutti predicavano la stessa dottrina (cf. 1 Corinzi 15,11). A riguardo poi della Cena del Signore, Paolo precisava nella stessa Lettera: “Ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1 Corinzi 11,22).

2. - L'occasione della Prima ai Corinzi fu data a Paolo da informazioni giuntegli ad Efeso nella odierna Turchia dove si trovava, riguardanti anche certi abusi invalsi nella comunità di Corinto. Alcuni membri di quella chiesa provenienti dalla gentilità partecipavano a banchetti con amici pagani, in casa o presso il tempio, dove erano servite le carni immolate agli idoli con grande scandalo di altri (cf. 1 Corinzi 10,23-3:3).

La Santa Cena come sacrificio

In questo contesto l'apostolo espone la dottrina ricevuta dal Signore e fa chiaramente capire che la Santa Cena, celebrata dai primi cristiani durante le loro riunioni, in ogni tempo dello anno (cf. Atti 20,7, infra, pp. 26-30) ha un carattere sacrificale, è cioè un vero sacrificio.

1  - San Paolo spiega il suo pensiero con due riferimenti. Il primo riguarda gli Israeliti rimasti osservanti della Legge, ossia i Giudei non cristiani. “,Guardate l'Israele terrestre!”. Essi hanno i loro sacrifici e mangiano la carne delle vittime nella convinzione di entrare in comunione con l'altare, ossia con Dio.“Non sono forse in comunione con l'altare, quelli che mangiano le vittime?”

E' chiaro che questo riferimento o piuttosto accostamento non è fatto a caso. Ha la sua motivazione. L'Apostolo vuol far capire che anche l'Israele di Dio - ossia i cristiani (cf. Galati 6,16) - hanno la loro vittima sacrificale e quindi il loro sacrificio. Come gli Israeliti, consumando la carne delle vittime, compivano un rito sacrificale, così i cristiani, consumando il Corpo e il Sangue di Cristo nella Santa Cena, compiono un rito sacrificale. Tutto questo suppone che la Cena del Signore o celebrazione eucaristica deve avere un carattere sacrificale, altrimenti il ragionamento o accostamento di Paolo non avrebbe senso.

2. - All'Apostolo, tuttavia, sta maggiormente a cuore il dissuadere i cristiani da eventuali abusi idolatrici. A tal fine egli fa un altro accostamento, ma questa volta su base antitetica ossia di contrasto. Ammette che anche i pagani hanno i loro sacrifici e mangiano le carni immolate agli idoli. Ma precisa di non voler dire con ciò che i sacrifici dei pagani siano veri sacrifici. In se stessi, ossia oggettivamente, non sono sacrifici. Sono infatti immolazioni fatte agli idoli, che sono un nulla, e come gli idoli anche i sacrifici sono un nulla. Anzi vi è di peggio: sono riti diabolici perché sotto o dietro l'idolo si cela il demonio. I pagani, comunque, credono che si tratti di veri sacrifici.

Al contrario, i cristiani hanno il vero sacrificio e la comunione con l'unico vero Dio nella Santa Cena, dove consumano la vera vittima offerta a Dio mediante il pane e il vino consacrati:

“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo?” (1 Corinzi 10,16).

Da questa constatazione l'apostolo dichiara la incompatibilità per il cristiano di partecipare ai banchetti dei pagani: “Non potete bere il calice dei Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni” (1 Corinzi 10,20).

L'Apostolo dunque fa un raffronto-contrasto tra “il calice del Signore” e “il calice dei demoni”, tra “la mensa del Signore” e “la mensa dei demoni”. Ma alla base di questo raffronto-contrasto vi è la convinzione che ì cristiani hanno il vero sacrificio nella celebrazione della Cena del Signore. Egli afferma chiaramente la natura sacrificale della Santa Messa.

La presenza reale

Nel testo di 1 Corinzi 10,14-21, oltre alla natura sacrificale della Santa Cena, l'apostolo insegna anche la presenza reale del Corpo e Sangue di Cristo nel pane e nel vino consacrati.

a) In effetti, san Paolo dichiara senza il minimo dubbio che tra il calice della benedizione, ossia il vino consacrato, e il Sangue di Cristo vi è una identità oggettiva. La stessa cosa è affermata del pane rispetto al Corpo di Cristo. Scrive l'apostolo.

“Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo” (1 Corinzi 10,1,5.16).

Da queste chiare parole s'impone una conclusione certa al di là d'ogni dubbio, vale a dire che bere il vino consacrato equivale a comunicare con il Sangue di Cristo; parimenti mangiare il pane spezzato, ossia offerto nella Santa Cena, vuol dire nutrirsi del Corpo di Cristo. E com'è possibile tutto questo senza che il Sangue e il Corpo del Signore siano realmente, anche se misteriosamente, presenti nel vino e nel pane consacrati?

b) Notate come l'apostolo parla indifferentemente di pane e di Corpo, come se fossero la stessa realtà. Coloro che si cibano di quel pane si trasformano nel Corpo Mistico di Cristo. Contrariamente a quanto avviene in natura, dove il cibo e la bevanda si trasformano in colui che li riceve, nella comunione eucaristica il credente si trasforma nel cibo e nella bevanda, ossia nel Cristo.  L'albero domestico assimila a sé il ramo selvatico (cf. Romani 11,17). Questa trasformazione è possibile perché Cristo è veramente presente nel pane e nel vino consacrati. Il suo sangue è vera bevanda e la sua carne, vero cibo (cf. Giovanni 6,55).

Si tratta dunque d'una presenza reale, benché misteriosa, non meramente simbolica. Ma reale non vuol dire carnale, sensibile, materiale, come falsamente spiegano i tdG, ripetendo il grossolano errore dei Giudei di Cafarnao (cf. Giovanni 6,52).

1 Corinzi 11, 17-29

Il secondo testo eucaristico della Prima Lettera ai Corinzi si trova nel capitolo 11, dal versetto 17 al 29. Riportiamo le parole dell'Apostolo nella traduzione fedele dei veri cristiani con a fianco quella infedele dei tdG. In corsivo le principali differenze o distorsioni dei geovisti:

Bibbia dei cristiani

E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio.

Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. E' necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi.

Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? 0 volete gettare il discredito sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

lo, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse:

“Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte dei Signore finché egli venga. Per. ciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice, sarà reo del corpo e ;del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. (Traduzione della Conferenza Episcopale Italiana - CEI).

 

Bibbia dei tdG

Ma, mentre do queste istruzioni, non vi lodo, perché vi radunate non per il meglio, ma per il peggio.

Poiché prima di tutto, quando vi riunite nella congregazione, odo che esistono fra voi divisioni; e in parte lo credo. Poiché vi devono anche essere fra voi delle sette, affinché le persone approvate siano pur manifeste fra voi. Perciò, quando vi riunite in uno stesso luogo, non è possibile mangiare il pasto serale del Signore. Poiché, quando (lo) mangiate, ciascuno prende in anticipo il proprio pasto serale, così che uno ha fame, ma un altro è ebbro. Certamente avete delle case per mangiare e bere, non è vero? 0 disprezzate la congregazione di Dio e fate vergognare quelli che non hanno nulla? Che vi dirò? Vi loderò? In questo non vi lodo.

Poiché ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso, che il Signore Gesù nella notte in cui stava per essere consegnato prese un pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo significa il mio corpo che è a vostro favore. Continuate a far questo in ricordo di me”. E fece similmente riguardo al calice, dopo aver presi il pasto serale, dicendo: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue. Continuate a far questo, ogni volta che ne berrete, in ricordo di me”. Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete questo calice, :continuate a proclamare la morte del Signore, finché egli arrivi. Quindi chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore indegnamente sarà colpevole rispetto al corpo e al sangue del Signore. Prima l'uomo approvi se stesso dopo scrutinio, e così mangi dei pane e beva del calice. Poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso se non discerne il corpo. (Edizione del 1987).

Presenza reale

Anche a queste parole dell'Apostolo avevano dato occasione alcuni disordini a Corinto nella celebrazione della Cena del Signore. Quei cristiani usavano consumare un pasto ordinario nei locali dell'assemblea prima di celebrare l'Eucaristia. Si riunivano in gruppi socialmente differenziati a discapito dell'unione e dell'amore cristiano:

“Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco” (1 Corinzi 11,21).

1. - Per riportare quei cristiani all'ordine e al rispetto l'apostolo ricorda loro che cosa è la Cena del Signore, ripetendo dettagliatamente il racconto della istituzione così come l'aveva appreso  da fonte sicura: “lo ho ricevuto, infatti, dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1 Corinzi 11,23).

Sulla base del racconto dell'istituzione l'Apostolo ha parole forti di condanna per il comportamento di quei cristiani. Essi infatti, col loro modo di agire, mostravano di non distinguere come si conviene il pane e il vino comuni dal pane-Corpo e dal vino-Sangue del Signore. Tale comportamento è un reato contro il Corpo del Signore. Dio aveva già emesso un giudizio di condanna:

“Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. E' per questo che tra voi vi sono molti ammalati ed infermi” (1 Corinzi 11,27-30).

 

2. - Qui dunque, come in 1 Corinzi 10,1,6, l'Apostolo stabilisce un parallelo d'identità reale tra il pane e il vino consacrati nella Santa Cena e il Corpo e Sangue del Signore. Coloro che. mancano di rispetto verso quel pane e verso quel vino, mancano di rispetto verso il Corpo e il Sangue di Cristo. Questo è comprensibile solo se nel pane e nel vino consacrati la fede accetta una presenza reale. anche se misteriosa, del Corpo e Sangue di Cristo.

Nelle Note autobiografiche di Santa Elisabetta Seton, la signora episcopaliana convertitasi al cattolicesimo, leggiamo:

“Quando entrai per la prima volta nella chiesa della Beata Vergine Maria di Montenegro a Livorno, un giovane inglese vicino a me, al momento della elevazione, dimenticando le norme di buona creanza, mormorò: "E' la loro presenza reale! " Provai vergogna a queste parole e la mia mente volò istintivamente al testo di san Paolo in 1 Corinzi 11,29 e pensai: Se Nostro Signore non è lì, perché l'apostolo minaccia? Come può egli rimproverare di non discernere il Corpo del Signore se il Corpo non è presente? Come potrebbero coloro che ne mangiano indegnamente, mangiare la propria condanna, se il Santo Sacramento non è altro che un pane comune? Com'è possibile essere colpevoli verso il Corpo e il Sangue del Signore, se in quel pane e in quel vino non vi è né Corpo né Sangue del Signore?”.

Natura sacrificale

Raccontando la storia dell'istituzione san Paolo ricorda le parole del Signore nel modo seguente:

“Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga” (1 Corinzi 11,25-26).

Spiegazione:

a) Notate, anzitutto, che del calice, ossia del contenuto di un calice ben determinato, che è quello che Gesù teneva nelle mani la sera della Santa Cena, e anche quello che nelle assemblee dei cristiani di Corinto conteneva il vino consacrato, san Paolo dice che è, ossia attua, la Nuova Alleanza o Patto del Signore.

Ora sappiamo che la Nuova Alleanza è stata attuata mediante il Sangue dell'Agnello, ossia dì Gesù Cristo, offerto sulla Croce una volta per sempre (cf. Ebrei 9,26; Giovanni 1,29; Apocalisse 5,12 ecc.). Poiché anche il contenuto del calice attua la Nuova Alleanza, vi deve essere qualcosa di comune tra vino consacrato e sacrificio della Croce, altrimenti le parole dette sul calice non avrebbero senso.

b) Lo stesso Paolo ci aiuta a capire come stanno le cose quando subito dopo scrive:

“Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Corinzi 11,26).

Mangiare dunque il pane consacrato, bere il contenuto del calice equivale ad annunziare, a rendere cioè presente la morte sacrificale del Signore. Il rito eucaristico è detto perciò memoriale, ossia ricordo effettivo, non meramente simbolico e tanto meno verbale o di sole parole, della morte-sacrifìcio di Cristo. Nella Santa Messa è ripetuto mediante segni l'unico valido sacrificio offerto da Cristo una volta per sempre, in forma cruenta, per stipulare la Nuova Alleanza. Non si tratta di nuovi sacrifici, ma di un unico sacrificio - quello della Croce - rinnovato sacramentalmente sui nostri altari per la salvezza del mondo fino alla seconda venuta dei Signore. Questa è la volontà di Cristo.


La testimonianza dei Vangeli

I primi tre evangelisti, detti comunemente sinottici, ci hanno conservato il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia durante l'ultima Cena, prima della cattura di Gesù. Il quarto evangelista san Giovanni non racconta la storia dell'istituzione, ma ci ha conservato il discorso che Gesù fece a Cafarnao durante la sua vita pubblica, che è conosciuto come la promessa dell'Eucaristia (cf. Giovanni 6,25-65). Esaminiamo prima la testimonianza dei sinottici e poi quella di san Giovanni.

 

I vangeli sinottici

Bibbia dei cristiani

Matteo 26,26-28:  Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.

Marco 14,22-24: Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo” Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti”.

Luca 22,19-20: Poi preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.

 

Bibbia dei tdG

Matteo 26,26-28: Mentre continuavano a mangiare, Gesù prese un pane e, dopo aver detto una benedizione, lo spezzò e, dandolo ai suoi discepoli, disse: “Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo”. E prese un calice e, avendo reso le grazie, lo die de loro, dicendo: “Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio 'sangue del patto', che deve essere versato a favore di molti per il perdono dei peccati”.

Marco 14-22-24:  E mentre continuavano a mangiare, egli prese un pane, disse una benedizione, le spezzò e lo diede loro, e disse: “Prendete, questo significa il mio corpo”. E preso un calice, rese le grazie e lo diede loro, e tutti ne bevvero. E disse loro: “Questo significa il mio 'sangue del patto', che deve essere versato a favore di molti”.

Luca 22,19-20:  E preso un pane, rese grazie, lo spezzò, e lo diede loro, dicendo: “Questo significa il mio corpo che dev'essere dato in vostro favore. Continuate a far questo in ricordo di me”. E, il calice nella stessa maniera, dopo che ebbero preso il pasto serale, dicendo: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue, che sarà versato in vostro favore”.

La presenza reale

Secondo il racconto di Luca, nell'istituzione dell'Eucaristia le cose sono andate così: verso la fine della Cena Gesù prese un pane azzimo, ossia non lievitato, come esigeva il rito pasquale, e oltre alla consueta formula “prendete e mangiate”, pronunziò parole nuove d'una estrema semplicità e chiarezza. Questo è il mio corpo. Poi ripeté lo stesso gesto sulla coppa del vino, pronunziando parole analoghe: Questo è il mio sangue (cf. Luca 22,19- 20; Marco 14,22-24; Matteo 26,26-28).

La Chiesa Cattolica e tanti altri cristiani hanno sempre creduto (e credono) che in virtù delle parole del Signore Questo è il mio corpo si attua una presenza reale della Persona di Gesù nel pane consacrato. Identico processo nel vino dopo le parole Questo è il mio sangue. Il verbo greco estìn ha il significato di è in senso reale, e non già di significa con senso simbolico come traducono e intendono i geovisti. Non poche ragioni militano a favore della interpretazione cattolica. Vediamone alcune:

a) La Bibbia si spiega con la Bibbia. San Paolo ha indubbiamente visto un sano realismo nelle formule eucaristiche.  Egli  vuole  che  i  cristiani  distinguano  bene tra pane comune e  pane-Corpo, e tra vino e contenuto di quel Calice. Con questa convinzione l'apostolo incrimina di reato contro il Corpo e Sangue di Cristo coloro che ricevono quel pane e quel vino senza le dovute disposizioni. Tutto il ragionamento dell'Apostolo non avrebbe senso, se nel pane e nel vino consacrati non fossero realmente presenti il Corpo e il Sangue del Signore.

b) Alla stessa conclusione ci fa arrivare l'analisi logica delle parole di Gesù. Dal racconto evangelico appare chiaro che quelle parole erano riferite a un pane e a un vino ben determinati, quelli appunto che Gesù aveva nelle mani e offriva a tutti i presenti. Gesù ha detto: Questo, cioè il pane che ho in mano, e non altro, è  il mio Corpo. In modo simile del vino.

In proposizioni come queste la logica del discorso esige che ciò che esprime il predicato sia realmente contenuto nel soggetto, altrimenti colui che parla commette un errore oppure inganna, perché afferma una cosa non vera, una identità non esistente.

Facciamo un esempio. Se un professore di scienze naturali ha tra le mani un oggetto sconosciuto agli alunni e dice: “questo (la cosa che ho nelle mani) è un pezzo di lava”, onestà e logica esigono che quell'oggetto sia veramente lava. Tra soggetto “questo” e predicato “lava” deve esistere una identità oggettiva. Il verbo è ha una significato reale, ed esprime questa identità, altrimenti il professore o inganna o cade in errore.

Certo il professore non trasforma in lava ciò che ha nelle mani. Egli afferma solo una identità reale, di cui è consapevole e di cui vuol far consapevoli gli alunni. Questi accettano l'affermazione del loro maestro perché sono sicuri che egli sa quel che dice e non vuole ingannare. L'oggetto che il professore mostra è veramente un pezzo di lava.

Identica esigenza logica nelle parole di Gesù: Questo (il pane che ho nelle mani) è il mio corpo. Tra soggetto “questo” e predicato “mio corpo” vi deve essere una identità reale, altrimenti Gesù avrebbe ingannato i suoi discepoli, affermando una cosa non vera. I discepoli non potevano neppur lontanamente pensare che il loro Maestro dicesse una cosa non vera o volesse ingannare.

Certo né il pane né il vino erano Corpo e Sangue di Cristo prima che egli pronunziasse quelle parole. Ma appena egli disse che era così, i discepoli hanno dovuto pensare che Gesù avesse effettuato una meravigliosa mutazione, al di sopra delle possibilità d'una creatura. A Dio tutto è possibile! (cf. Luca 1,37). Non molto tempo prima, davanti a un sepolcro, quello stesso Gesù aveva detto parole semplici e onnipotenti: “Lazzaro, vieni fuori!” E la vita cominciò a rifluire nell'uomo morto da quattro giorni (cf. Giovanni 11,43).

c) A conferma, ricordiamo che Gesù istituiva un rito sacrificale, mediante il quale l'immolazione sulla Croce potesse essere rinnovata fino alla sua seconda venuta. La Santa Cena è il memoriale della morte del Signore. E non vi può essere sacrificio senza la presenza del sacerdote e della vittima.

Il pane e il vino, dunque, su cui Gesù ha pronunziato quelle parole nell'Ultima Cena e su cui i suoi discepoli, in virtù d'un suo ordine, ripeteranno la stessa formula, rendono presente la sua persona d'una presenza reale, benché misteriosa. A Dio nulla è impossibile!

La Cena vero sacrificio

Il racconto dei sinottici è in perfetta armonia con la testimonianza di san Paolo anche per quanto riguarda la natura sacrificale della Santa Cena.

a) Tenendo presente il racconto di san Luca (cf. Luca 22,20), notiamo che egli esplicita la formula di Matteo e di Marco “Questo è il mio corpo” con l'aggiunta: “che è dato per voi”. E' una aggiunta che rende il vero significato delle parole di Gesù, un significato appunto sacrificale. In effetti, il pane-Corpo dato per essere mangiato dà chiaramente l'idea del sacrificio in uso presso gli Ebrei, che mangiavano parte delle vittime immolate al fine di partecipare ai benefici scaturiti dal sacrificio (cf. 1 Corinzi 10,18).

b) Il valore sacrificale appare assai chiaro nella formula di consacrazione del vino. Tutti e tre i sinottici riportano le parole di Gesù nel modo seguente: “Questo è il mio sangue sparso per molti o per voi” (Matteo 26,28; Marco 14-24, Luca 22,20)' Ora il sangue sparso per molti comporta necessariamente l'idea del sacrificio, tanto più che Matteo specifica: “In remissione dei peccati” (26,28). Il peccato o i peccati sono rimessi mediante il sacrificio (cf. Ebrei 9,22). E Gesù dice le parole “sparso per voi” con riferimento al contenuto del calice, anche se la sua natura o valore sacrificale non può essere disgiunta dall'effusione cruenta sulla Croce.

Tra Corpo dato per voi e Sangue sparso per voi vi è certamente un parallelismo, che obbliga a dare alle due espressioni lo stesso significato. Questo vuol dire che nella Santa Cena e nella ripetizione di essa nella Santa Messa Gesù si colloca in uno stato di offerta, compie cioè un rito sacrificale.

c) Il comportamento di Gesù è divinamente ingegnoso. Sarebbe stata cosa innaturale dar da mangiare ai suoi discepoli la sua carne, e da bere il suo sangue per farli partecipi dell'unico sacrificio che ci salva: quello della sua vita. Nella sua sapienza e onnipotenza divina ha fatto possibile questa partecipazione e i vantaggi o benefici che essa comporta mediante i segni reali ed efficaci del pane-Corpo e del vino-Sangue.

Questi non sono dunque solo simboli o emblemi. Cristo non è solo rappresentato nel pane e nel vino: egli è presentato. Non è solo ricordato, ma anche comunicato.

A conferma vale il fatto che tutti e tre i sinottici connettono il vino-Sangue con la Nuova Alleanza, che è certamente un richiamo al rito sacrificale mediante il quale era stata stipulata l'Antica o Prima Alleanza (cf. Esodo 24,8).

 

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