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I PADRI NELLA LITURGIA - ANNO B

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 12:16
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22/09/2009 11:21

V DOMENICA DI PASQUA

V DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 9,26-31

         1 Giovanni 3,18-24

         Giovanni 15,1-18

 

1. La vite e i tralci

 

         "Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui produce molto frutto: perché senza di me voi non potete far nulla" (Gv 15,5).

         Nessuno pensi che il tralcio possa da solo produrre almeno qualche frutto. Il Signore ha detto che chi è in lui produce «molto frutto». E non ha detto: Senza di me potete fare poco ma: «Senza di me Voi non potete fare nulla». Sia il poco sia il molto, non si può farlo comunque senza di lui, poiché senza di lui non si può fare nulla. Perché anche se, quando il tralcio produce pochi frutti, l`agricoltore lo monda, affinché ne produca di piú: tuttavia, se non resterà unito alla vite e non trarrà alimento dalla radice, non potrà da se stesso portare nessun frutto. Anche se Cristo non sarebbe la vite se non fosse uomo, non potrebbe tuttavia fornire ai tralci la capacità di produrre frutti, se non fosse anche Dio. Di modo che, come senza questa grazia è impossibile la vita, cosí la morte è in potere del libero arbitrio.

         "Chi poi non rimarrà in me sarà gettato via come il tralcio; e si dissecca; e poi sarà raccolto e gettato nel fuoco dove brucerà" (Gv 15,6). Il tralcio è infatti tanto prezioso se resta unito alla vite, quanto, se ne è reciso, è privo di valore. Come il Signore fa rilevare per bocca del profeta Ezechiele (cf. Ez 15,5), i rami di vite recisi non possono né essere utili all`agricoltura, né usati dal falegname in alcuna opera. Il tralcio di vite ha due sole alternative: o restare unito alla vite o essere gettato nel fuoco: se non è unito alla vite sarà buttato nel fuoco. Quindi, per non finire nelle fiamme, deve restare unito alla vite.

         "Se voi rimanete in me e le mie parole rimangono in voi domandate quanto volete e vi sarà fatto" (Gv 15,7).

         Rimanendo in Cristo, che cosa possono chiedere i fedeli se non quanto a Cristo conviene? Che possono volere, se restano uniti al Salvatore, se non ciò che non si oppone alla loro salvezza? Una cosa infatti desideriamo, quando siamo in Cristo, e una cosa ben diversa quando siamo ancora uniti a questo mondo. Ma qualche volta può accadere che il fatto di dimorare in questo mondo ci spinga a chiedere qualcosa che, senza che noi ce ne rendiamo conto, non è utile alla nostra salvezza. Ma questo certamente non ci avviene se siamo in Cristo, poiché egli esaudisce le nostre richieste solo quando giovano alla nostra salute eterna. Rimanendo dunque noi in lui e in noi restando le sue parole, potremo chiedergli qualunque cosa, ed egli la compirà in noi. Se gli chiediamo qualcosa ed egli non ci esaudisce, significa che quanto abbiamo chiesto non favorisce il rimanere in lui e non è conforme alla sua parola che in noi dimora, ma riguarda invece desideri e debolezze della carne, che non sono certo in lui, e nelle quali non è certo la sua parola. Quanto alla preghiera che egli stesso ci ha insegnata e con la quale diciamo: "Padre nostro che sei nei cieli" (Mt 6,9), essa fa parte sicuramente delle sue parole.

         Non allontaniamoci, dunque, nelle nostre richieste al Signore, dalla lettera e dallo spirito di questa preghiera: se cosí facciamo, ogni cosa che chiederemo egli ce la concederà. Le sue parole rimangono in noi, quando facciamo quanto ci ha ordinato e desideriamo quanto Ci ha promesso; ma quando invece le sue parole restano, sí, nella nostra memoria, ma non se ne trova traccia nella nostra vita e nei nostri costumi, allora il tralcio non fa piú parte della vite, perché non assorbe piú la vita dalla sua radice. Questa distinzione tra il conoscere la legge e metterla in pratica è efficacemente posta in rilievo dal profeta che dice: "Si ricordano dei suoi comandamenti per metterli in pratica" (Sal 102,18) . Non sono pochi, infatti, coloro che si ricordano dei suoi comandamenti solo per disprezzarli, per deriderli e fare il contrario di ciò che essi ordinano. In costoro non hanno dimora le parole di Cristo; essi sono in qualche modo in contatto con esse, ma non sono affatto ad esse uniti. E tali parole non solo non produrranno in costoro alcun beneficio, ma renderanno invece testimonianza contro di essi. E poiché quelle parole sono in loro, ma essi non le conservano, sono esse che posseggono loro, per condannarli.

 

         (Agostino, Comment. in Ioan. 81, 3-4)

 

 

2. La vite simbolo della nostra fecondità spirituale

 

         Saprai certamente che, come hai in comune con i fiori una sorte caduca, cosí hai in comune la letizia con le viti da cui si ricava il vino che rallegra il cuore dell`uomo (cf. Sal 103,15). E magari tu imitassi, o uomo, un simile esempio, in modo da procurarti letizia e giocondità. In te si trova la dolcezza della tua amabilità, da te sgorga, in te rimane, è insita in te; in te stesso devi cercare la gioia della tua coscienza. Perciò la Scrittura dice: "Bevi l`acqua dai tuoi vasi e dalla fonte dei tuoi pozzi" (Pr 5,15). Anzitutto nulla è piú gradito del profumo della vite in fiore, se è vero che il succo spremuto dal fiore della vite produce una bevanda che nello stesso tempo riesce gradevole e giova alla salute. Inoltre, chi non proverebbe meraviglia al vedere che dal vinacciolo di un acino la vite prorompe fino alla sommità dell`albero che protegge come con un amplesso e avvince tra le sue braccia e circonda in una stretta rigorosa, riveste di pampini e cinge di una corona di grappoli? Essa, ad imitazione della nostra vita, prima affonda la sua radice viva nel terreno; poi, siccome per natura è flessibile e non sta ritta, stringe tutto ciò che riesce ad afferrare con i suoi viticci quasi fossero braccia e, reggendosi per mezzo di questi, sale in alto.

         Del tutto simile è il popolo fedele che viene piantato, per cosí dire, mediante la radice della fede e frenato dalla propaggine dell`umiltà. Di essa dice bene il profeta: "Hai trasportato la vite dall`Egitto e ne hai piantato le radici e la terra ne è stata riempita. La sua ombra ha ricoperto i monti e i suoi viticci i cedri del Signore. Stese i suoi rami fino al mare e fino al fiume le sue propaggini" (Sal 79,9-12). E il Signore stesso parlò per bocca d`Isaia dicendo: "Il mio diletto acquistò una vigna su un colle, in un luogo fertile, e la circondai d`un muro e vangai tutt`attorno la vigna di Sorec e nel mezzo vi innalzai una torre" (Is 5,1-2). La circondò infatti come con la palizzata dei comandamenti celesti e con la scolta degli angeli. Infatti "l`angelo del Signore si accamperà attorno a quanti lo temono" (Sal 33,8). Pose nella Chiesa come la torre degli apostoli, dei profeti, dei dottori, che sogliono vigilare per la pace della Chiesa. La vangò tutt`intorno, quando la liberò dal peso delle cure terrene; nulla infatti grava la mente piú delle preoccupazioni di questo mondo e dell`avidità di denaro o di potere. Ciò ti viene mostrato nel Vangelo quando leggi che quella donna, che uno spirito teneva inferma, era cosí curva da non poter guardare in alto. Era curva la sua anima che, rivolta ai guadagni, non vedeva la grazia celeste. Gesú la guardò, la chiamò, e subito la donna depose i pesi terreni. Egli mostra che da simili brame erano gravati coloro ai quali dice: "Venite a me tutti voi che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11,28). L`anima di quella donna, come se le avessero scavato intorno la terra, poté respirare e si raddrizzò.

         Ma anche la vite, quando intorno le è stato zappato il terreno, viene legata e tenuta diritta affinché non si pieghi verso terra. Alcuni tralci si tagliano, altri si fanno ramificare: si tagliano quelli che ostentano un`inutile esuberanza, si fanno ramificare quelli che l`esperto agricoltore giudica produttivi. Perché dovrei descrivere l`ordinata disposizione dei pali di sostegno e la bellezza dei pergolati, che insegnano con verità e chiarezza come nella Chiesa debba essere conservata l`uguaglianza, sicché nessuno, se ricco, e ragguardevole, si senta superiore e nessuno, se povero, e di oscuri natali, si abbatta o si disperi? Nella Chiesa ci sia per tutti un`unica e uguale libertà, con tutti si usi pari giustizia e identica cortesia. Perciò nel mezzo si innalza una torre, per mostrare tutt`intorno l`esempio di quei contadini, di quei pescatori che meritano di occupare la rocca della virtù. Sul loro esempio i nostri sentimenti si elevino, non giacciano a terra spregevoli ed abietti; ma ciascuno innalzi l`animo a ciò che sta sopra di noi e abbia il coraggio di dire: "Ma la nostra cittadinanza è nei cieli" (Fil 3,20). Quindi, per non essere piegato dalle burrasche del secolo e travolto dalla tempesta, ognuno, come fa la vite con i suoi viticci e le sue volute, si stringe a tutti quelli che gli sono vicini quasi in un abbraccio di carità e unito ad essi si sente tranquillo. E` la carità che ci unisce a ciò che sta sopra di noi e ci introduce in cielo. "Se uno rimane nella carità, Dio rimane in lui" (1Gv 4,16). Perciò anche il Signore dice: "Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può produrre frutto da solo, se non resta unito alla vite, cosí anche voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci" (Gv 15,4-5).

         Manifestamente il Signore ha indicato che l`esempio della vite deve essere richiamato quale regola per la nostra vita. Sappiamo che quella, riscaldata dal tepore primaverile, dapprima comincia a gemmare, poi manda fuori il frutto dagli stessi nodi dei tralci, dai quali nascendo l`uva prende forma e, a poco a poco sviluppandosi, conserva l`asprezza del prodotto immaturo e non può diventare dolce se non raggiunge la maturazione sotto l`azione del sole. Quale spettacolo è piú gradevole, quale frutto piú dolce che vedere i festoni pendenti come monili di cui si adorna la campagna in tutto il suo splendore, cogliere i grappoli rilucenti d`un colore dorato o simili alla porpora? Crederesti di veder scintillare le ametiste e le altre gemme, balenare le pietre indiane, risplendere l`attraente eleganza delle perle, e non ti accorgi che tutto ciò ti ammonisce a stare in guardia perché il giorno supremo non trovi immaturi i tuoi frutti, il tempo dell`età nella sua pienezza non produca opere di scarso valore. Il frutto acerbo suole essere senz`altro amaro e non può essere dolce se non ciò che è cresciuto sino alla perfetta maturità. A quest`uomo perfetto solitamente non nuoce né il freddo della morte con il suo brivido né il sole dell`iniquità, perché lo protegge con la sua ombra la grazia divina e spegne ogni incendio di cupidigie mondane e di lussuria carnale e ne tiene lontani gli ardori. Ti lodino tutti coloro che ti vedono e ammirino le schiere dei cristiani come ghirlande di tralci, contempli ciascuno i magnifici ornamenti delle anime fedeli, tragga diletto dalla maturità della loro prudenza, dallo splendore della loro fede, dalla dignità della loro testimonianza, dalla bellezza della loro santa vita, dall`abbondanza della loro misericordia, cosí che ti possano dire: "La tua sposa è come vite ricca di grappoli nell`interno della tua casa" (Sal 127,3), perché con l`esercizio di una generosa liberalità riproduci l`opulenza d`una vite carica di grappoli.

 

         (Ambrogio, Exameron III, V, 12, 49-52)

 

 

3. L`immagine si rinnova avvicinandosi progressivamente a Dio

 

         Certo, il rinnovamento di cui ora si parla, non si compie istantaneamente con la conversione stessa, come il rinnovamento del Battesimo si compie istantaneamente con la remissione di tutti i peccati, senza che rimanga da rimettere la piú piccola colpa. Ma come una cosa è non avere piú la febbre, altra cosa ristabilirsi dalla debolezza causata dalla febbre, ancora come una cosa è estrarre il dardo conficcato nel corpo, altra cosa poi guarire con un`altra cura la ferita procurata dal dardo; cosí la prima cura consiste nel rimuovere la causa della malattia, ciò che avviene con il perdono di tutti i peccati, la seconda nel curare la malattia stessa, ciò che avviene a poco a poco progredendo nel rinnovamento di questa immagine. Questi due momenti sono indicati nel Salmo in cui si legge: "Egli perdona tutte le tue iniquità", ciò che si attua nel Battesimo; poi il Salmo continua: "Egli guarisce tutte le tue malattie" (Sal 102,3), ciò che si attua con i progressi quotidiani, quando si rinnova questa immagine. Di questo rinnovamento parla assai chiaramente l`Apostolo quando dice: "Quantunque il nostro uomo esteriore vada deperendo, quello interiore però si rinnova di giorno in giorno" (2Cor 4,16). Ora "si rinnova nella conoscenza di Dio" (Col 3,10), cioè "nella vera giustizia e santità" (Ef 4,24), secondo i termini usati dall`Apostolo nelle testimonianze che ho riportato un po` piú sopra. Dunque colui che di giorno in giorno si rinnova progredendo nella conoscenza di Dio e nella vera giustizia e santità, trasporta il suo amore dalle cose temporali alle cose eterne, dalle cose sensibili alle intelligibili, dalle carnali alle spirituali e si dedica con cura a separarsi dalle cose temporali, frenando ed indebolendo la passione, e ad unirsi con la carità a quelle eterne. Non gli è possibile però questo che nella misura in cui riceve l`aiuto di Dio. E Dio che l`ha detto: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5). Chiunque l`ultimo giorno di questa vita sorprenda in tale progresso e accrescimento, e nella fede nel Mediatore, questi sarà accolto dai santi Angeli per essere condotto a Dio che ha onorato e per ricevere da lui la sua perfezione, alla fine dei tempi gli sarà dato un corpo incorruttibile per non essere destinato alla sofferenza, ma alla gloria. In questa immagine sarà perfetta la somiglianza di Dio (cf. Gen 5,1; Gc 3,9), quando sarà perfetta la visione di Dio. Di questa visione l`apostolo Paolo dice: "Ora vediamo per mezzo di uno specchio in enigma, ma allora a faccia a faccia" (1Cor 13,12). Egli dice pure: "Noi che, a faccia velata, rispecchiamo la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine, salendo di gloria in gloria, in conformità all`operazione del Signore che è spirito" (2Cor 3,18). E questo che si realizza in coloro che progrediscono di giorno in giorno nel bene.

 

         (Agostino, De Trinit., 14, 17, 23)

 

 

4. Lotta contro le tentazioni

 

         Se ti viene in mente un cattivo pensiero, grida, con lacrime al Signore: «Signore, sii buono con me peccatore! Perdonami, o amico degli uomini. Signore, allontana il male da noi!». Certo, il Signore conosce i cuori: sa quali pensieri sorgono da un animo cattivo, ma sa anche quali pensieri vengono in noi versati dalla stizza amara dei demoni. Tuttavia sappilo: piú tu combatti e resti fedele nel servizio del Signore, piú i tuoi sensi e i tuoi pensieri verranno purificati. Infatti, nostro Signore Gesú Cristo ha detto: "Ogni ramo che in me porta frutto, io lo purificberò, perché porti frutto maggiore" (Gv 15,2). Solo abbi la piú sincera volontà di farti santo! Il Signore ama e appoggia col suo aiuto coloro che sono zelanti e lavorano per ottenere la salvezza dell`anima.

         Senti ora un esempio, che ti illustra i cattivi pensieri. Quando l`uva vien colta dalla vite, gettata nel torchio e pigiata, produce il suo mosto, che vien raccolto in vasi. E questo mosto, all`inizio, fermenta tanto forte, come se bollisse al fuoco piú acceso in una caldaia; anche i vasi migliori non riescono a contenerne la forza, ma si rompono pel suo calore. Ciò avviene coi pensieri degli uomini, quando essi si elevano da questo mondo vano, e dalle sue cure, alle realtà celesti. Allora gli spiriti cattivi, che non ne possono sopportare il fervore, conturbano in mille modi la mente dell`uomo, cercando di suscitarvi una tetra burrasca, per rovinare e squarciare il vaso, cioè l`anima riempiendola di dubbi e rendendola infedele.

 

         (Efrem, Ad monach. Aegypt., 10, 2)

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