00 03/09/2009 00:20


Omelia su san Girolamo
30 settembre
Continuità fra Antico Testamento, Cultura latina e Nuovo Testamento.
Bellezza nella traduzione e fedeltà alle Sacre Scritture.


Cari fratelli e sorelle in Cristo Gesù Signore e Salvatore nostro, oggi sabato 30 settembre si festeggia un grande padre e dottore della Chiesa, san Girolamo, che ha dato alla Chiesa l’immenso dono della traduzione in latino delle Sacre Scritture, la famosa traduzione detta anche Vulgata, adottata in tutto l’orbe cattolico. Le Scritture sono state così bene, così profondamente, così — oserei dire — soprannaturalmente tradotte da costituire una solida colonna sulla quale poggia la tradizione cattolica, quella tradizione che noi abbiamo la grazia di amare e coltivare.

Le Scritture, che leggiamo nella sacra liturgia secondo il rito di san Pio V, sono tratte dalla Vulgata. Non intendo parlare male dei tentativi di riforma e di aggiornamento, ma, ahimè, talvolta l’uomo moderno, preso dalla vertigine di dover progredire comunque, non si preoccupa dove progredisce. Non ci si preoccupa della strada che si percorre, pur di progredire, non ci si preoccupa dell’essere, delle essenze, ma solo del divenire, del progredire. Però bisognerebbe vedere che cosa è il progresso, dove si và. Vi confesso sinceramente che quella traduzione dei Salmi, che adesso adoperiamo invece della Vulgata, è sì più critica, più scientifica, più aggiornata, ma non è più bella, lasciatemelo dire con chiarezza. Pensate a quel bellissimo salmo che recitiamo nella traduzione di san Girolamo. Esso dice: Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam (Ps 43 [42], 4): verrò all’altare del Signore, a quel Signore che è la gioia della mia giovinezza! Come è bella quella traduzione! Il testo ebraico è perfettamente rispettato. Nelle moderne traduzioni, la giovinezza e la gioia scompaiono misteriosamente, a causa di scrupoli critici e scientifici. Così tutta la poesia delle Scritture scompare.

Invece san Girolamo ebbe da Dio il dono particolare di essere non solo un grande filologo, un grande critico, un grande esegeta, ma soprattutto un’anima poetica, un’anima sensibile e più ancora un’anima credente, soprannaturalmente credente.

Il testo sacro è parola del Signore, di Dio infinitamente bello, gioia degli angeli, splendore di verità! Dice ancora il Salmo: " Alla tua casa, Signore, si addice la bellezza per tutta la lunghezza dei giorni ". Dio è bellezza. La sua casa e i riti con cui lodiamo, celebriamo, onoriamo e proclamiamo il Signore devono essere belli. La parola del Signore, essendo bellissima in sé, deve essere bella anche nelle sue traduzioni.

È cosa commovente vedere come Dio ha dato a san Girolamo il particolare dono di essere elegantissimo nell’espressione latina, con reminiscenze poetiche vergiliane, ovidiane e oraziane. Non solo, ma gli ha dato anche lo "spirito dei riti". San Girolamo rispetta i semitismi e li traduce fedelmente. Proprio per questo entra nella mentalità del popolo eletto, al quale il Signore ha rivolto queste parole. Non bisogna temere la fedeltà nelle traduzioni. Al giorno d’oggi ci si improvvisa traduttori e si diventa traditori. San Girolamo, nel tradurre, dimostrò umiltà, lui che aveva tutt’altra indole. Disciplinato e guidato dal Signore, seppe farsi umile dinanzi alla sua parola e il Signore, amante degli umili, lo esaltò, dando, tramite lui, alla Chiesa la traduzione latina delle Sacre Scritture, detta Vulgata versio.

Circa nel 347, Girolamo nacque in Dalmazia, a Stridone (non si sa esattamente dove fosse questo luogo). Veniva da famiglia cristiana di agiata condizione. Come era allora usanza, non fu battezzato sùbito. All’età di sette anni fu mandato a Roma per iniziare i suoi studi e là ricevette il battesimo. Roma allora godeva la fama di essere una città cólta, dove si poteva acquisire un’accurata formazione latina e greca. Qui scoprì la sua vocazione allo studio ed ebbe un rapporto abbastanza tormentato con la cultura. San Girolamo studiò grammatica con Elio Donato, retorica e filosofia. Ebbe un sogno premonitore, in cui gli apparve Gesù che gli chiese: " Sei cristiano tu? ". " Sì, mi pare di sì ". " No, ciceroniano sei! ". Girolamo non si sbarazzò mai del fascino che le lettere latine e greche esercitavano su di lui. Quindi amava — molto più che la parola rude dei Profeti — l’eloquenza e l’eleganza stilistica. Quando si parla di S. Girolamo nel contesto della patrologia, si osserva che egli rimase sostanzialmente un retore e un grammatico, a differenza di sant’Agostino, che fu piuttosto un filosofo.

Benché Gesù gli avesse detto in sogno "ciceroniano sei!", tuttavia San Girolamo capì che non doveva abbandonare Cicerone. Avrebbe piuttosto dovuto mettere Cicerone, Vergilio, Ovidio, Quintiliano, insomma tutto lo splendore delle lettere latine, al servizio di Cristo, che, essendo il re del mondo, sottomette a sé tutto quello che è buono, vero e bello, perché tutto gli appartiene.

Considerate, cari fratelli, il rapporto tra fede e ragione, fra la Chiesa e lo stato, tra la grazia e la natura, tra il livello soprannaturale e quello naturale: la natura non è distrutta dalla grazia, ma è modificata, purificata, sublimata, è portata alla sua pienezza e oltre! S. Girolamo è il santo della continuità della civiltà romana nel cristianesimo. Questa grande idea non è umana, ma divina. Perché Dio ha voluto che la sede del papato fosse Roma? Per un motivo semplice, perché Roma era la sede dei Cesari. Il Signore stesso ha predisposto che ci fosse quella oggi tanto deprecata alleanza costantiniana tra trono e altare, tra l’imperatore e il papa. Tale continuità fu ispirata da Dio stesso e rappresenta la provvidenziale collaborazione fra potere civile e autorità religiosa, tra stato e Chiesa.

Per San Girolamo la cultura latina era imprescindibile; il cristianesimo doveva farla propria. Il cristianesimo d’occidente non poteva che esprimersi in quella veste erudita, splendida, elegante. Siccome alla provvidenza di Dio nulla sfugge, anche la prodigiosa cultura greco-latina era certamente una praeparatio evangelii secundum voluntatem Dei. Per noi oggi sia l’antichità classica nel senso più nobile della parola, sia il cristianesimo sono due idee strettamente legate l’una all’altra: Roma e la Chiesa, imprescindibilmente. Oggi ci si vergogna della propria romanità e del latino. Perché tanto odio verso il latino che S. Girolamo amava, ammirava e coltivava? Perché quest’odio viscerale, irrazionale? Perché il latino deve essere cancellato e fatto oggetto di una damnatio memoriae? Perché tanto accanimento? La cultura latina e cristiana rimane un grande monumentum, cioè un monito alla mente. " State attenti a quel che fate! " ci dicono i nostri antenati, imbevuti di cultura latina e cristiana. " State attenti a quel che fate! Annientando la latinità, non dissolvete forse anche la cristianità? Vergognandovi delle vostre radici culturali, non uccidete forse spiritualmente voi stessi? ".

Cari fratelli, chiediamo a San Girolamo che ci dia il coraggio di proclamarci cattolici cristiani romani, amanti della grande, sublime, splendida cultura latina e della sua lingua!

continua...........