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I NOSTRI MORTI

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Del Padre francescano Pasquale Lorenzin



IL CULTO DEI MORTI NELLA STORIA

Il culto dei morti non e un fatto esclusivamente cristiano. Esso ha la sua radice nella innata «religiosi­tà» dell'uomo: nacque con l'uomo stesso. La storia e l'archeologia dimostrano che i riti funebri erano cele­brati, presso tutti i popoli, da persone qualificate: sacerdoti, stregoni e capi tribù; secondo modalità, usi e costumi diversi. Nel mondo greco-romano e anche ebraico, era ri­tenuta cosa mostruosa lasciare un cadavere insepol­to. Di fronte alla morte dovevano cessare gli odi, le vendette e le inimicizie: era doverosa una onorata sepoltura. Era comune e radicata convinzione che l'anima di un corpo insepolto non avrebbe trovato pace. Sarebbe stata condannata a vagare sopra la terra a danno dei viventi. I Padri della Chiesa combatterono questa supersti­zione che si protrasse a lungo, tanto che S. Agostino (+430) la ricorda e cerca di sfatarla. Anche oggi, dopo tanti secoli, in qualche paese di campagna o di montagna, si crede che durante i temporali notturni, le anime dei morti insepolti, vaghino per l'aria, re­cando calamità ai viventi.

I pagani ritenevano le tombe sacre e inviolabili perché custodite dagli dèi. Il diritto romano sancì tale sacralità affidando le tombe alla giurisdizione dei sacerdoti. Simile cultura entrò anche nella mentalità cristiana per cui, spesso, nelle epigrafi antiche si leggono delle «maledizioni» contro coloro che osassero violare il sepolcro. Oggi tutti i paesi civili assicurano, nella loro legisla­zione, il rispetto e l'inviolabilità dei cimiteri e delle singole tombe.



La preparazione della salma

La preparazione della salma per la sepoltura era un impegno lungo e complesso al quale attendevano i parenti e, spesso, la comunità intera. Prima di tutto si doveva lavare e profumare la sal­ma. La Chiesa cristiana non ebbe nulla da ridire circa questo uso praticato dai pagani; anzi san Girolamo ricorda che vi erano dei chierici addetti a questo ministero. L'uso degli aromi e dei profumi fu perfino esagerato, tanto che Tertulliano rimproverava i cri­stiani di comperare più aromi e profumi per i loro morti, che i pagani per «affumicare» i loro idoli. L'uso pagano di cospargere di aromi e di profumi il corpo del defunto acquistò, nella tradizione cristia­na, un significato del tutto escatologico e pasquale. Il corpo del cristiano con il battesimo e l'eucaristia di­viene il tempio dello Spirito Santo e aspetta la risurre­zione finale. Anche oggi, in molti luoghi, si usa met­tere, accanto alla salma, delle braci con foglie di ulivo e grani d'incenso; la Chiesa stessa, nei funerali, incen­sa la salma chiusa nella bara.

Lavato e profumato, il corpo del defunto veniva poi vestito con abiti preziosi. Un'attenzione tutta particolare era riservata al corpo dei martiri. Sappia­mo dalla storia che il corpo del martire san Pancrazio fu «dignissimis linteaminibus involutum»; e quando papa Pasquale, nell'820, fece la traslazione del corpo di santa Cecilia, questo fu trovato rivestito di «stoffe preziose e regali». La sfoggio e la vanità di alcuni ricchi nel rivestire il corpo dei loro defunti, furono rimproverati dai Padri della Chiesa. Ecco le dure parole di san Girolamo: «Perché vestite i vostri morti con vesti dorate? Per­ché non cessa la vostra ambizione tra i dolori e le lacrime? Forse che il cadavere dei ricchi deve marcire nella seta?». I vescovi, i sacerdoti e i diaconi erano vestiti con i paramenti sacri, propri della loro dignità gerarchica: usanza ancora viva nella tradizione della Chiesa.

Preparato con ogni cura, il defunto, con le brac­cia distese lungo il corpo, veniva avvolto con bende. Così fu sepolto anche Lazzaro, tanto che Gesù, dopo averlo risuscitato da morte, comandò che fosse sciol­to perché potesse camminare. Durante questo pietoso lavoro di preparazione, la comunità cristiana era sempre presente. In una stan­za vicina o all'aperto, i cristiani, a turno, cantavano salmi, recitavano preghiere e proclamavano la parola del Signore. Peccato che questo santo uso, che coin­volgeva tutta la comunità cristiana, sia andato perdu­to, anche se in molti luoghi rimane viva la tradizione di riunire la comunità nella casa del defunto, e prefe­ribilmente in Chiesa, per la recita del rosario e di altre preghiere, con la presenza del sacerdote o di una suora.

Accanto alla salma non doveva mancare la lampada a olio, che poi veniva portata al luogo della sepoltura e conservata per le visite che i familiari facevano periodicamente ai loro defunti. Lungo i secoli, l'uso delle lampade e delle torce raggiunse proporzioni considerevoli, e per questo la stanza in cui si metteva la bara venne chiamata «ca­mera ardente», come si chiama ancor oggi.

I pagani costumavano mettere in bocca al defunto una moneta che serviva a pagare il noleggio per la barca di Caronte. I cristiani dell'Asia e dell'Africa, per sostituire questa mitologica superstizione, già dal IV secolo, prima di avvolgere la salma in un ampio len­zuolo che serviva da cassa, l'uso della quale fu intro­dotto più tardi, pensarono di mettere in bocca o sul petto del defunto l'Ostia consacrata, come viatico verso l'eternità. Non si può misconoscere il profon­do significato di questa usanza ricca di fede e di spe­ranza nella vita futura. Il fatto, poi, che il patriarca san Benedetto non si oppose a questo uso tra i suoi monaci, concorse a diffonderlo anche in Europa e a radicarlo nella men­talità cristiana, tanto da sopravvivere per diversi se­coli, nonostante le proteste dei Padri della Chiesa e le condanne dei Concili. Verso il mille si cercò di ovviare all'evidente profa­nazione dell'eucaristia, mettendo l'Ostia consacrata in una teca o in un piccolo calice e scolpendo sulla lapide la formula «Christus est hic» o espressioni equivalenti. Solo verso il 1200 questa usanza venne abbandonata e, al posto dell'eucaristia, si cominciò a mettere sul petto del defunto il crocifisso e, nei secoli seguenti, anche il rosario della beata vergine Maria. Oggi questa usanza è diffusa in tutta la Chiesa.

Nei primi secoli, il trasporto della salma al luogo della sepoltura veniva compiuto di notte. Tutta la comunità cristiana seguiva il feretro portando lampa­de e torce per rischiarare la strada e per testimoniare che il cristiano è l'uomo della luce. Nei secoli seguenti, quando fu permesso di fare i funerali alla luce del sole, i cristiani continuarono a portare le lampade accese per riaffermare la fede che il defunto non è morto ma dorme, aspettando la parola onnipotente di Gesù per la risurrezione fi­nale. Questo pensiero, esclusivamente evangelico, è la ragione per cui i cristiani, fin dalle origini, esclusero ogni disperata tristezza nelle loro cerimo­nie funebri; cosicché, mentre i pagani prezzolavano delle donne (le prèfiche) con il compito di piangere un simulato dolore, i cristiani cantavano salmi e l'Al­leluia pasquale.



La sepoltura

La legge romana non permetteva la sepoltura di alcun cittadino dentro le mura della città e i cristiani vi si adeguarono. All’inizio si cercarono grotte, antri naturali o cave abbandonate. Il ricordo della tomba di Gesù era assai vivo e i primi cristiani si industriavano di realizzarlo. Moltiplicandosi il numero dei fedeli, fu necessa­rio scavare in lunghezza e profondità, così che le grotte si prolungarono per chilometri, su piani diver­si, con corridoi e sale per i riti liturgici e le àgapi fraterne. Così nacquero le «catacombe», delle quali tutti, più o meno, hanno sentito parlare e che molti hanno visitato.

I primi cristiani desideravano ardentemente di col­locare i loro defunti accanto alla tomba dei martiri, nella convinzione che il loro sangue giovasse, come scrive san Paolino, all'anima del vicino defunto. Così la formula «ad sanctos» divenne col tempo una sorta di superstizione, tanto che sant'Agostino faceva no­tare che «non la vicinanza alla tomba dei martiri giova all'anima dei defunti, bensì le preghiere e altre opere buone». Appena la Chiesa poté muoversi con libertà, s'ado­però perché le salme dei credenti fossero portate in chiesa per la celebrazione dell'eucaristia a suffragio delle loro anime. Questa pratica pastorale della Chie­sa fu accolta con unanime consenso e già nel IV se­colo era di uso comune, come fa comprendere san­t'Agostino con le parole «sicut fieri solet», riferendosi al funerale della madre santa Monica.

Abbiamo ricordato, con una certa ampiezza, gli usi e le costumanze del «culto dei morti» lungo i secoli, per spiegare l'origine di molte cerimonie funebri tut­tora in uso ai nostri giorni, ma soprattutto per com­prendere le tradizioni che la Chiesa ha conservato e, in certo modo, consacrato nella ristrutturazione della liturgia funebre.