00 06/09/2009 11:20
tratto dal sito www.cristianicattolici.net

L’IDOLATRIA

 

Parlare di sentimenti come possono essere l’adorazione, la venerazione o anche l’amore e l’amicizia è difficile. La difficoltà maggiore sta nel trasporre in un suono o una parola quello che l’ uomo sente dentro di sé.

Così come la parola “amicizia” ha diversi gradi di significato, dato che parte da una semplice conoscenza e arriva ad un legame che sfiora l’amore, così anche definire, ad esempio, la venerazione che i cattolici provano verso determinate persone, che non devono necessariamente essere morte, diventa difficile. Lo stesso vale per “adorazione”

Il termine “adorazione” ha subito diversi cambiamenti di significato in italiano come, del resto, anche in altre lingue.

Inizialmente questo termine aveva un significato molto ampio e veniva rivolto a persone degne di particolare onore, di particolare rispetto e dignità. Usualmente era attribuito a persone sagge, a giudici e, naturalmente, anche a Dio.

In italiano questo modo di definire le persone, diciamo così, importanti si è perso nel tempo ma è rimasto, per esempio, nella lingua inglese. Infatti i magistrati inglesi che da noi, nei telefilm, sentiamo definire come “vostro onore” in realtà sono chiamati “Your Worship”. Questo, naturalmente, solo in Inghilterra in quanto negli U.S.A. il termine è invece “Your Honor”, molto più simile all’italiano, Worship, ovviamente, significa “adorare”.

Questo naturalmente non significa che gli inglesi adorino i magistrati come se fossero dei ma semplicemente riconoscono loro un onore appropriato all’incarico che stanno svolgendo.

E’ solo un esempio che però è utile a spiegare come il termine “adorazione” non sia stato fin da subito unico appannaggio di Dio.

Infatti, anche nella nostra lingua, inizialmente “adorare” significava attribuire un alto onore a qualcuno, e infatti tutti i vocabolari specificano che questo termine può significare onorare, venerare, adorare (quest’ultimo riferito al solo vero Dio).

Comunque, se andiamo a vedere le Scritture troviamo che anche nella Bibbia “adorare” ha un senso molto ampio. Tuttavia nei primi secoli di vita della cristianità,  i teologi cominciarono a fare delle differenze fra i diversi tipi di onore in modo che fosse chiaro cosa doveva essere attribuito solo a Dio e cosa poteva essere attribuito anche alle creature.

Ironicamente questa è una tradizione della Chiesa in quanto nella Bibbia questa distinzione non esiste oppure non è così chiara. Ma lo vedremo dopo. Nel frattempo diciamo che i teologi svilupparono il termine di “latrìa” per indicare quell’onore che è dovuto solo a Dio e il termine “dulìa” per gli esseri umani. Coniarono anche un terzo termine “iper dulìa” (cioè superiore alla dulìa) riferito a Maria.

Questo termine non nacque per caso, ma per fare in modo che a Maria venisse riconosciuta una dignità maggiore di quella degli altri santi (in quanto era stata resa degna di un privilegio assolutamente unico) ma nello stesso tempo, poiché era soltanto una creatura, questa dignità fosse dello stesso tipo di quella delle altre creature.

I teologi italiani hanno reso i termini di “dulìa” e “latrìa” con i verbi “venerare” e “adorare”.

Sfortunatamente molti non-cattolici sono stati talmente ben istruiti nella loro ostilità verso la Chiesa Cattolica che non riescono (o non vogliono) accettare queste distinzioni. Si sentono spesso affermare con estrema sicurezza che i cattolici adorano Maria e i santi. Insomma, che sono degli idolatri. Qualcuno di loro va addirittura oltre dichiarando che a Maria e ai santi non va neppure riconosciuta la venerazione. Comunque questo capitolo trova il suo completamento in quello dedicato alla comunione dei santi, che vi esorto a leggere.
Penso sia utile riportare una spiegazione che il fratello Ireneo ha dato ad un fedele pentecostale “Forse hai ragione, caro Stefano, sul fatto che molti cattolici (ma, per inciso, anche molti protestanti), interpretano fatti, segni e gesti dei fratelli separati nella loro ottica, non rendendosi conto di evidenti differenze. Personalmente, non penso di far parte di questa categoria di persone, e spero anche di dimostrarlo in questo post.
Per quanto riguarda l'interpretazione degli avvenimenti dell'esodo e della costruzione dell'arca, ti invito ancora una volta ad acquisire qualche strumento critico per la lettura dei testi... Credi che quando nella Bibbia c'è scritto che Dio parlò a Mosè questi si mettesse a fare lo scriba di Dio appuntando per filo e per segno ciò che Dio diceva? Pensi che veramente Dio si sia scomodato a parlare dal cielo per definire le regole dell'impurità rituale o per dire che non si potesse mangiare la carne degli animali con lo zoccolo rotto, mentre miriadi di persone lo invocano ogni giorno contro guerre, malattie ed epidemie e lui non si manifesta? Israele ha fatto esperienza del suo Signore nella sua storia, un esperienza con qualcosa che si presentava come il Totalmente Altro, il Totalmente Santo... questa è la Rivelazione, che poi si è concretizzata in una serie di oggetti, norme, fortemente ritualizzati, perchè appunto dovevano esprimere quell'alterità e quella santità che non si poteva ritrovare nel mondo profano. La costruzione dei vitelli di Geroboamo è una questione politica, non di buona fede o di Oracolo divino... Dopo la divisione di Israele, Geroboamo aveva ben capito che se non avesse impedito ai suoi sudditi i pellegrinaggi a Gerusalemme, presto il regno del nord sarebbe ritornato a essere parte di quello del sud e lui avrebbe perso il suo bel trono. Si doveva dunque creare un culto "nazionale" alternativo ed in competizione appunto con quello di Gerusalemme.
Il contesto storico, lo studio dei generi letterari, chiedersi il perchè l'autore umano (oltre quello divino) abbia scritto quei testi, è fondamentale per una corretta ermeneutica degli stessi.
Poi tu poni una domanda interessante, la cui risposta però è palese:

Che differenza c'e' tra incensare la reliquia di un santo e i giudei che offrivano profumi al serpente di bronzo (reliquia di Mose') ?

La differenza è l'intenzione: il cattolico incensa le reliquie come segno di rispetto per il corpo di un suo correligionario che si è distinto per una vita santa e per l'annuncio che ha dato per Cristo, ed è considerato un atto di venerazione; il culto realizzatosi intorno al serpente di bronzo invece era un culto idolatrico, legato all'oggetto e al potere che ad esso si credeva correlato, culto che aveva subito influssi cananei pesanti (infatti non bisogna dimenticare l'importanza che il simbolo del serpente rivestiva tra i popoli cananei).
Uno stesso gesto con due intenzioni distinte, questa è la differenza!
Le considerazioni che fai sull'arca sono interessanti sotto molti punti di vista; prima però ti vorrei far notare che il paragone tra i luoghi del tempio e l'uomo non è un paragone che si fa da nessuna parte nella Bibbia, eppure è intriso di sapore biblico: come fai a non accorgerti che la maggior parte del pensiero dei Padri della Chiesa è dello stesso tipo? Intrisi della lettura delle Scritture essi le hanno assimilate così da poter fare, come te, un discorso profondamente biblico pur senza dover puntualmente poggiare ogni frase sull'autorità di una ventina di versetti... è il processo della comprensione. Risultano sempre vere le parole di Gregorio Magno: la Scrittura cresce insieme a colui che la legge!

Ma torniamo a noi; dunque, era lecito venerare l'arca perchè su di essa abitava la gloria di Dio, che nell'Esodo gli ebrei poterono vedere sensibilmente come colonna di ombra e di fuoco.
Chiaramente però tu affermi che il santuario (e l'arca) erano ombra delle cose celesti a noi rivelate... ombra, cioè immagine delle cose celesti, non le cose celesti in sè. Gli ebrei dunque adoravano Dio per la mediazione di un culto di venerazione all'Arca dell'alleanza, un'immagine della vera arca celeste di cui era immagine. E hai ragione, questo è vero.
Possibile che poi non sai trarre tutte le conseguenze di una tale affermazione?

Una seconda considerazione è che, riprendendo il tipos dell'Arca, come era possibile adorare la Gloria di Dio che si manifestava sull'arca, sarebbe lecita l'adorazione della presenza di Cristo nella Cena eucaristica!
Infatti, pur non ammettendo la presenza reale nel Pane e nel Vino del corpo di Cristo, anche nella cena riformata ed evangelica si invoca il dono dello Spirito sulle due specie eucaristiche.
Sull'arca abitava la gloria di Dio, cioè era presente il suo Spirito... naturalmente Dio non risiedeva in un tempio costruito da mani d'uomo (e tutti i testi profetici stanno a sostenerlo), nondimeno però egli era particolarmente presente lì per mezzo della sua gloria, che in termini neotestamentari potremmo definire il suo Spirito. Se dunque invochiamo lo Spirito di Dio sul pane e sul vino, e siamo certi di essere ascoltati da Dio perchè è Gesù stesso che ci ha comandato di fare questo in sua memoria, allora come gli ebrei rivolgevano il culto a Dio verso l'arca, così noi possiamo rivolgere il culto a Cristo verso il pane ed il vino eucaristizzati. Non intendo qui parlare del culto eucaristico fuori dalla Messa, nè di entrare in dispute sul come si realizza la presenza di Cristo nella Santa Cena, ma solo dire che almeno nel momento che passa dalla preghiera eucaristica alla comunione il volgersi verso l'Eucarestia non può considerarsi idolatrico (e questo sulla scorta del tuo stesso discorso e del paragone con l'Arca).

Non vorrei che quanto detto ti appaia, caro Stefano, come una critica o una disputa, tutt'altro! Il tuo discorso è corretto, e più che confutato, abbisogna di approfondimento e precisazione, ma è senz'altro molto stimolante!
Continuo la lettura del tuo post...

...ho come l'impressione che qui molti cattolici pensano che gli evangelici non sono cattolici come loro solo perchè ignorano delle cose!...

Ancora una volta non mi ritengo tra questi: l'accettazione di una confessione cristiana o di un'altra non è questione di conoscenza o quantità di libri e nozioni; si tratta di famiglia, di nascita, di sentimenti, di ricerca del cuore, di fede, di Amore e, non ultimo, della volontà di Dio. Per quanto riguarda il povero e bistrattato Concilio di Nicea II; mi interesserebbe sapere se la fonte delle tue conoscenze sul Concilio siano le esemplificazioni fatte (anche in ambito cattolico) o la lettura dei dibattiti conciliari stessi. La differenza è importante, perchè sono molti quelli che non riescono ad inquadrare la problematica del Niceno II per quella che è. Troppi testi di divulgazione intendono i canoni del Concilio di Nicea come una risposta al rifiuto delle immagini posto dai riformatori. Ma non è ad essi che il Concilio risponde. Stefano, conosci la dottrina filosofica delle immagini del VI secolo? Se consideri i canoni del Concilio una diretta applicazione nell'ambito ecclesiale di quella concezione filosofica, cadi in un errore, confondendo la sostanza con la forma del discorso.

Dato che da quel che ho capito consideri come verità biblica la divinità del Cristo stabilita nel Concilio di Nicea I, faccio quest'esempio per farti capire cosa intenda dire.

L'eresia di Ario era fortemente condizionata dal pensiero filosofico plotiniano in auge in quei tempi. Plotino sosteneva che l'essere sommo (ciò che noi chiameremmo Dio) fosse il Nous, il Pensiero, e che tutto procedesse da lui per emanazioni successive, le quali più si allontanavano da lui, più perdevano di importanza. La sua prima emanazione (quella più vicina a lui seppur a lui inferiore) era il logos/parola, mentre l'ultima la materia.
Ario allora sostituiva al Nous il Padre e faceva corrispondere al Logos Plotiniano, il Signore Gesù, Logos del Padre.
Il Concilio di Nicea stabilì l'erroneità di leggere il mistero cristiano come applicazione di un pensiero ad esso completamente estraneo, ma come dirlo? E' scontato che per farsi capire bisogna parlare la stessa lingua, e così si cercò di dire la verità biblica utilizzando comunque categorie greche ma riempiendole di un nuovo significato, l'emanazione fu sostituita dalla processione, lo statuto ontologico di Cristo venne definito con la parola consustanziale. Sono parole bibliche? No, ma rispecchiano il pensiero cristiano e sanno rispondere, per mezzo dello stesso apparato concettuale filosofico, all'eresia di Ario. Dunque, … passando al Niceno II, il neo-platonismo stabilito da Plotino continuò ad essere dominante per tutto il primo millennio cristiano, e con esso il sospetto verso la materia.
Gli iconoclasti –avversi alle immagini- del VI secolo (perchè ad essi vuole rispondere il Concilio, e non ai riformatori... preferisco sottolinearlo un'altra volta) affermavano che, data l'attuale situazione gloriosa del corpo di Cristo, non se ne potesse fare di lui una vera immagine, in quanto la materia che si corrompe non sarebbe stata un mezzo degno per rappresentare lo stato incorruttibile del corpo del Signore.
E' a questo che risponde il Concilio, affermando che "ciò che non è stato redento non è stato neanche salvato", sillogismo filosofico che trasforma in pensiero greco l'assunto biblico dell'apparizione a Pietro "ciò che io ho reso mondo tu non chiamarlo impuro".
Cristo è il Redentore universale, il salvatore di tutto il mondo, e dunque anche della materia: la materia non è segno di peccato, non è la più infima delle emanazioni del Nous, ma è possibilità di comunicazione, ad essa il Signore Gesù ha voluto legare i più importanti segni: battesimo e Santa Cena non potrebbero infatti essere celebrati senza materia. Ma se la materia è redenta, allora non è vero che non è degna di rappresentare la situazione di immortalità nella quale vivono il Signore Gesù ed i santi. Da questo poi seguono un insieme di norme che appunto disciplinino il corretto uso delle immagini sacre.

Seppur ambedue le posizioni parlano la loro lingua, e cioè la lingua filosofica greca, quale delle due posizioni è quella che rispecchia la verità biblica?
Devi ammettere, Stefano, che, nell'ambito del suo discorso e dell'eresia che voleva combattere, il Niceno II diceva il vero. Questo naturalmente non vuol dire che quanto in quel Concilio sostenuto non sia utile anche nella chiarificazione della disputa sulle icone del XVI secolo. Ma occorre comunque tenere distinta questa dalla crisi iconoclasta del VI - VII secolo.

La Riforma basa l'esclusione delle immagini dal divieto biblico... abbiamo visto come in realtà esso trovava già in epoca biblica una significativa eccezione, e proprio nel luogo più santo. Un eccezione così forte, e per certi versi incomprensibile, che sembra quasi che l'ebraismo dell'epoca realizzasse una sistematica rimozione psicologica di questo, contornando l'arca di sacro, mistero, leggende (come quella dei cherubini che aprono e chiudono le ali). Inoltre occorre sempre tener presente un fondamentale evento che distingue la Prima dalla Nuova economia: l'Incarnazione dell'invisibile. Tu stesso Stefano facevi notare come molte prescrizioni dell'Antico Testamento non valgono nel Nuovo. Vale quella delle immagini? Francamente, un'analisi spassionata dei testi biblici mi fa capire che ciò che rimane del divieto dell'Antico Testamento è il divieto dell'idolatria, di adorare un'immagine della divinità... ma non è questo ciò che fanno i cattolici.