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Dal Catechismo di san Pio X

BREVE STORIA DELLA RELIGIONE

Principi e nozioni fondamentali.


1. Avendo Iddio sapientissimo ordinate tutte le cose da Lui create al fine ultimo di dargli gloria colla manifesta¬zione delle sue divine perfezioni; anche l’uomo, nel mondo visibile principalmente, doveva promuovere ed adempiere questo fine, secondo la propria natura ragionevole, cogli atti liberi della sua volontà, cioè col conoscere Dio, coll’amarlo, col servirlo e così ottenerne quel premio, che Dio gli avrebbe poi dato. Questo vincolo morale, o legge universale, onde l’uomo si trova per natura legato a Dio si dice religione naturale.

2. Ma avendo Iddio per sua bontà voluto preparare all’uomo un premio molto più grande ed elevato di quanto mai l’uomo potesse pensare e desiderare, volendo cioè metterlo a parte della sua medesima felicità, ne venne di conseguenza che a tanto fine la religione naturale più non bastasse, e perciò Dio stesso avesse ad istruire l’uomo ne’ suoi doveri religiosi. Si comprende quindi che la reli¬gione fin dal principio dovette essere, rivelata, ossia sve¬lata da Dio all’uomo.

3. Di tatto Dio rivelò la religione ad Adamo ed ai primi Patriarchi, che si succedevano gli uni agli altri, e potevano facilmente tramandarsela; vivendo insieme lun¬ghissima vita; finché Iddio si ebbe formato un popolo, che la custodisse sino alla venuta del Salvatore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato: il quale non la sciolse, ma la compì, la perfezionò e la confidò in custodia alla Chiesa per tutti i secoli.
Tutto ciò è provato dalla storia della religione la quale, può dirsi, si confonde colla storia della umanità. Quindi è chiaro che tutte quelle, che diconsi religioni, fuori dell’unica vera rivelata da Dio, della quale parliamo, sono invenzioni degli uomini e deviazioni dalla Verità, della quale talune conservano una qualche parte, mista però a molte menzogne ed assurdità.

4. Quanto poi alle sètte, ossia divisioni, che si fecero dalla santa Chiesa cattolica, apostolica, romana, esse fu¬rono sempre suscitate e sostenute o da uomini presun¬tuosi, che abbandonarono il sentimento della Chiesa uni¬versale, per tener dietro volontariamente ed ostinatamente a qualche errore proprio od altrui contro la fede - e sono gli eretici; - oppure da uomini orgogliosi ed avidi di dominio, i quali credendosi più illuminati di santa Chiesa, trascinarono una parte dei figli suoi a scindere, contro la parola di Gesti Cristo, la cattolica unità, separandosi dal Papa e dall’Episcopato unito con Lui, e sono gli scismatici.
Invece il fedele cristiano cattolico, che inclina la sua ragione alla parola di Dio, predicatagli in nome di santa Chiesa dai legittimi Pastori, e adempie fedelmente la santa divina legge, cammina sicuramente sulla via che lo conduce al suo ultimo fine, e più s’istruisce nella religione, sempre meglio comprende la ragionevolezza della santa fede.

5. Questo appunto fu il modo stabilito da Dio per la perpetua tradizione della religione: la successiva conti¬nua comunicazione degli uomini fra loro; sicché la verità insegnata dai maggiori si trasmettesse nella stessa guisa ai posteri; e ciò dovette durare anche dopo che una parte della divina legge fu per volere di Dio, in progresso di tempo consegnata in Libri da scrittori ispirati da Lui.
Questi libri scritti sotto l’ispirazione di Dio sr chia¬mano: Santa Scrittura, i Libri Sacri o la Sacra Bibbia. Diconsi libri del Vecchio Testamento, quelli che furono scritti prima della venuta di Gesù Cristo; e quelli che furono scritti dopo, chiamansi dei Testamento Nuovo.

6. Qui Testamento vuoi dire Alleanza, Patto fatto da Dio cogli uomini: di salvarli cioè per mezzo di un Reden¬tore promesso, a condizione che prestassero fede alla pa¬rola di Lui, ed obbedissero alle sue leggi.
L’antico Patto fu stabilito da Dio prima con Adamo e Noè, poscia più specialmente con Abramo e colla sua discendenza: esso imponeva la fede nel venturo Reden¬tore o Messia, e l’osservanza della legge, data in princi¬pio da Dio, poi promulgata nel popolo suo per mezzo di Mosè.
Il nuovo Patto, dopo la venuta di Gesù Cristo Reden¬tore e Salvatore nostro, è stabilito da Dio con tutti quelli, che ricevono il segno da Lui stabilito, il Battesimo; e cre¬dono in Lui ed osservano la legge, che lo stesso Gesù Cristo venne a perfezionare e compire, predicandola in persona ed insegnandola di sua bocca agli Apostoli.
Questi ricevuto il coniando dal divino Maestro di predi¬care dappertutto il santo vangelo, lo predicarono realmente di loro bocca, prima, che fosse scritto, come poi lo fu per divina ispirazione. Ma né tutti, né soli gli Apostoli scris¬sero, e certamente né gli uni, né gli altri scrissero tutto ciò, che avevano visto e sentito.

7. Da quanto ora dicemmo e da quanto accennammo al n. 5 si comprende l’importanza somma della Tradi¬zione divina, la quale è la stessa parola, da Dio mede¬simo dichiarata, a viva voce, ai primi suoi ministri, e da quelli passata fino a noi per una continua successione. Anche ad essa perciò giustamente si appoggia la fede come a stabilissimo fondamento.

8. Questa Tradizione divina, unitamente alla Sacra Scrittura, cioè tutta insieme la parola di Dio scritta e trasmessa a viva voce, fu confidata da N. S. Gesù Cristo a un Depositario, pubblico, perpetuo, infallibile: cioè alla santa Chiesa Cattolica ed Apostolica; la quale fondandosi appunto sopra quella divina Tradizione, appoggiandosi all’autorità datale da Dio, ed affidata alla promessale assi¬stenza e direzione dello Spirito Santo, definisce quali libri contengano la divina rivelazione, interpreta le Scritture, e ne fissa il senso ogniqualvolta nasca dubbio circa il medesimo, decide delle cose che riguardano la fede e i costumi, e giudica inappellabilmente su tutte le questioni, che, riguardo a questi oggetti di suprema importanza, possano comunque far traviare la mente e il cuore dei fedeli credenti.

9. Tale giudizio però si avverta, spetta a quella eletta parte della Chiesa che si chiama docente, cioè insegnante, formata in prima dagli Apostoli, e poi dai loro successori, i Vescovi con a capo il Papa, ossia il Romano Pontefice successore di S. Pietro.
Il Sommo Pontefice dotato da Gesù Cristo della medesima infallibilità, onde è fornita la Chiesa, e che gli è necessaria a conservare l’unità e puntA della dottrina, quando parla ex cathedra, ossia come Pastore e Dottore di tutti i cristiani, può fare quegli stessi decreti e portare quegli stessi giudizi nelle cose che riguar¬dano la fede e i costumi, i quali niuno può rifiutare senza scapitar nella fede. Può sempre esercitare la suprema sua potestà in tutto ciò che riguarda eziandio la disciplina e il buon regime della Chiesa; e tutti i fedeli debbono obbe¬dirlo con sincero ossequio della mente e del cuore.
Nell’obbedienza a questa suprema autorità della Chiesa e del Sommo Pontefice, per la cui autorità ci si propon¬gono le verità della fede, ci s’ impongono le leggi della Chiesa e ci si comanda tutto ciò che è necessario al buon regime di essa, sta la regola della nostra fede.

PARTE PRIMA

SUNTO DI STORIA DELL’ANTICO TESTAMENTO

Creazione del mondo.

10. In principio Iddio creò il cielo e la terra, con tutto ciò che nei cielo e nella terra si contiene: e sebbene avesse potuto compiere la grand’opera in un solo istaiite, v...le impiegarvi sei periodi di tempo, che la Scrittura Santa chiama giorni.
Nel primo giorno disse: sia fatta la luce, e la luce fu; nel secondo fece il firmamento; nel terzo dl separò le acque dalla terra, a cui comandò di produrre erbe, fiori ed ogni sorta di frutti; nel quarto fece il sole, la luna e le stelle; nel quinto dì creò i pesci e gli uccelli; nel sesto creò tutti gli altri animali, e finalmente creò l’uomo.
Nel settimo giorno Iddio cessò dal creare, e questo giorno, che chiamò sabato cioè riposo, comandò poi per mezzo di Mosè al popolo ebreo che fosse santificato e con¬sacrato a Lui.

Creazione dell’uomo e della donna.

11. Iddio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, e lo fece così: ne formò il corpo di terra; poi gli alitò in faccia, infondendogli un’anima immortale.
Iddio diede al primo uomo il nome di Adamo, che vuol dire formato di terra, e lo collocò in un luogo pieno di delizie, chiamato il Paradiso terrestre.

12. Adamo però era solo. Volendo Iddio dargli una compagna e consorte, lo fece cadere in un profondo sonno e, mentre dormiva, gli tolse una costa, e di quella formò la donna, che. presentò ad Adamo. Questi 1’ accolse con grato affetto e la chiamò Eva, che vuoi dire vita, perché sarebbe diventata la madre di tutti i viventi.

Degli Angeli.

13. Prima dell’uomo che è la creatura più perfetta di tutto il inondo sensibile, Iddio aveva pure creato una mol¬titudine infinita di altri esseri, di natura più elevata del¬[uomo, chiamati Angeli.

14. Gli Angeli, senza forma né figura alcuna sensibile, perché puri spiriti, creati per sussistere senza dover es¬sere uniti a corpo alcuno, erano pure stati fatti da Dio ad immagine sua, capaci di conoscerlo ed amarlo, e liberi di operare il bene ed il male.

15. Nel tempo della prova, moltissimi di questi spiriti restarono fedeli a Dio, ma molti altri di loro peccarono. Il loro peccato fu di superbia, volendo essere simili a Lui, e da Lui non dipendere.

16. Gli spiriti fedeli, chiamati Angeli buoni, o Spiriti celesti, o semplice mente Angeli, furono premiati coll’eterna felicità in Paradiso.

17. Gli spiriti infedeli, chiamati Diavoli o Demoni, col loro capo detto Lucifero o Satanasso, furono scacciati dal paradiso e condannati all’intèrno per tutta l’eternità.

Peccato di Adamo ed Eva, e loro castigo.

18. Iddio aveva posto Adamo ed Eva in uno stato per¬fetto di innocenza, di grazia e di felicità, esenti perciò dalla morte e da ogni miseria di anima e di corpo.

19. Egli aveva loro permesso, di mangiare di tutti i frutti del paradiso terrestre, e solamente aveva loro vie¬tato di gustare quelli di un albero, che era in mezzo al paradiso, e che la S. Scrittura chiama l’albero della Scienza del bene e del male. Così fu chiamato, perché per mezzo di esso, in virtù dell’obbedienza, Adamo ed Eva avrebbero avuto bene, cioè aumento di grazia e di felicità; o in pena della disobbedienza sarebbero decaduti dalla loro perfezione essi ed i loro discendenti, ed avreb¬bero fatto esperienza del male, tanto spirituale, quanto corporale.
Voleva Iddio che Adamo ed Eva nell’omaggio di questa obbedienza lo riconoscessero per Signore e Padrone.
Il demonio, invidioso della loro felicità, tentò Eva, par¬landole per mezzo del serpente, e istigandola a trasgre¬dire il ricevuto comando. Eva spiccò del frutto vietato, ne gustò, indusse Adamo a gustarne egli pure, ed ambedue peccarono.

20. Questo peccato produsse per loro e per tutto il genere umano i più disastrosi effetti.
Adamo ed Eva perdettero la grazia santificante, l’ami¬cizia di Dio, e il diritto al paradiso: diventarono schiavi del demonio, e meritevoli dell’ inferno. Il Signore pro¬nunziò contro di essi la sentenza di morte: li sbandì da quel luogo di delizie, e li cacciò fuori a guadagnarsi il pane col sudore della loro fronte, fra innumerevoli stenti e fatiche.

21. Il peccato di Adamo poi si propagò a tutti i loro discendenti, eccetto Maria SS.; ed è quello con cui tutti nasciamo, e che si chiamò peccato originale.

22. Il peccato originale macchia l’anima nostra fin dal primo istante di nostra esistenza, ci rende nemici di Dio, schiavi del demonio, esclusi per sempre dal paradiso, soggetti alla morte ed a tutte le altre miserie.

Promessa d’un Redentore.

23. Iddio però non abbandonò Adamo e la sua discen¬denza a tale disgraziatissimo fine. Nella sua infinita mi¬sericordia gli promise tosto un Salvatore (il Messia), che sarebbe venuto a liberare il genere umano dalla servitù del demonio e dal peccato, ed a meritargli il paradiso. Tale promessa Iddio ripeté in seguito, molte altre volte ai Patriarchi ed al popolo, ebreo per mezzo dei Profeti.

I figliuoli di Adamo ed i Patriarchi.

24. Adamo ed Eva, dopo che furono scacciati dal para¬diso terrestre, ebbero due figli, cui diedero i nomi di Caino ed Abele. Cresciuti in età, Caino si dedicò all’agri¬ coltura, ed Abele alla pastorizia. Avendo Iddio dimostrato di gradire i sacrifizi di Abele, che pio ed innocente gli offeriva il meglio del suo gregge, e di sdegnare quelli di Caino, il quale offeriva i frutti della terra, questi, pieno d’ira e d’invidia contro il fratello, lo condusse seco a diporto nei campi, se gli avventò contro e lo uccise.

25. Per consolare Adamo ed Eva della morte di Abele, Iddio diede loro un altro figliuolo, che chiamarono Seth, il quale fu buono e timorato di Dio.
Adamo, durante la sua lunga vita di 930 anni, ebbe ancora molti altri figliuoli e figliuole, i quali moltiplican¬dosi, a poco a poco popolarono la terra.

26. Fra i discendenti di Seth e degli altri figli di Adamo, i vecchi padri di numerosa progenie restavano a capo delle tribù, formate dalle famiglie dei figli e dei nipoti; ne erano principi, giudici e sacerdoti. - La Storia li onora del nome venerando di Patriarchi. - La Prov¬videnza li dotava di lunghissima vita, affinché insegnas¬sero ai posteri la religione rivelata, e, vigilando sulla tradizione fedele delle divine promesse, perpetuassero la fede nel venturo Messia.

Il Diluvio.

27. Coll’andar dei secoli, i discendenti di Adamo si pervertirono, e tutta la terra fu piena di vizi e di disonestà.
Iddio, per tanta corruzione dapprima minacciò, poi punì il genere umano con un diluvio universale. Allora fece piovere per quaranta giorni e per quaranta notti, fino a tanto che restarono coperte d’acqua le più alte montagne.
Tutti quanti gli uomini morirono annegati; non si salvarono che Noè e la sua famiglia.

28. Noè, per ordine ricevuto da Dio, cento anni prima del diluvio, aveva cominciato a fabbricare un’arca, cioè una specie di nave, in cui poi era entrato egli colla sua moglie, coi suoi figliuoli - Sem, Cam e Iafet- colle tre mogli loro, e con quegli animali, che Dio gli aveva indicato.

La torre di Babele.

29. I discendenti di Noè ben presto si moltiplicarono e crebbero in sì gran numero che, non potendo più stare insieme, dovettero pensare a dividersi. Essi però, prima di separarsi, stabilirono di fabbricare una torre così alta, che arrivasse fino al cielo. L’opera si avanzava a gran passi, quando Iddio, offeso di tanto orgoglio, discese e ne confuse le lingue, per modo che i superbi edificatori, più non intendendosi fra loro, si dovettero disperdere senza compiere l’ambizioso disegno.
La torre ebbe il nome di Babele, che vuoi dire con¬fusione.

Il popolo di Dio.

30. Dopo il diluvio gli uomini non si conservarono per molto tempo fedeli a Dio, ma ricaddero ben presto nelle iniquità di prima, anzi giunsero al punto di per¬dere la cognizione del vero Dio, e di darsi all’idolatria, vale a dire, di riconoscere e adorare come divinità le cose create.

31. Laonde Iddio per conservare la vera religione sopra la terra, si elesse un popolo e prese a governarlo con speciale provvidenza, preservandolo dalla generale corruzione.

Esordi del popolo di Dio.
Si rinnova con Abramo 1’antico patto.

32. A padre e stipite del suo popolo Iddio elesse un uomo della Caldea, chiamato Abramo, discendente dagli antichi Patriarchi per la linea di Eber. Il popolo, che da lui ebbe origine, fu chiamato Popolo Ebreo.
Abramo erasi conservato giusto in mezzo alla sua gente, datasi al culto degli idoli ed acciò perseverasse nella giustizia, Iddio gli ordinò di uscire dal suo paese e di trasferirsi nel paese di Canaan, detto pure Pale¬stina, promettendogli che l’avrebbe fatto capo di un grande popolo, e che il Messia sarebbe nato dalla sua progenie.
In conferma della parola di Dio, Abramo ebbe da Sara sua moglie, sebbene già avanzata in età, un figlio, che chiamò Isacco.

33. Per provare la fedeltà ed obbedienza del suo servo, Iddio gli ordinò di sacrificargli questo suo unico figlio, che egli tanto amava, e sul quale riposavano le divine promesse. Abramo però, sicuro di queste promesse, non vacillò nella fede, e, come sta scritto nella S. Scrittura, sperò contro la stessa speranza; dispose tutto l’occorrente pel sacrificio, e l’avrebbe compito. Ma un angelo gli trat¬tenne la mano; Iddio poi in premio della sua fedeltà lo benedisse, e gli annunziò che da quel figlio sarebbe ve¬nuto il Redentore del mondo.

34. Isacco giunto all’età di quarant’anni, sposò Rebecca, sua cugina, madre poi ad un tempo di due figli, Esaù e Giacobbe.
Ad Esaù, come primogenito sarebbe toccata la bene¬dizione paterna; ma il Signore dispose che, per solleci¬tudine di Rebecca, Isacco benedicesse Giacobbe, al quale, per troppo meschino compenso, Esaù già aveva ceduto il diritto di primogenitura.

35. Giacobbe allora, per sottrarsi all’ira di Esaù, do¬vette fuggire in Aran da suo zio Labano, che gli diede in ispose due sue figliuole - Lia e Rachele; - e dopo venti anni tornò a casa ricchissimo, e con numerosa famiglia.
Nel ritorno per via, prima che si riconciliasse col fra¬tello, in una visione, che egli ebbe, fugli cambiato il nome di Giacobbe in quello d’Israele.

36. Giacobbe fu padre di dodici figliuoli; i due ultimi dei quali, Giuseppe e Beniamino, erano figli di Rachele.
Tra i figli di Giacobbe il più savio e costumato era Giuseppe, sopra tutti carissimo al padre. Per questo mo¬tivo i fratelli presero ad odiarlo, e l’odio li portò a medi¬tarne prima la morte, e poscia a venderlo a certi merca¬tanti ismaeliti, che lo condussero in Egitto e lo rivendet¬tero a Putifarre, ministro di Faraone.

Giacobbe ed i suoi figli in Egitto.

37. Giuseppe in Egitto colla sua virtù si guadagnò su¬bito la stima e l’affezione del suo signore; ma poi, calun¬niato dalla padrona, venne cacciato in prigione. Ivi stette due anni, cioè fino a tanto che, per aver interpretato al Faraone, ossia re d’Egitto, due sogni e profetizzato che sette anni di abbondanza sarebbero seguiti da sette anni di carestia, fu liberato e creato vice-re d’Egitto.
Nel tempo dell’abbondanza Giuseppe fece grandi prov¬visioni, sicché quando la fame cominciò a desolare la terra, l’Egitto rigurgitava di viveri.

38. Da tutte le parti si dovette accorrere colà per com¬prarvi del grano; Giacobbe fu pure costretto a mandarvi i suoi figliuoli, i quali a prima giunta non riconobbero Giuseppe; riconosciuti però da lui, e dopo che egli loro si manifestò, ebbero l’incarico di condurre in Egitto il padre con tutta la sua famiglia.
Giacobbe desideroso di abbracciare il figlio diletto, vi andò, e dal re gli fu assegnata per dimora sua e dei suoi la terra di Gessen.

39. Dopo 17 anni di dimora in Egitto, Giacobbe vi¬cino a morte, radunò intorno a sè i suoi dodici figli, in un coi due figli di Giuseppe, per nome Efraim e Ma¬nasse; raccomandò loro di ritornarsene nella terra di Canaan senza però dimenticare le sue ossa in Egitto, lì benedisse tutti in particolare, predicendo a Giuda che lo scettro, ossia la sovrana potestà, non sarebbe uscito dalla sua discendenza fino alla venuta del Messia.